San Giuseppe sul mare di Arma

È come un simbolo, per il paese di Arma. Il suo campanile permetteva di vedere l’orario quando, ancora topini, facevamo il bagno al mare: a una certa ora dovevamo pur tornare in tana!

La sua copertura tondeggiante svetta tra i bar e le gelaterie, e i colori rosa e avorio delle sue pareti la rendono unica, sebbene siano le tipiche tinte dei borghi costieri della Liguria.

La piccola chiesetta di San Giuseppe è molto amata dagli abitanti di Arma e, quando la si trova aperta, non si perde occasione per entrarci e far visita alla piccola nicchia. Sì, è davvero minuta. Nonostante il poco spazio, tuttavia, sono diverse le statue di santi che l’arredano.

Ci sono San Giuseppe, ovviamente, riconoscibile dal Giglio che tiene in mano, e Sant’Erasmo, che i fedeli festeggiano in estate con tanto di processione e fuochi d’artificio.

Sant’Agnese ha in mano un agnello, emblema di castità, e poi dietro al candido altare c’è Gesù, il quale indica il suo sacro cuore con la mano sinistra.

Molte statue, proprio come quella di San Giuseppe, un tempo venivano scolpite nel legno di fico, che veniva poi colorato. Il Giglio è da sempre il fiore religioso per eccellenza, mostrando purezza e maestosità. Una leggenda, infatti, racconta che la Vergine Maria scelse proprio Giuseppe come suo sposo perché lo vide camminare con un bastone ricoperto di Gigli.

Quadri bellissimi rappresentano Sant’Antonio con in mano il Bambin Gesù e ancora Sant’Erasmo, protettore della gente di mare, che sembra benedire le acque con un gesto della mano. Sant’Erasmo viene persino portato in mare durante la sua celebrazione, posto sopra un gussu (gozzo), tipica imbarcazione di questi luoghi.

L’edificio è riuscito a superare molti periodi difficili, rimanendo miracolosamente quasi del tutto integro. Le due Guerre Mondiali e il terremoto del 1887 sono stati i suoi momenti più terribili, ma lei ha resistito e tuttora è lì, a osservare ogni giorno le onde e a essere punto di riferimento per i pescatori che la osservano dal mare. Un tempo la chiesa di San Giuseppe doveva vedersela quotidianamente con onde e tempeste, affacciandosi direttamente sulla distesa blu del Mar Ligure. Oggi tra l’edificio religioso e l’acqua ci sono la spiaggia, i locali, la passeggiata mare e la strada, ma un tempo non era così.

È più antica del grande Duomo, eretto in seguito. Fu eretta nel 1817, o meglio, in quell’anno iniziarono i lavori per costruirla in seguito alla risposta positiva del  Consiglio degli Anziani alla richiesta di edificare una chiesa ad Arma.  Solo a Taggia, borgo più antico di Arma, c’erano edifici religiosi nei quali pregare, ma nessuna chiesa poteva accogliere chi decise di trasferirsi sulla costa. Per questo coloro che divennero gli “armaschi”, vollero il loro santuario.

Al suo interno il pavimento nero e lucido come l’ossidiana fa risaltare le candide pareti e il soffitto affresco da un grande dipinto circolare realizzato da Don Angelo Nanni, Curato di Arma, nel 1940. Si riconoscono in questa raffigurazione: Giuseppe che svolge la sua professione di falegname, un giovane Gesù che parla con il padre e Maria che, seduta, ricama. C’è tutta la quotidianità della Sacra Famiglia.

I toni sgargianti lo rendono vivido e attirano lo sguardo. Tutta la volta viene valorizzata, spingendo a osservare anche la postazione sopraelevata che probabilmente serviva per l’organo.

Le poche e piccole panche in legno sono ordinatamente sistemate davanti all’altare e dietro di esse, a sinistra dell’entrata, c’è la piccola acquasantiera in marmo bianco.

L’atmosfera è intima e raccolta, silenziosa, nonostante a pochi passi bimbi e ragazzini schiamazzino divertiti sulle spiagge, e i gabbiani, in coro, offrano le loro migliori prodezze canore.

Fuori ci sono il viavai della gente, i dehors pieni di persone e musica, ma dentro si  respirare la quiete.

Ehi, dobbiamo uscire adesso. Lo so che si sta bene grazie al silenzio e alla frescura concessa dalle spesse pareti, ma ci aspettano tanti altri luoghi da visitare.

Forza, andiamo!

Un bacio e alla prossima.

Da Verezzo ai prati di San Giovanni

Lo so che la mia Valle sarà gelosa del post che sto scrivendo, ma oggi vi porto a conoscere un posto che non si trova nella Valle Argentina, bensì nelle zone immediatamente limitrofe.

Se c’è una cosa che di solito ci invidiano tutti della Liguria, è la sua caratteristica di essere a metà tra i monti e il mare, e spesso percorrendo sentieri dell’entroterra si può osservare la distesa d’acqua che lambisce la costa, mentre si danno le spalle alle Alpi.

Ebbene, un giorno d’autunno prendiamo la topo-mobile e allontaniamoci dai miei luoghi, ma non tanto, eh!

Arriviamo fino a Verezzo, frazione di Sanremo, e lasciamo la macchina proprio davanti alla chiesetta di Sant’Antonio.

Mi perdonerete se non farò tante foto, questa volta, ma ho le zampe ghiacciate. Tira un’aria così fredda che si fatica a tirarle fuori dalle tasche, figurarsi a scattare fotografie!

Comunque, dicevo, dalla chiesa imbocchiamo la mulattiera visibile sulla strada e, inerpicandoci, arriviamo su una strada asfaltata che sale ancora tra bellissime villette. Presto l’asfalto si trasforma in cemento, e il cemento in pietra. Si raggiunge così un’altra mulattiera, contornata dalla vegetazione di tipo mediterraneo, dalle campagne curate da mani sapienti e da case di agricoltori.

Il percorso prosegue tutto al sole, non ci sono alberi ad adombrare il sentiero. Lungo il cammino ci imbattiamo nella Ginestra, nel Cisto, nel Timo, in cespugli rigogliosi di Ginepro. E poi, di tanto in tanto, ecco spuntare Querce, Mandorli, Pini e Ulivi.

Si sale sempre, senza fermarsi mai, e la presenza delle mucche è evidente, bisogna fare attenzione a dove si mettono le zampe, se non si vuole finire dritti dritti nella… busa!

Più si va in alto, più la vista diventa mozzafiato. Se volgiamo lo sguardo verso l’interno, possiamo vedere le antenne di Monte Bignone, ma guardando verso sud veniamo invasi dal colore del mare, che oggi è blu intenso, specchio perfetto del cielo terso. E poi si scorgono Sanremo, la Valle Armea, Bussana, Castellaro, da una postazione più elevata possiamo vedere anche Arma di Taggia.

Verezzo

Tornando con lo sguardo verso l’entroterra, riconosciamo il Monte Faudo.

Salendo, la vegetazione si fa più brulla e i Grilli saltano allegri in mezzo all’erba, ormai quasi del tutto secca.

Poi, a un tratto, il sentiero si fa più pianeggiante, la pendenza diminuisce drasticamente. Si procede in mezzo alle Ginestre, i cui rami spogli si impigliano allo zaino, alla giacca e ai capelli. Anche il Rovo si fa spazio in questo ambiente, bisogna fare attenzione a non lasciare che prenda confidenza con noi, perché potrebbe graffiarci le guance, le zampe e lacerare i nostri vestiti. Si sale ancora un po’, ma questa volta la salita è più dolce che in precedenza. Ed eccoci arrivati ai prati, bellissimi, quasi sconfinati, in mezzo ai quali si stagliano ruderi di costruzioni antiche come il tempo e alberi solitari di maestosa bellezza.

Verezzo1

Continuando a camminare in mezzo alle distese erbose, dove pascolano le Mucche, grufolano i Cinghiali e dove passano anche i Cavalli, ci dirigiamo verso la pineta che si vede sulla cresta, poco più in alto rispetto a dove ci troviamo.

E, una volta arrivati, le meraviglie da assaporare non sono poche.

prati Verezzo

Tappeti di pigne ricoprono il terreno e un Pino Silvestre trasuda resina dalla corteccia, si vede anche a distanza. Guardate la meraviglia di questa colata d’ambra!

Sebbene la perdita della resina dalla corteccia non sia un buon segno per la pianta, non possiamo che rimanerne affascinati.

Più avanti ci fermiamo a mangiare un boccone con lo sguardo rivolto al mare, ma facciamo in fretta, perché il vento è forte quassù, non si riesce a rimanere fermi a lungo. Dopo mangiato, proseguiamo il sentiero per pochi istanti e ci ritroviamo alla chiesetta rurale di San Zane, San Giovanni. Subito sotto c’è il paese di Ceriana, un cartello indica che è possibile arrivarci, ma oggi non vogliamo proseguire. Da qui si potrebbe arrivare anche a Monte Bignone, ma neppure questo sarà la nostra meta. In lontananza scorgiamo il Toraggio e, sullo sfondo, le cime innevate delle alture cuneesi.

prati di san giovanni ceriana

C’è pace, il profumo della neve arriva quasi alle nostre narici. Il freddo sferza il viso, ci copriamo di più per sentire di meno il suo schiaffo, ma il vento è potente. E allora decidiamo di tornare indietro, contenti per la bella e rigenerante passeggiata, mentre godiamo dell’oro del sole che ci pervade e illumina ogni cosa intorno a noi.

Pigmy