Il Melo Selvatico e un Panorama Mozzafiato

E continuiamo con i panorami mozzafiato che regala la mia Valle cari Topi.

Questa volta andremo in un luogo meraviglioso. Una piccolissima radura che spunta dal bosco e diventa un punto panoramico fantastico.

Andiamo nei pressi del Monte Gerbonte, introducendoci attraverso uno dei suoi più romantici e sontuosi accessi.

Dove, in questo periodo, la vegetazione è talmente florida che sembra quasi di essere in una giungla.

Abbiamo sorpassato il paese di Realdo e abbiamo proseguito oltre Borniga dirigendoci verso Collardente. In un tornante però, una piccola insegna di legno recita: – Monte Gerbonte – e sarà qui che lasciamo la topo-mobile per proseguire a piedi appropinquandoci all’interno della macchia.

La radura nella quale vi porterò a breve, la si apprezzerà ancora di più dopo aver scavalcato per molto tempo Felci esagerate, rami che sembrano chiome e grandi fiori in mezzo al nostro cammino.

Uno splendore assoluto ma dopo aver percorso questo tempo racchiusi nel verde come ad essere dentro un uovo, si apprezza anche la vastità dello sguardo che, a breve, potrà spaziare per tutta la Valle Argentina.

Sì, avete letto bene. Vedremo la splendida Valle in tutta la sua bellezza. Continuate a seguirmi.

Siamo all’inizio del “Sentiero degli Alberi Monumentali” o, detto anche, “Sentiero dei Parvaglioni” (da Parvaiui e cioè Fiocchi/Farfalle).

Siamo in mezzo ai Larici vecchi ed enormi che vi avevo descritto qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/05/10/sul-sentiero-parvaglione-attraversando-ruscelli/ e, tra noi, svolazzano appunto Farfalle dipinte di ogni colore posandosi di fiore in fiore.

Non hanno che l’imbarazzo della scelta.

Anche nella radura ce ne saranno molte e alcune si adageranno su di noi per annusarci.

Una radura magica. Qui volano intorno al Melo che si trova in questo spazio verde e, come un Re nel suo Regno, questo Melo governa tutto quel mondo guardandolo dall’alto. Se ne sta lì, solitario, unico nella sua specie. E quando è fiorito è meraviglioso.

Se ne sta lì nella pace di quel promontorio guardato da altre piante che lo circondano da distante.

Un sorbo e altri Larici.

Accanto al suo tronco, a terra, alti ciuffi d’erba nascondono l’arrivo delle grandi Formiche che lo vivono. Sono le padrone del Gerbonte e tutto, in quella foresta, appartiene a loro.

Sul bordo del dirupo, che mostra una meraviglia assoluta, una grande pietra piatta permette di sedersi e ammirare quel territorio infinito. Davanti a noi si staglia la Catena Montuosa del Saccarello. Tutti i miei monti sono lì, davanti a me.

Si vede bene la statua del Redentore che spicca contro l’azzurro e le altre montagne che sembrano di velluto in questa stagione.

Si vede bene il paese di Borniga, un piccolo borgo di pietra che dorme appisolato nella pace più assoluta dell’Alta Valle.

Di fianco posso vedere il Gerbonte e gli alti fusti degli alberi che lo ricoprono.

Stare seduti vicino a questo Melo è qualcosa di meraviglioso. I pensieri ci abbandonano e solo la meraviglia prende posto negli occhi e nel cuore.

Lui è sempre lì. Di giorno, di notte, in inverno, in estate. E osservarlo ogni volta significa comprendere tutte le stagioni che passano liete.

Per arrivare sin qui siamo passati attraverso Conifere particolari. Non ci sono solo i Larici ma anche gli Abeti: il Rosso e il Bianco.

Si possono notare diversi Licheni sulle cortecce di queste piante. Sono utili organismi che assicurano all’albero una continua idratazione. Alcuni, i più bisognosi, ne sono totalmente ricoperti.

Per chi non è abituato a camminare, questo percorso che non è lungo ma neanche brevissimo può richiedere qualche minuto di sosta, di tanto in tanto, ma posso assicurarvi che è fattibilissimo da chiunque, anche dai piccoli Topini e merita veramente se poi si arriva in questo spicchio aperto che regala cotanta meraviglia.

Volendo proseguire oltre la radura si arriva, da come avrete capito, fin sul Gerbonte ma per chi vuole passare una semplice domenica a contatto con la Natura, senza affaticarsi troppo, qui ha già trovato ciò che cercava.

Mentre camminate cercate di non far rumore. In diversi luoghi di questo bosco speciale vivono Caprioli e Camosci e vi potrebbe capitare di assistere a qualche lieto incontro.

Mentre, quando il cielo si apre dinnanzi a voi, sarà possibile ammirare i voli acrobatici di Poiane e Bianconi che lì vivono.

Cosa ne dite Topi?

Vi ho portato anche questa volta in un bel posto? Io dico di sì e allora vi auguro una buona permanenza in questo praticello che ha tanto da offrire.

Un saluto a tutti, alla prossima! Squit!

Dal Tanarello al Saccarello – tra Pecore, Fiori e Montagne

Dopo un po’ di pausa, che mi è servita per andare in perlustrazione, l’escursione che vi porto a fare oggi è meravigliosa e non solo dal punto di vista panoramico.

Ecco, già vi sento che mi state accusando di essere ripetitiva ma cosa ne posso io se la mia Valle e i suoi dintorni sono di una bellezza unica? Giudicate voi stessi dalle immagini di questo articolo, noterete immediatamente che sto dicendo il vero!

Attraversando Passo Tanarello si giunge al Monte Saccarello, il monte più alto della Liguria (2.202 mt) e vetta imponente della Valle Argentina divisa con Piemonte e Francia. Ma prima dobbiamo arrivarci al Tanarello. Mi sembra ovvio.

Giungiamo in questo splendido luogo passando per l’Alta Valle dal piccolo paese di Realdo per poi proseguire verso Passo di Collardente e alla Bassa di Sanson.

Qui incontriamo un bivio. Siamo in un punto che ci permette di andare a Marta e quindi poi a Colle Melosa oppure al Passo della Guardia e al Garezzo ma noi, si va appunto, verso il Tanarello.

Si va quindi verso un valico delle Alpi Liguri che supera di poco i 2.000 mt s.l.m. un’ex strada militare totalmente sterrata.

Si può già vedere la nostra meta stagliarsi contro il cielo e, facendo attenzione, si nota persino la Statua del Redentore, verso destra, che sembra piccolissima da qui. Ebbene sì, dobbiamo arrivare fin lassù.

Sono le prime ore di una calda mattina e la rugiada non è ancora stata asciugata del tutto dai raggi del sole che la fanno brillare. Sembra di essere contornati da diamanti… queste sono le “ricchezze” della Natura.

Sono gli alberi a riparare queste goccioline dal tepore del sole e contribuiscono all’incanto.

Si tratta prettamente di Conifere attraversate dal sentiero che percorriamo, il quale poi diventerà uno sterrato dove è possibile anche passare con un’auto adatta.

Durante la primavera e l’estate il colore dominante è assolutamente il verde, non tanto degli alberi che si diradano sempre di più, ma soprattutto è il verde di una vegetazione florida e dei pascoli infiniti che si tuffano in discesa verso la Francia.

Il verde e il giallo dei fiori di campo. Un’immensità di giallo.

Nel periodo di giugno, questo verde è meravigliosamente contrastato dal rosa acceso dei Rododendri che formano come grandi laghi colorati e romantici su quei versanti incontaminati. I Rododendri non sono gli unici fiori presenti ma sono sicuramente quelli che più stupiscono vista la loro enorme quantità.

Anche le Orchidee selvatiche e i Non Ti Scordar Di Me sono numerosi e propongono varie totalità che non si incontrano sovente, senza tralasciare il viola vivo del Timo e le sfumature di tanti Funghi che, come pietre preziose, abbelliscono ulteriormente questo territorio.

Il colore dello smeraldo, dato da un’erba appena nata, mette in risalto il panna scuro delle pecore che brucano felici su quei prati.

Ce ne sono tantissime e ci sono anche Mucche e Cavalli per non parlare dei Camosci che si possono scorgere sulle creste più alte e più rocciose. Liberi e curiosi.

La Brigue si nota a fondo Valle e i monti che a sinistra vediamo, salendo, sono tutti francesi. Noi viaggiamo sul confine mentre, un tempo, questo era tutto territorio italiano che è stato poi diviso attraverso il Trattato di Parigi.

A perdita d’occhio si possono vedere profili montuosi dalla bellezza selvaggia e indescrivibile. Una meraviglia dalle punte azzurre e spesso baciate da nuvole dense.

La meta è vicina e continuiamo a salire fino ad arrivare in cresta. Una cresta dalla quale ora si può ammirare anche il versante ad Est e i paesi di Monesi e Piaggia. La divisione tra la Liguria e il Piemonte.

Tra le montagne meno aspre della Valle del Tanarello si distingue bene, bianca e serpeggiante, la strada che conduce ad una delle carrarecce più belle e conosciute d’Italia. Si tratta della Via del Sale, che congiunge le due regioni prima nominate e che su di sé ha visto passare soldati e mercanti.

Oggi sono i ciclisti, i centauri e gli escursionisti ad attraversarla e il panorama che offre è splendido.

Ma anche la vista che godiamo da qui non è niente male e, davanti a noi possiamo nuovamente notare la vetta del Saccarello simboleggiata da un obelisco in cemento. Siamo decisamente più vicini ora.

Un emblema però meno “sentito” rispetto alla vicina statua del Redentore conosciuta ovunque.

Chi lo desidera può ristorarsi al Rifugio “La Terza”, qui presente, e aperto durante la calda stagione.

Può rifocillarsi con tante squisitezze proposte oppure… per chi invece preferisce fare un pranzo al sacco… beh… lo spazio non manca di certo.

Si è contornati da monti e valli, ci si sente come in cima al mondo e gli occhi si affrettano a guardare tutto come se quel tutto dovesse finire da un momento all’altro.

Stando sulle creste adiacenti al Saccarello occorre fare attenzione a non sporgersi più di tanto. I dirupi sono davvero esagerati. Quel mondo va in discesa per presentare, laggiù in fondo, piccoli piccoli, i paesi di Verdeggia, Realdo e Borniga.

Sembrano finti visti da qui. Tutti quei tetti di grigio antico e quelle case incastonate tra gli spazi delle montagne. Come siamo alti…

Continuando più avanti, verso Passo di Garlenda, una cima che colpisce è quella del Monte Frontè con la sua Madonna Bianca a vegliare su quell’angolo di paradiso. Sembra vicino visto da qui, in realtà, per raggiungerlo, occorrerebbe fare una passeggiata per niente breve.

Noi abbiamo raggiunto questo luogo a piedi ma, ovviamente, si può salire anche in auto (con un’auto adatta) e quindi volendo si può poi decidere di proseguire per altre mete zampettando.

Un tour che consiglio a tutti, il quale può offrire una spensierata giornata familiare o una ricerca più tecnica del territorio o, per chi semplicemente ama la natura, un momento di relax e stupore. Le possibilità che regala sono diverse, quindi affrettatevi che l’estate sta per finire!

Io vi mando un bacio dalle più alte cime liguri e vi aspetto al prossimo articolo!

Continuate a seguirmi! Squit!

Fronté, Garlenda, Garezzo… che tour!

Ai confini di valli meravigliose, in mezzo a pascoli e pietraie, tra animali e fiori, respiriamo un’atmosfera magica e la bellezza esagera, quasi incontenibile, davanti ai nostri occhi.

Avete letto il titolo di questo articolo, avete letto nomi, avete letto di un tour… un’escursione che ora faremo insieme e, attraverso la quale, potrete conoscere un mondo che forse solo Heidi ha visto (oltre a me!). Io sono assieme a Topo amici, la compagnia giusta non manca mai e, assieme, ci divertiremo sicuramente.

Cosa sono il Frontè, il Garlenda e il Garezzo?

Il Frontè è un alto monte della mia Valle, come già vi avevo raccontato qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/15/ancora-in-alto-sul-monte-fronte/ e oggi sarà per noi il punto di partenza perché, cari Topi camminatori, una volta raggiunta la sua splendida vetta e aver goduto del panorama che regala bisogna preoccuparsi anche di scendere e tornare in tana.

Non occorre dispiacersi perché si potranno vedere ulteriori scenari meravigliosi che la Valle Argentina regala in ogni suo angolo.

Con lo sguardo possiamo abbracciare anche la Valle Arroscia, dirimpettaia dell’Argentina, i suoi paesi come Monesi e Piaggia ma possiamo scorgere anche il noto Monte Saccarello e la maestosa e conosciutissima statua del Redentore.

Persino il Rifugio Sanremo è visibile.

Non solo. È piacevole osservare attentamente ciò che rimane di diverse strutture Napoleoniche. Si capisce anche da qui che sono grandi e servivano da caserme. Ce ne sono su diversi crinali e, oggi, di loro, rimangono soltanto le pareti laterali e divisorie.

Le guardo incuriosita immaginandomi soldati e battaglie su quelle distese infinite che oggi, fortunatamente, parlano solo di quiete e gioia.

Appena si inizia a scendere ci si imbatte felici in un branco di cavalli selvaggi dai colori del manto assai rari. Uno sembra d’argento, luccica quasi. Altri sono biondi ed eleganti, altri ancora sfoggiano delle tonalità di un marrone che poche volte si vede se non in natura.

Alcuni di loro mi si avvicinano, mi annusano le zampe anteriori. Sono grossi, muscolosi, non altissimi ma robusti. Hanno lo sguardo dolce e curioso allo stesso tempo.

Dopo qualche scatto a tanta meraviglia si decide di proseguire e uno di loro ci segue per qualche metro.

Ci avviciniamo al Passo di Garlenda (2015 mt) e i monti di fronte a noi palesano un ambiente stupendo. Pascoli in discesa di un verde vivace, massi bianchi, gruppi di alberi che sembrano posizionati da mano sapiente, quella del creato ovviamente.

Per raggiungere Colle del Garezzo, là dove siamo diretti, dobbiamo prendere un sentiero tra sassi e ciuffi d’erba che scende parecchio.

 Se fatto a salire bisogna essere allenati.

Alcune pietre hanno forme e posizioni buffe;  rare sono le zone d’ombra esistenti grazie a qualche “custo” e piante solitarie.

È sotto una di queste piante che uno dei miei amici decide di fermarsi per scattare qualche foto al panorama. Si allontana da me ammirando le ricchezze del suolo come i colorati fiori e quello che lo circonda.

La sua passione per le foto lo trattiene diversi minuti e mentre lo aspetto decido di osservare attentamente alcuni insetti bizzarri che si nutrono del nettare di quei fiori.

È in quel momento che vengo attaccata anch’io, come i cavalli incontrati prima, da un Tafano sbruffone che decide io sia la sua colazione. Maleducato e indisponente.

Avendo però già raccontato questa mia disavventura qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/22/la-topina-e-il-tafano-vanaglorioso/ tralascerei tale nefasto ricordo e andrei avanti sia nel racconto sia fisicamente, a scendere, per raggiungere l’ambito Colle.

Avendo scollinato siamo ora davanti ad un altro spettacolo: quello dei profili dei miei monti e possiamo godere di tanto verde in questa stagione incontrando altri nuovi amici.

Continuiamo a scendere facendo attenzione a dove mettiamo le zampe. I lunghi e resistenti fili d’erba, coriacei come spighe, e le pietre nascoste, possono castigare.

Una volta raggiunta la strada sterrata e più grande, ossia siamo arrivati al Garezzo, si va verso Passo della Guardia dove abbiamo lasciato la macchina per poter così raggiungere Triora e tornare al Mulino.

Questo sentiero che abbiamo appena fatto lo si percorre all’incirca in un’ora e un quarto a salire. A scendere, ovviamente, molto meno.

Essendo giunta non mi resta che salutarvi lasciandovi ammirare le immagini che ho scattato per voi e che forse non rendono giustizia al luogo ma posso assicurarvi che è come vivere un sogno.

Un bacio dal Colle Topi! Vi aspetto per la prossima escursione.

Da Verdeggia al Passo della Guardia

Topini, oggi vi porto in un posto della mia Valle tanto bello da togliere il fiato!

Andiamo in Alta Valle Argentina, dove il tempo sembra essersi fermato e dove i ritmi rallentano tanto da farci dimenticare di guardare l’orologio. Siete pronti? Bene, partiamo allora.

E’ ottobre. Ci mettiamo in macchina e saliamo su, sempre più su, superando Triora e il ponte di Loreto. Già da qui possiamo godere di una vista bellissima, la Valle si stringe, e il torrente Argentina scorre in basso. Con l’auto passiamo sotto costoni di roccia che incutono quasi timore da quanto sono grandi, incombono su di noi. Proseguendo sulla strada, arriviamo finalmente a Verdeggia. Scendiamo dall’auto e iniziamo a coprirci: sebbene l’autunno quest’anno sia mite, l’aria è frizzante e fredda, non dimentichiamoci che siamo a un passo dal Piemonte e dalla vicinissima Francia!

Il sentiero parte da qui, dall’inizio dell’abitato di Verdeggia (1092 m), ed è subito segnalato da un cartello. Ci condurrà al Passo della Guardia, a 1461 metri di altitudine.

Zaino in spalla, iniziamo a salire, e subito ci inoltriamo nel bosco.

Verdeggia

Sotto di noi ci sono tappeti di foglie, è uno spettacolo guardarle, perché non sono ancora tutte secche e non hanno perso i loro bellissimi colori. Ecco, allora, che ci ritroviamo a camminare su un mosaico variopinto, dove il verde fa coppia con il giallo, il rosso con il marrone e… e poi c’è il lilla, quello dei crochi che tappezzano il sottobosco per gran parte del tragitto.

zafferanoForse voi non lo sapete, ma da questo piccolo e meraviglioso fiore, molto delicato tra l’altro, si ricava una spezia assai amata dalla nostra cucina: lo zafferano! Ci chiniamo ad annusare la sommità del famoso pistillo e anche così possiamo sentirne il caratteristico profumo.

La mia valle, insieme ai numerosi prodotti caseari, alla lavanda con i suoi derivati e ai golosissimi funghi, è rinomata anche per la produzione di zafferano: la vendita al pubblico avviene nella vicina Triora, ma arriva anche – pensate un po’ – a Sanremo, sulla costa! Infatti, potete trovarlo da Sfusa, la spesa senza imballo.

Oltre all’uso culinario, che tutti noi conosciamo, gli stigmi dello zafferano vengono usati nella medicina popolare. Infatti, rinforza l’organismo, regola il flusso mestruale, rinvigorisce e attiva il sistema nervoso e vascolare e favorisce la digestione. Un vero toccasana, insomma!

Tra le altre piante che ci accolgono, mentre continuiamo la salita, possiamo distinguere querce, noccioli e castagni, dei cui frutti si nutrono scoiattoli e altri piccoli animali. I gusci restano vuoti sul terreno, ma siamo fortunati: riusciamo a trovare una nocciola ancora intatta. L’assaggiamo e la sua freschezza e il suo sapore non hanno niente a che spartire con quelle che troviamo nei supermercati! Squit! Una vera squisitezza!

Quando le chiome degli alberi consentono una vista più aperta verso quello che ci circonda al di fuori del bosco, riusciamo a scorgere il Monte Saccarello, vediamo persino la statua del Redentore che domina la Valle.

fronté

Il nostro percorso è accompagnato dai versi gracchianti e allarmati delle ghiandaie che, insieme a corvi e cornacchie, sono i guardiani della foresta. Non c’è passo che non venga segnalato da loro e per i cacciatori rappresentano una vera scocciatura, dato che mettono in fuga gli animali avvisandoli della presenza dell’uomo. Quando la ghiandaia tace, intorno a noi è tutto un cinguettare di cince: non si curano di noi, sono laboriose sugli alberi, impegnate nelle loro faccende. Questo bosco, dove possiamo osservare anche il bellissimo pino silvestre, è popolato anche da caprioli, cinghiali, volpi e persino lupi, ne scorgiamo le tracce in più punti.

Avanzando sempre in salita, il sentiero si interrompe più volte da rivoli d’acqua pura che crea polle e cascatelle. La superficie dei torrenti è coperta di foglie, sembra quasi di potervi camminare sopra.

Verdeggia

Con un’ultima salita nel bosco, ci ritroviamo a svoltare sull’altro versante: da questa parte è soleggiato, fa molto caldo e ci fermiamo per toglierci il maglione e godere del panorama.

Valle Argentina

La vegetazione è cambiata bruscamente: ci troviamo immersi nella macchia mediterranea, bassa e arbustiva. Sulla nuda roccia mettono radici piante di timo, ancora profumatissimo, e poi la lavanda e la ginestra ormai sfiorite. Più avanti troviamo cespugli di ginepro, è il suo periodo balsamico, ma oggi non siamo interessati a raccoglierlo.

Ci sono i ruderi di una vecchia abitazione e un cartello indica “Case di Quin”. Di fronte a essa, un’edicola votiva recita: Capeleta dï Cuin anfaita ‘n l’an 2006 (Cappelletta di Cuin, costruita l’anno 2006).

Il sentiero, adesso, è più pianeggiante, a tratti in lieve discesa, e ci permette di far riposare le gambe godendo della vista sulla valle sottostante e sulla corona di monti che ci circonda. Riusciamo a individuare il Gerbonte e, poco sotto, scorgiamo la borgata di Borniga.

Il sentiero attraversa antiche e ripide fasce e, alla nostra sinistra, è fiancheggiato dai cosiddetti maixéi, i muretti a secco per i quali la mia terra è tanto famosa. Si tratta – ne abbiamo già parlato in passato – di piccoli capolavori di ingegneria: le pietre vengono accatastate le une sulle altre, incastrate con grande cura, e sono appoggiate in lieve pendenza al terreno retrostante. È una vera e propria arte messa in pratica fin dai tempi più remoti, sono rimasti in pochi, oggi, a conoscerne i segreti.

Procedendo, ci troviamo nuovamente di fronte ai ruderi di una vecchia abitazione. L’ortica infesta le rovine, riconosciamo anche qualche pianta di artemisia. Ci fermiamo ad ammirare la maestria con la quale è stato costruito questo casone: non ci sono mattoni né calce, solo pietre poste l’una sull’altra seguendo regole precise e antichissime.

Anche qui è presente un’edicola votiva, la Capëleta dë Barbun. Quella che abbiamo rimirato, infatti, è la Casa di Barbone, ce lo indica un cartello. Siamo a 1309 metri sopra il livello del mare.

case barbone valle argentina

Proseguiamo, manca ormai poco alla meta. Davanti a noi si staglia, con tutta la sua imponenza, Rocca Barbone. Le foto non le rendono giustizia, ma è una parete di roccia spettacolare, con il suo colore chiaro fa contrasto con il blu intenso del cielo, guardate che meraviglia!

rocca barbone valle argentina

Entriamo nuovamente nel bosco, umido e ombroso, e siamo invitati da un cartello a fare una piccola deviazione. Cogliamo l’invito e… Topini, che bellezza! L’acqua sgorga dalla roccia, siamo testimoni di questo spettacolo: la sorgente del torrente Barbone. Acqua fresca, limpida, sacra.

Torniamo sul sentiero maestro, a tratti soleggiato e a tratti all’ombra delle chiome degli alberi, e ogni nostro passo è osservato da lei, Rocca Barbone, sempre più vicina.

rocca barbone valle argentina2

Tronchi caduti e spezzati offrono scenari insoliti: formano piccole caverne, tane per animali di dimensioni ridotte. Alcuni alberi sono sradicati, ne possiamo osservare le radici ancora aggrappate a zolle di terra. È un microcosmo che non si vede certo tutti i giorni!

Con poche, ultime salite, giungiamo alla meta: il Passo della Guardia. E qui, topini, la vista è mozzafiato, sembra di essere in paradiso! Riconosciamo la galleria del Garezzo, il Monte Monega, l’inconfondibile Passo della Mezzaluna, il Monte Faudo, poi gli abitati di Triora, Corte e Andagna.

passo della guardia valle argentina

Il sentiero si congiunge in questo tratto con la vecchia strada militare, oggi percorsa da motociclisti, escursionisti a piedi o a cavallo, e dalle macchine di cacciatori e di appassionati della montagna. Da qui possiamo proseguire per il Passo Garlenda, il Colle del Garezzo oppure per arrivare sulla cima del Monte Saccarello, ma possiamo ancora scendere a Triora. Non oggi, però: riserveremo tutto questo per un’altra gita, vogliamo fermarci a mangiare un boccone e a godere del caldo sole autunnale!

A presto, topini!

Pigmy

Tutti a Corte!

No, non serve fare un inchino! Questo, topi, è un altro bellissimo paese della mia Valle. Si chiama Corte ed è una frazione di Molini di Triora. Sorge a circa 670 metri sopra il livello del mare e i suoi abitanti sono all’incirca una quarantina. Si trova a 2 km dopo Molini di Triora, comune al quale appartiene. Per arrivarci, si prende una strada che, salendo, rimane alla nostra destra dalla Provinciale 52 e si percorrono alcuni tornanti, molto vissuti durante la notte da cinghiali e altri abitanti del bosco. Di fronte a lei, sorgono Andagna da una parte e Triora dall’altra, quasi a formare un triangolo con al centro, giù in basso, Molini.

Dentro Corte non si può viaggiare in macchina, ma bisogna inerpicarsi a piedi per questo paesello, in salita, e la prima cosa che colpisce i nostri occhi è la pulizia. Le stradine, spesso formate da bassi gradini che le attraversano, sono come il pavimento di casa nostra. Vie per le quali solo gli esperti possono condurre piccoli trattori, magari per trasportare i carichi di legna o altra merce pesante.

Gli orti degli abitanti sono tutti intorno al paese, ognuno ha il suo. Si coltiva alla maniera di un tempo. Pensate che proprio gli interessi di Triora, (un tempo il paese più importante e influente della vallata, essendo la Podesteria della Repubblica di Genova) sul commercio del grano causarono una sorta di malcontento tra le diverse ville di Molini, Andagna e Corte, arrivando il 2 maggio del 1654 alla dichiarazione di indipendenza locale da Triora. Ogni villa ottenne di beneficiare di propria autonomia amministrativa e fiscale.

Ancora oggi ci sono un po’ di scaramucce tra questi paesini, ma chi non ne ha, in fondo? Gli abitanti di Corte sono molto ospitali e fanno di tutto per rendere il loro paese rigoglioso e riparare ciò che in passato è stato distrutto, come ad esempio il tetto della vecchia chiesa nella piazza. Tutte le estati, infatti, si organizza una festa chiamata “cena sotto le stelle” e il ricavato va alle opere di ristrutturazione di questi importanti edifici. Uno tra questi, è la vecchia scuola elementare. Pensate, è una vecchia scuola che ora è diventata la biblioteca di Corte. Ebbene sì, Corte può vantare una biblioteca che pochi paesi hanno.

E’ un borgo bellissimo, tutto inizia dalla piazzola denominata Casai, in fondo al paese, per poi salire attraverso grotte e carruggi in quello che è un villaggio formato prevalentemente da case di pietra. Sembra di girare in un presepe e, di tanto in tanto, una piazzetta di ciottoli, qualche panchina e degli alberi, come dei magnifici salici piangenti, offrono la possibilità alle persone di ritrovarsi alla sera e raccontarsi com’è andata la giornata. Ovviamente con lo scialle sulle spalle. Quest’anno, non c’era differenza tra la temperatura al mare e quella a Corte (erano 35 i gradi, in alcune giornate di agosto… che bellezza! Rosolavo come uno spiedino!),  ma solitamente il golfino, in questi paesini di montagna, è quasi d’obbligo alla sera.

A Corte si possono visitare anche tanti monumenti religiosi, come la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore, che conserva al suo interno un quadro raffigurante la Sacra Famiglia del XVII secolo dipinto da un pittore ignoto. E’ una bellissima e grande chiesa al centro del paese, con appesa alla facciata principale una lastra di ardesia in onore dei figli caduti per la patria, e il suo campanile è altissimo. Questa chiesa sorge su una piazza di sassolini incastonati nel cemento. E’ Piazza del Popolo, che racchiude in sé anche una fontana, e, su un marmo, sono impressi i ringraziamenti a chi ha costruito l’acquedotto di Corte.

Poi c’è l’ex oratorio di San Tommaso, che conserva una statua della Vergine Maria con il Bambino Gesù sovrastanti San Bernardo, San Bartolomeo apostolo e il diavolo incatenato. Proprio questo oratorio sta particolarmente a cuore dei cortigiani, gli abitanti di Corte, che vorrebbero farlo rivivere come luogo di ritrovo ideale per i bambini.

C’è ancora la chiesa di San Vincenzo. Il portale di questo edificio è del 1497. Attualmente si trova in stato di rovina, sommersa dalla vegetazione, ma è un’opera antica e va citata.

Infine, percorrendo a piedi una stradina per circa venti minuti, si può raggiungere il Santuario della Madonna del Ciastreo o della Madonna della Consolazione, un bellissimo santuario, principale luogo di culto degli abitanti. Un giorno vi ci porterò a vederlo e, tornando indietro, vi farò passare dal bosco. Vedrete come vi divertirete, è un luogo bellissimo e offre una vista mozzafiato sulla Valle e le montagne ricche di alberi.

Corte, che dista dal mare circa 28 km, ci offre anche la possibilità di vedere da lontano la statua del Redentore. Per notarla, bisogna andare in cima al paese, dove le ultime campagne ci segnalano che lì il borgo finisce. Più in su ancora, una splendida vigna lo incornicia verso est.

A Corte c’è un solo negozio, portato avanti con tanto amore dalla signora Gemma. In questa bottega si vendono sigarette, pane, alimentari ed è fornito anche di cabina telefonica, quei telefoni che stanno diventando ogni anno più rari. Il negozio non ha orari. Spesso, alle nove di sera si può ancora andare a vedere se Gemma sia ancora lì. Vicino alla sua bottega ci sono i lavatoi che un tempo venivano usati per il bucato e dai bambini che d’estate ci si tuffavano dentro. Sono ancora funzionanti, vengono tenuti vuoti per non lasciare acqua sporca stagnante all’interno dei vasconi.

E, a proposito di acqua, quante fontane a Corte! Un giorno ve le farò vedere, sono una diversa dall’altra, posizionate nei giusti luoghi per dissetare gli escursionisti come noi. Acqua fresca, buona, dissetante!

E che belle le porte! Le case di Corte hanno delle porte stupende. E poi gli animali… Oltre ad aver visto gatti e conigli, siamo stati accompagnati a lungo anche da una pernice.

C’è proprio da divertirsi qui! I nomi delle vie sono tutti scritti su pezzi di legno. Su anelli di tronco d’albero, tagliati come vassoi e a mano, sono state pitturate le denominazioni di piazze e strade.

Che bel paesino! Tutti si conoscono e i ruderi di un tempo sono stati ristrutturati e resi magnifici e, nelle case, oltre ai termosifoni, si hanno anche stufe e camini. D’inverno, qui, non si scherza.

Di Corte colpiscono i particolari: le finestre, le porte, i muri, i dipinti… tutto. Gabbie appese fuori casa contenengono ogni cosa fuorché uccellini. Ognuno arreda la sua dimora con gusto e originalità e, nonostante sia un piccolo borgo, per osservarlo bene ci vuole tutta la giornata!

Insomma, vi consiglio vivamente di venire a farci una visita. Non ve ne pentirete e non vi annoierete di certo, se siete amanti di paesaggi caratteristici.

Vi aspettano a Corte, ma non serve fare un inchino! Bacioni!

M.