Da Glori a Corte – il percorso di mezzacosta –

In epoca altomedievale si formarono gli insediamenti arroccati disposti a mezzacosta lungo i poggi soleggiati dei crinali conseguentemente, si sviluppò tra questi nuclei una rete viaria di collegamento. Complessivamente questo percorso di mezzacosta s’origina a Carpasio e termina a Triora. La funzione di questa direttrice risponde alle più comuni esigenze di vita dell’economia agropastorale. Osservando i rapporti tra le attività economiche, il territorio, gli insediamenti e le relative connessioni viarie sono evidenti le attenzioni a non erodere la produttiva area coltiva neppure con le abitazioni sacrificando anche il soleggiamento di quest’ultime. Lungo il percorso si distinguono quelli che potrebbero essere i borghi originari e le successive traslocazioni o filiazioni; spesso piccoli nuclei motivati da un capillare sfruttamento del territorio particolarmente da parte d’emergenti consorzi famigliari. In quest’area non è possibile ipotizzare la stessa struttura famigliare presente nei nuclei virilocali delle valli di Diano, del Prino e Merula non possedendo il territorio quelle caratteristiche necessarie alla formazione di “aziende agricole” che produttivamente devono conservare l’unità. Qui l’organizzazione della famiglia s’adatta alla frammentazione del territorio essendo necessaria la ripartizione tra i singoli nuclei famigliari delle superfici boschive, prative ed ortive (1). Sul territorio di Agaggio sono presenti alcuni insediamenti, come i Ciucchetti ed i Cuggi, che rivolsero, per necessità, una maggior attenzione allo sfruttamento del bosco. In questa zona aspra e isolata distribuita in parte lungo il confine tra i domini sabaudi e genovesi, v’erano condizioni di vita che offrivano l’opportunità di facili guadagni. Questa situazione continuò nel XVI e XVIII secolo caratterizzando la cultura locale. Volendo trovare motivi per una promozione turistica quale migliore scelta si potrebbe fare se non quella di ricordare e far visitare il territorio dei “nostri Passatori più o meno cortesi”. Tra i molti esempi documentabili mi piace ricordare che vi è sopra un dirupo, la casa del “tristemente leggendario” Jose Sacco, con tanto di “uscita di sicurezza” contro le visite degli uomini di giustizia. Quest’uomo vissuto nella seconda metà del XVIII secolo si macchiò di numerosi reati tra cui l’omicidio del prevosto Genta, Parroco di Montalto, eseguito su commissione a causa dei disaccordi seguiti al restauro della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. E’ anche interessante la presenza dei masaggi: uno a Grattino, Agaggio ed Ugello gestito dai Capponi ed un secondo a Glori proprio degli Stella. Pur con la doverosa cautela, essendo questo generico vocabolo utilizzato per un millennio, si potrebbe pensare ad una bipartizione medievale, cioè all’esistenza di una “corte dominica” ed alla suddivisione di un’altra parte del territorio in mansi amministrati da alcune notabili famiglie locali (2). Una prova la si potrebbe vedere nei toponimi Corte e “palazzo” ovvero “paraxio” quest’ultimo presente sia sul territorio di Glori con il Paraxio degli Stella sia, per ben due volte, in Agaggio (in relazione alla famiglia Capponi)(3). E’ interessante notare che su questa aspra terra già popolata da briganti e nobili non mancò la colorita presenza di stravaganti personaggi quali Benedetta Cugge (1860/1940 circa) solitaria e spartana abitante dei boschi che amava raccogliersi in preghiera nei posti più inusuali (4). Come lei viveva nella vicina “Grotta dell’Incanto” anche il cosiddetto Eremita di Glori, eccentrico personaggio che giunse a scrivere con il proprio sangue preghiere sulle pareti della grotta.

Il Percorso

Vorremmo che fosse Tunin da Mutta (Antonio Oliva di Ugello) a descriverci il percorso di mezzacosta che da Glori conduce ad Andagna, questa era la sua terra, ma è mancato perciò è sembrato corretto porgergli un atto di dovuto omaggio chiedendo alla sua famiglia di sostituirlo. Di buon grado i figli Arturo, Rina ed il cugino Giovanni Sambuco si sono cortesemente prestati ad indicarci la via. E’ necessario premettere che la mulattiera, propriamente detta, discendeva da Glori sino all’omonimo ponte sull’Argentina e quindi proseguiva sino a S.Giovanni della Valle per poi risalire verso i sovrastanti, piccoli, nuclei. Quest’evidente prolungamento del percorso è necessario frapponendosi, tra Glori ed Ugello, una fascia particolarmente aspra e accidentata difficilmente percorribile anche per gli uomini, quindi proibitiva per gli animali da carico. In ogni modo per comodità e linearità dell’itinerario, nonchè per il suo interesse antropico ed ambientale, ricalcheremo comunque il sentiero usualmente utilizzato dalle genti locali. La “rena” si distacca, a sinistra, dalla strada rotabile di Glori nel tornante prima del paese. Oltrepassa un pilone votivo e raggiunge dopo poche centinaia di metri il “Paraxio” degli Stella, uno dei probabili insediamenti che originarono attorno il XV secolo l’attuale borgo di Glori. Nei pressi vi è la “Tana dell’Incanto” dove alcuni decenni orsono dimorò il citato personaggio pervaso da crisi mistiche. Proseguendo su un sentiero invaso dalla vegetazione raggiungiamo il Vallone di Bersaira presso il quale la “Gexetta de Maiu e Muiè” (cappelletta del marito e della moglie) indica che in questo dirupato canalone perse la vita, cadendo, un’intera famiglia. Questo luogo aspro, caratterizzato dall’intercalarsi della macchia mediterranea agli uliveti, obbligati in arditi terrazzamenti, si protrae lungo la costa della Laisetta sino a Cà Sereni. Il castagneto, l’oliveto e l’orto coltivati in condizioni particolarmente difficili ci ricordano la storica caparbietà di queste genti nel voler ricavare sostentamento da un territorio, certamente non prodigo, che ne forgiò le caratteristiche culturali ancor oggi palesi nei ricordi di Tunin da Mutta. La nostra via lambisce ai Cuggi quella che era la casa di questo noto cacciatore la cui usuale ospitalità è cortesemente continuata dalla figlia Rina. Da questo luogo un sentiero conduce ai sovrastanti nuclei dei Ciuchetti, noti per la loro trascorsa attività banditesca, dei Medoi, dove vi è la casa di Iose Sacco ed infine verso i Castagnei dove in una casa ridotta a rudere visse la citata Cugge Benedetta. Ogni famiglia possedeva un casone per essiccare le castagne che all’occorrenza poteva essere anche la cucina: oggi solo Arturo continua quest’attività, affiancandola alla coltivazione dell’actinidia. Proseguiamo la nostra via incontrando la nuova rotabile che conduce dalla Villa Capponi ed Ugello alla sottostante strada provinciale. Il ritrovamento di un’armilla presuppone la frequentazione preistorica di questo areale. Continuiamo verso la Villa Capponi, che oltrepassiamo in direzione del Vallone di Agaggio; superiamo la sovrastante Rocca Rossa per salire dopo l’attraversamento del Rio Agaggio verso l’omonimo paese intersecando e seguendo per ampi tratti la nuova via carrabile che, a giudicare dai piloni votivi, non si diversifica molto dalla mulattiera. Lasciamo Agaggio Superiore dalla chiesa dedicata a S.Carlo Borromeo. C’inoltriamo lungo una bella mulattiera contrassegnata da numerose cappellette votive; quella prossima al Rio Boetto ricorda l’incidente mortale di Giacomo figlio di Tunin mentre la precedente, particolarmente grande, posta presso il “Puzzu de Nicò” serviva da “posa dei morti”. Questa mulattiera fu utilizzata sino a pochi decenni or sono dalle genti di Grattino per portare i loro defunti ad Agaggio Superiore. La via era frequentata per l’approvvigionamento dell’acqua potabile essendo la sorgente del “Ruverà” la più’ prossima e comoda al paese. Presso questa fontana si distacca in ripida salita un sentiero che porta a Drego ed al Passo Teglia. La mulattiera discende ora dolcemente verso il Rio Boetto dove si presenta un eccezionale vetusto ponte in condizioni di pietoso abbandono. Subito dopo, sulla destra, un “beo” (canale) ci indica l’esistenza di un vecchio molino da grano. Giungiamo in Grattino dove il soleggiamento, la frantumazione dell’area ortiva, la numerosa e sparsa presenza di case dimostrano un trascorso ed intenso sfruttamento agricolo. L’ambiente muta quando voltiamo nel Vallone di Vignolo; riappare la macchia mediterranea mentre il territorio diviene aspro e pietroso. Da Grattino possiamo scegliere tra due vie parallele. La mulattiera superiore più aspra, con maggiore interesse naturalistico, oggi in parte ricalcata da una nuova rotabile, passa dalle Case di Vignolo e dal Vallone di Pendego. La via inferiore, più antropizzata, attraversa Grattino e le Case dei Corsi, anch’essa è, in parte, sostituita da nuove rotabili. Queste due vie in ogni modo si ricongiungono presso il Vallone di Pendego. Il toponimo Case dei Corsi sta ad indicare un insediamento utilizzato dalle soldatesche mercenarie corse che la Repubblica di Genova arruolava sia in occasione di conflitti sia per la normale attività poliziesca. Proseguiamo il nostro viaggio verso la Rocca di Vignolo e di Andagna, poste a poche centinaia di metri di distanza tra loro. La prima erosa da una cava è lambita superiormente dalla mulattiera. La seconda, che osserviamo da lontano, è sormontata da una spettacolare torre costruita il secolo scorso per “uccellare” ovvero cacciare con il vischio. Su d’essa si è scritto ultimamente con molta fantasia ma concretamente si può solo ipotizzare la preesistenza di un’altra struttura d’avvistamento (5). Continuiamo la nostra via lungo l’ubago del vallone di Pendego raggiungendo dopo poche centinaia di metri il bel ponte sul Rio Armetta, altro esempio di deprecabile abbandono. Da qui risaliamo sino ad incontrare la strada asfaltata presso l’ultimo tornante che precede l’abitato di Andagna. Da Andagna a Corte ci accompagnano Silvietto (Bova Antonio di Corte) ed Augusto Zucchetto, fratello di Angela Maria, “estrosa bottegaia” di Molini di Triora (6). Iniziamo il nostro viaggio dalla chiesa di San Martino di Andagna discendendo lentamente lungo il Poggio Grosso ed il successivo vallone degli Ubaghi percorso dall’omonimo rio. Passiamo il Vallone del Bosco ed un ultimo poggio prima di giungere al Rio Poetto, da qui con il Pian dell’Avvocato, ha inizio una fascia di territorio distribuita lungo il Rio di Corte. Su ambo i lati si possono ancora vedere numerosi ruderi di molini che un tempo macinavano castagne, noci, orzo e grano provenienti dal vasto e produttivo areale dell’alta Valle Argentina (7). Il primo rudere che incontriamo è il Molino Vecchio e quello successivo il Molino di Cagagna. Qui il Ponte di Biglievue ci permette d’attraversare il Rio di Corte. Il nome di questo ponte è probabilmente dovuto alle sottostanti profonde pozze scavate dalle pietre spinte dalla forza delle acque. Su ambo i lati del vallone due mulattiere proseguono parallele verso le montagne ricongiungendosi al guado presso le case di Curecca. Riprendiamo il nostro viaggio salendo lungo la Monta’ delle Biglievue sino ad inserirci sulla mulattiera, resa oggi rotabile, che da Corte porta al Santuario di N.S. della Consolazione (più comunemente conosciuto come la Madonna del Ciastreo). Ci attende ancora un breve tratto lungo quest’ultima via per giungere, infine, nel paese di Corte.

(1) – Lajolo G. – Il Territorio dei Carpasini- Riviera dei Fiori- Camera Comm. Im.- Anno LV n.s. Imperia 1991

(2) – Ferraironi F. – Storia Cronologica di Triora – pag. 6 – Tip. Sallustiana – Roma 1953 –

(3) – Il toponimo “Palazzo” è ancora presente nella cartografia vinzoniana del XVIII secolo

(4) – devo le informazioni e la fotografia di Benedetta Cugge alla cortesia di Giovanni Sambuco di Agaggio

(5) – V’era anche un’altra torre in Carpenosa che s’inseriva nella stessa rete di “colombere” utilizzate nell’avvistamento, segnalazione e difesa durante le incursioni turcobarbaresche del XVI secolo.

(6) – Colgo l’occasione per dare all’amica Angela Maria un suggerimento: i Zucchetto non sono altro che i Ciuchetti, quell’antica famiglia presente nell’omonimo borgo presso Ugello che secoli or sono contribuirono a formare quella schiera di “passatori” che fecero famosa la Valle Argentina. Sarebbe quindi storicamente coerente, commercialmente gratificante oltreché simpatico se Angela Maria ricevesse i propri clienti con un bel “trombone” in spalla.

(7) – Lungo i torrenti, in prossimità di Molini di Triora vi furono 23 molini – vedi: Novella F.- Molini di Triora e il suo Santuario di N.S. della Montà- Stab. Grafico la Stampa- Genova 1967

Due paesi che l’anno scorso vi ho presentato, vi ho fatto conoscere. Uno più bello dell’altro, da non saper quale scegliere. Oggi, li vediamo insieme, da Glori, tramite luoghi magici e fantastici, andiamo a Corte. Attraversiamo i miei boschi, gli scorci della natura, un paesaggio che mozza il fiato. Un altro giro amici. Un’altra splendida passeggiata tutti insieme nel riscoprire stranezze, storia e curiosità su una delle valli più belle e più antiche della Liguria. La mia Valle Argentina. E ancora una volta abbiam potuto percorrere questo cammino grazie ai consigli, gli indirizzi e soprattutto gli scritti di Giampiero Laiolo nel suo bellissimo “U Camin” che già conoscete, che già molte volte vi ho presentato. Ora riposate tranquilli, avete scarpinato abbastanza per oggi, io vi mando un bacio e mi pulisco le zampette. A domani topi.

M.

Un viale di Eucalipto e un Ponte Romano

Topi cari, come vi avevo promesso, oggi vi porto a visitare un’altra parte del paese di Taggia. La parte in cui finisce il paese e si entra nel cuore della mia Valle. Il confine in pratica. La fine del paese e si va su verso i monti. Siamo in una  delle parti più conosciute del centro urbano.

Alla fine dei giardini e del viale di Eucalipto che costeggiano il torrente si può giungere ad una delle architetture più antiche della città.

Un ponte, chiamato appunto Ponte Antico.

Il viale è particolare. Da una parte ci fa ombra una fila degli alberi profumati che vi ho nominato, dall’altra invece, verso la strada, ad abbellire questa specie di parco, ci sono i Pini Marittimi. Già da qui, lo possiamo vedere. Il protagonista di questa nostra escursione.

Il ponte di cui vi parlavo e, subito sopra, il ponte dell’Autostrada dei Fiori. Sembrano formare uno strano disegno.

Ci avviciniamo ed essendo che, da qui inizia la Valle Argentina, una lastra d’ardesia, con una ormai familiare frase incisa sopra, non poteva mancare: ” Umana dignità unì in lotta per la libertà i comuni della Valle Argentina. Viandante che risali questa valle rammentane l’impegno civile, i caduti, il sacrificio. 1943-1945“.

Eccoci giunti al ponte. Guardate la pavimentazione com’è particolare. Che pazienza questo intersecarsi di pietre!

Siamo su un ponte lungo 260 metri, a 15 arcate, alcune delle quali, ancora di Epoca Romana.

Questo eccezionale ponte ha seguito l’alveo del fiume.

Le strutture più antiche, le prime da Levante, sono databili entro la prima metà del XIII secolo, successivamente, sono state aggiunte tutte le altre, con uno sforzo continuo della Comunità, particolarmente attiva fra il XVII e il XVIII secolo.

Due arcate sono state invece ricostruite dopo un crollo a causa del terremoto del 1831.

Sotto di noi possiamo vedere il torrente Argentina. E’ impressionante notare il ghiaccio attorno agli scogli bianchi che fanno da ostacolo all’acqua. Un ghiaccio che brilla al sole. Poveri pesciolini e povere paperelle! Nido ideale di parecchi volatili come: Piccioni, Gabbiani e Germani.

Giunti a metà possiamo vedere, laggiù in fondo, Villa Curlo e l’altra parte di ponte che ancora dobbiamo percorrere.

Il paesaggio è bellissimo e pittoresco. Ad incorniciare questa costruzione, oltre alle campagne intorno, dei Cipressi e la montagna sotto Castellaro.

Arrivati qui possiamo voltarci indietro e ammirare il centro storico di Taggia in un solo sguardo. E’ meraviglioso. Sembra un grappolo ma non di uva, di case.

I suoi colori, le sue scuole, il suo verde e le sue Fortezze.

A spiccare però sopra il tutto, il Castello con la bandiera dei colori del paese. Una grande struttura militare che pare dominare ancora oggi. 

Da questa struttura sulla quale siamo, le vedute sono tutte spettacolari e da qui possiamo vedere dall’esterno, il viale che fa da accesso a questa via e sembra il merletto di un meraviglioso vestito.

Non poteva mancare, nemmeno qui, una cappelletta dedicata alla Madonna. Come già sapete è fortissimo, nella mia Valle, il culto mariano e in ogni luogo, il popolo si sente protetto. Maria, al suo interno, è disegnata con un vestito nero e, sotto di lei, una lunga preghiera in latino rimane scritta dietro ad un piccolo, piccolissimo mazzolino di fiori. Dietro alla Madonna, nel disegno, viene rappresentata una struttura che pare proprio essere un ponte con tutte le sue arcate.

Continuiamo a camminare, guardate che belle le panchine che hanno creato incastonate nella balaustra a muretto del ponte. Delle semplici pietre piatte per sedersi, riposarsi e ammirare il paesaggio.

E’ impressionante camminare qua sopra e sapere da quanti anni ci sono questi massi a reggerci.

Sì, le manutenzioni vengono fatte molto spesso ma, alla fine, sono solo controlli. Questo ponte è stato realizzato alla perfezione!

C’è tanto del passato e si denota proprio, contro tutto il resto, un’epoca diversa in questa caratteristica costruzione. Si differenzia da tutto ciò che i nostri occhi vedono.

Siamo giunti alla fine e, davanti a noi, la strada si divide. Ci troviamo davanti a un bivio. Da una parte, verso sinistra, si va a Villa Curlo mentre, scendendo a destra, ci si inoltra nelle campagne di Taggia, al di là del fiume, dove è facile veder trottare spesso bellissimi cavalli.

Anche questo tour è giunto al termine.

Zampetto subito a prepararne un altro tutto per voi. Un grande squit e una strofinatina con i baffi. Vostra Pigmy.

M.