Dalla Crocetta del Monte Grai

Ci siete mai saliti sulla vetta del Monte Grai Topi?

Noooo?! Come no?! Non ci credo… ma comunque vi ci porto lo stesso e vi ci porto attraverso un magico viaggio che tocca tutte le stagioni dell’anno perché, anche questo luogo, è sempre splendido.

Per arrivare in cima a questo monte alto 2.012 mt e godere di un panorama fantastico ammirando gran parte della Val Nervia, della Francia, il mare e tutta la Valle Argentina, si può passare da diverse strade sia a piedi che con la Topomobile… ma dev’essere una Topomobile adatta. Lo sterrato è molto sterrato!

Andiamo su questa enorme cupola, ricca di natura, che sorge sulla cresta del confine italo-francese.

In questa immagine invernale potete vederlo bene. E’ quello più a destra. Gli altri due sono i suoi vecchi amici con i quali forma un famosissimo trio: Il Monte Toraggio (1973 mt) quello più a sinistra e il Monte Pietravecchia (2038 mt) quello al centro.

Si può passare dal Passo di Collardente, arrivando a lui dalla zona di Marta, oppure da Colle Melosa e, da qui, sono due i cammini da poter intraprendere.

Il più grande e forse anche più comodo è la ex strada militare, carrozzabile, che si può percorrere anche in auto, mentre l’altro è un sentiero che sale un po’ più ripido (ma è molto panoramico) il quale si può vivere solo zampettando poiché molto stretto e in salita.

Entrambi i percorsi vi porteranno al noto Rifugio del CAI situato sotto la vetta del monte, a circa 1920 mt d’altitudine.

Si tratta di un Rifugio incustodito. Sembra un grande casermone. E’ un edificio grigio e rettangolare con tante finestre.

Una parte è totalmente abbandonata, l’altra parte invece, dovrebbe essere attrezzata per ospitare gli escursionisti.

La larga mulattiera non asfaltata ci passa proprio davanti zigzagando come un sinuoso serpente tra i monti più affascinanti della Liguria.

Qui vive un’allegra famigliola di Gracchi Corallini e ho detto Corallini non Alpini!

C’è differenza? Certo!

Gli Alpini sono molto più soliti e, infatti anch’essi abitano queste zone… ma i Corallini, invece, sono un po’ più rari… e più presuntuosi! Oh si! Hanno un caratterino con il quale potrebbero tranquillamente andare d’accordo con la mia nemica-amica Serpilla la Ghiandaia.

Ma la vera differenza tra i due è che i Gracchi Alpini hanno il becco giallo, come quello che vedete in foto, mentre i Corallini lo hanno di un bell’arancio vivace.

Ma torniamo alla nostra meta.

Oltre ai Gracchi sono davvero tantissimi gli esemplari di Fauna e Avifauna che possiamo incontrare in questa zona: Camosci che si arrampicano ovunque, simpaticissime Donnole, Grifoni durante l’estate e i Corvi Imperiali che, anche loro, come i cugini Gracchi, sorvolano questi cieli ogni giorno.

Questo territorio è splendido. Il panorama si mostra entusiasmante già dopo aver percorso i primi metri e, una volta arrivati in cima, è davvero tutto indescrivibile.

E’ come essere sopra al mondo intero.

Sarà una piccola e anche un po’ instabile crocetta in legno ad accogliervi.

Una crocetta trattenuta da un ammasso di pietre.

Su di lei sono state incise le seguenti lettere “M. GRAI – 2012”, nome e altezza di questa montagna che è una delle più alte di tutta la Valle Argentina.

Sono entusiasta, ho conquistato un’altra preziosa meta.

Ma qui non c’è solo la vista che può sconfinare fino all’infinito, come caratteristica spettacolare.

Anche la Flora regala il meglio di sé nonostante un terreno severo.

L’Astro Alpino, lo Sparviere Lanoso, il Semprevivo, il Timo… sono tanti e presenti con i loro colori sgargianti: lilla, fucsia, giallo, viola!
E quante Farfalle attirano!

Sembra davvero di essere in una fiaba! Le Farfalle sono tantissime e anche i Grilli e le Cicale, le quali iniziano a cantare in tarda mattinata.

I boschi di Conifere appaiono qua e là regalando un po’ di ombre e un profumo salubre e balsamico.

Si tratta prevalentemente di Larici. Ma qui sappiamo esserci anche l’Abete Bianco, il Rosso e il Pino Nero.

Nonostante tutta questa bellezza di vita, non si può però non dare uno sguardo più significativo al suggestivo panorama che si apre generoso davanti ai nostri occhi.

La prima cosa che colpisce è sicuramente la Diga di Tenarda.

Questo lago artificiale degli anni ’60, in questo periodo afoso, appare in secca a causa della siccità. Lo avevate mai visto così asciutto?

Tutta la Catena Montuosa del Saccarello si staglia di fronte a me limitando la parte opposta della Valle Argentina rispetto a quella nella quale mi trovo io. Vedere i miei monti tutti assieme mi apre il cuore.

L’antico e caro Gerbonte con le sue foreste che lo ricoprono e, in autunno, lo colorano di un foliage pazzesco…

Colle Ciaberta che presenta Carmo Gerbontina più avanti.

Sembra una cresta tagliente.

E naturalmente non posso non ammirare la bellezza di Triora che, vista da qui, sembra una pietra preziosa incastonata nei monti.

Adagiata come in una culla.

Tutto è meraviglioso e, come vi ho detto a inizio articolo, lo è sempre, durante tutto l’anno. Per questo ci tengo a sottolineare una cosa molto importante: siamo in uno dei punti più belli della Valle sì… ma è anche uno dei più pericolosi.

In questa zona, a causa di un matrimonio tra le correnti e il gelo, in inverno si forma uno strato di ghiaccio molto spesso e ingannevole.

E’ un ghiaccio che, talvolta, perdura persino fino a giugno e questo avviene prevalentemente nel curvone dietro al Monte Grai, nel Vallone del Negré.

Il fatto che questo strato ghiacciato perduri così tanto, viste le belle giornate primaverili, fa credere di non essere poi così pericoloso dato il tepore del sole; ma, in questo punto, il sole non riesce a scaldare.

Spesso l’ultima neve sembra soffice e percorribile ma non fatevi ingannare poichè sotto di essa resiste una patina ghiacciata da non sottovalutare assolutamente. E… se si cade da lì… si hanno davvero poche speranze.

Bene, penso di avervi detto tutto riguardo questo paradiso.

Non mi resta che andare a preparare il prossimo articolo.

Vi mando uno squit-bacio e vi aspetto per il prossimo tour.

Fontana Sottana – il dono dei massari

E dopo avervi portato a visitare Fontana Soprana, non posso non farvi conoscere anche Fontana Sottana.

Siamo quindi sempre nel caratteristico borgo di Triora, paese dal ricco passato, che ha tanto da raccontare.

Il nome della Via, omonimo al luogo protagonista di questo articolo, ci indica che siamo sulla strada giusta, ma per vedere la Fontana dobbiamo scendere per Via San Bernardino e raggiungere Via Camurata.

Fontana Sottana non si trova infatti in Via Fontana Sottana.

Si tratta di una Fontana in pietra, piccola ma massiccia, anch’essa, come la sorella, dotata di un bel rubinetto in ottone.

E’ molto antica, è stata fatta costruire dai massari del comune Bertone Oddo e Matteo Stella nel 1480 ed è collegata a Fontana Soprana perché da lei ne riceve l’acqua attraverso canali in pietra, costruiti a mano, che attraversano le fondamenta del borgo o ne affiancano le abitazioni.

Siamo in una parte del paese molto intima e centrale.

I carruggi sono umidi e scuri. Ciottoli e mattoncini pieni, color vermiglio, formano il suolo sul quale poggiamo le zampe.

Le volte importanti, anch’esse in pietra, donano una frescura sicuramente piacevole nei mesi caldi dell’anno.

Mentre sopra a Fontana Soprana era stata costruita la nota Casa del Boia del paese, Fontana Sottana nasce sotto ad un edificio anche lui significativo per Triora: si tratta infatti dell’antico Ufficio Postale che però non esiste più.

Oggi è una specie di monumento, un punto di ritrovo che parla di storia e della vita di un paese.

Sotto all’arco che la ricopre e la protegge, incisa su una lastra di ardesia, una scritta in latino lascia un messaggio a tutti quelli che la leggono da parte di chi, questa Fontana, l’ha voluta e realizzata.

Questa scritta, scolpita, recita: Bertonus Odus / Mateu Stela massarii fecerunt fieri hoc opus.

Attorno a lei le case sono unite come in uno stretto abbraccio e i vicoli si snodano come fili di lana da un gomitolo.

Da qui non si gode di nessun panorama, si può solo alzare il muso verso l’alto e osservare come alcuni spicchi di cielo si mostrano tra quei tetti costruiti tanti anni fa.

Delle piante, dal verde cupo, sono gli unici punti luce in quel grigio storico, ricco di eventi e vicissitudini talvolta ricoperto di ragnatele.

So che attorno a lei sono molti altri i punti di interesse e quindi non posso più soffermarmi troppo, devo andare ad ammirare altro.

Se venite a Triora però, non perdetevi questa Fontana. E’ uno degli elementi più antichi di tutto il paese e fa quasi impressione toccarla con le mani.

Un bacio a voi!

Quelle fessure chiamate “caruggi”

In Liguria, e quindi anche nella mia splendida Valle, le piccole vie che attraversano i borghi vengono chiamate “caruggi”. C’è anche chi li chiama “carrugi” o “carruggi” ma il significato è lo stesso.

Si tratta di stradine strette, a volte anguste, a volte splendide, dove i raggi del sole spesso faticano ad entrare e la gente, che vive in queste vie, è il cuore pulsante del borgo antico.

La parte più vecchia del paese. Quella costruita astutamente, come il guscio di una chiocciola, intorno a un dedalo di strade buie e socchiuse in modo che il nemico invasore potesse perdersi e rendersi così più vulnerabile.

La maggior parte di questi caruggi, che appaiono proprio come piccole fessure, sono dotati di contrafforti, strutture in grado di reggere e unire le abitazioni tra loro e attutire i vari spostamenti sismici di quegli edifici costruiti in altezza per rendere il borgo ancora più a chiuso come uno scudo umbone rovesciato.

Da alcuni di questi elementi architettonici veniva buttato olio bollente su chi si permetteva di invadere il paese. I caruggi infatti, sono pieni di nascondigli sia in basso che in alto e, ancora oggi, in alcuni di loro, si possono trovare gradini che scendono chissà dove o nicchie utili agli appostamenti.

Alcune di queste stradine hanno un aspetto tondo e dolce. Si passa sotto le case attraverso volte a semicerchio e le loro curve donano sinuosità. Possono mostrare il vermiglio arcaico dei mattoni pieni o pietre levigate che rendono il tutto più aggraziato.

Altre invece appaiono come affilate e taglienti, squadrate, e disegnano verso il cielo figure che sembrano geometriche.

Alcune sono davvero buie e molto fresche. L’umidità le rende come se fossero celle frigorifere all’aperto e non è difficile vedere del muschio nascere al suolo.

Altre ancora, un poco più aperte e magari più lunghe, sono solitamente addobbate con cura da chi le vive; i nomi dei caruggi vengono scritti in modo particolare, su lastre d’ardesia o dipinti di cerchi di legno.

Molti fiori abbelliscono le case, i numeri civici sono disegnati sul muro o su piastrelle decorate, e anche i panni stesi, appesi come un tempo, tra una finestra e l’altra in condivisione, donano un tocco di folklore e di colore.

Certi vicoletti sono così particolari che incantano. Statue, quadri, mosaici e roba appesa li rendono veri angoli artistici.

A proposito di ardesia, essa è sicuramente l’elemento più presente in questa ragnatela di viuzze. Naturale e resistente. Con essa si costruivano scale, portali, androni, lapidi, lastre e persino le tegole dei tetti delle case, chiamate “ciappe”, assolutamente tipiche nei miei luoghi.

La pavimentazione può variare. Ha solitamente righe a lisca di pesce intagliate nel cemento per poter frenare l’acqua e permettere di non scivolare a persone, carretti e animali come gli asini. Dovete sapere che alcuni caruggi sono molto in discesa e, se visti all’incontrario, molto in salita. Se si pensa ai nostri vecchi, che passavano di qui con pesi enormi sulla schiena, pare impossibile davvero immaginarli inerpicarsi per queste vie.

Venivano però usati anche i piccoli ciottoli di fiume e i sampietrini, mattoncini quadrati dalle sfumature rosse-violacee con i quali si potevano anche realizzare linee tonde che davano un senso di bellezza alla strada.

Il suolo doveva comunque essere ben praticabile dai carri, unici mezzi di trasporto assieme agli animali che potevano passare per questi vicoli e si pensa addirittura che, proprio la parola caruggio, derivi da “carro”.

C’è però chi afferma siano stati i Saraceni, i grandi nemici antichi dei Liguri, a dare questo nome nella loro lingua.

La parola “kharuj” significherebbe “di fronte al mare” o “sul mare” e potrebbe avere a che fare con la mia splendida regione.

Molti turisti amano passare sotto a questi portici e percorrere queste vie perché hanno davvero un fascino incredibile. Sono estremamente attraenti e raccontano di storia e passato.

Ancora oggi qualche vecchina resta per ore affacciata ad una finestra osservando la vita che passa o donando briciole ai piccioni che regnano indisturbati tra queste case. In realtà si vedono quasi ovunque dissuasori messi apposta per questi volatili ma hanno ben poco successo.

Le sigle di un tempo, scolpite nel marmo o incise nel ferro, e diverse Madonnine non mancano mai ma è facile vedere anche parecchie fontane per queste vie.

Ovviamente tutte una diversa dall’altra. Ognuna mostra il gusto di chi le ha realizzate.

Spero che questo articolo all’interno dei cuori dei paesi della Valle Argentina vi sia piaciuto, io vi lascio un bacio storico e vado a prepararvi un nuovo post.

Squit!

Strade e stradine in lungo e in largo per la valle

Cari topi avventurieri, vi parlo sempre della mia Valle e di come io la giri in lungo e in largo zampettando da Nord a Sud, da Ovest a Est, ma poche volte vi ho raccontato di altre incredibili protagoniste dei miei luoghi, essenziali e senza le quali gironzolare sarebbe molto più difficile, se non impossibile!

strada drego andagna1

Sto parlando delle strade, ovviamente!

Be’, una cosa la vorrei proprio dire: per chi desidera imparare a guidare bene, la Liguria è sicuramente un’ottima palestra (e qui me la ghigno un po’). I poveri turisti che in questa stagione si avventurano sulla costa e sui miei monti sono spesso in difficoltà per le strade tortuose, strette e ripide di questi posti, e vorrei vedere! Non è certo semplice guidare in certi luoghi scoscesi, basta allontanarsi anche di poco dalla costa per imbattersi in qualche strada strettissima, a doppio senso di marcia (alternato, ovviamente) con un muro a secco da una parte e lo strapiombo dall’altra… roba per stomaci forti, insomma.

strada badalucco

Eppure, nonostante i mugugni, i “Belin!” e i “Santa Ratta!” che escono spontanei dalla bocca, le strade di campagna sono preziose per tutti i topi amanti del verde.

strada drego andagna

Ci sono strade che iniziano asfaltate e poi finiscono per attraversare il bosco più fitto, diventando sterrate.

strada beuzi

Ci sono strade piane, ma sempre un po’ curve per accarezzare le forme di un territorio sinuoso, a tratti aspro.

strada Realdo

Ci sono strade coperte di cemento a lisca di pesce per non far scivolare chi vi si avventura.

E ancora ci sono strade con una pendenza tale che a scenderle sembra di stare sulle rapide di un fiume, mentre a salirle si sfida la forza di gravità e ci si sente un po’ caprette e un po’ stambecchi.

Ma vedete? Anche questo è territorio, anche questa è cultura, quella di un luogo che si affaccia sul mare come uno dei più bei terrazzi panoramici.

strade liguri

E queste stradine di montagna sono talmente preziose che conducono fino al Saccarello, il monte più alto della regione, proprio qui, alle spalle del mare.

Sono sempre oggetto di discussioni, soprattutto nella brutta stagione, quando le frane le interrompono, e nella bella stagione perché hanno bisogno di essere pulite molto spesso dalla natura rigogliosa che subito le invade.

Quelle più impervie si ricoprono di uno spesso strato di ghiaccio o di neve, tanto che ci si può transitare solo a piedi servendosi di ciaspole oppure con topo-mobili adatte.

strada neve melosa grai.jpg

Ma come faremmo senza di loro?

A vedere certe case abbarbicate sui versanti dei colli ci si chiede spesso come ci sia finita una tana umana lassù. Forse con l’elicottero? O con qualche stregoneria? Ovvio che no, topi: su queste stradine si porta anche il materiale edile, su e giù e giù e su. Fino a qualche decennio fa si portava addirittura coi muli, ma oggi ci sono ruote e carrozzerie adatte ad affrontare certe pendenze. Noi Liguri ci ingegniamo sempre, sappiamo trovare le soluzioni più pratiche ai nostri problemi, lo abbiamo imparato dai nostri avi e da un territorio che è per noi una mamma generosa e severa al contempo.

strada panoramica passo teglia

Per cui, in conclusione, io vorrei davvero ringraziare con tutti i miei baffi, le mie orecchie e la mia codina sorcina tutti quei topi che si sono adoperati a creare ogni centimetro di strada, sia essa sterrata o asfaltata, in piano o in pendenza, e a quelli che oggi le mantengono decorose perché senza di loro la mia valle non sarebbe la stessa.

E adesso vi saluto, vado in esplorazione per voi!

Un  abbraccio sterrato.

Per la strada…

Se c’è una cosa che adoro molto sono i sentieri che, poco fuori dal paese conducono al cuore della natura.

Sanno di fiaba. Sanno di nuovo inizio. Di scoperte. Di fascino e mistero.

Cosa vedranno i miei occhi questa volta? Di cosa si nutrira’ il mio cuore? E il mio naso… quali profumi percepirà?

Uscendo dal paese, abbandonando il mucchietto stretto di case e inoltrandosi per i monti o nei boschi, ecco che penetra nelle radici quello aspro della resina e ora il dolce saluto del biancospino. E poi i profumi, secondo me, é come se avessero anche una loro temperatura. C’è quello più fresco dell’umidità e della macchia e quello più tiepido dell’ardesia e dell’aridita’ che circonda le malghe.

Perché ogni luogo ha la sua vita cari topi, e il proprio temperamento, che regala a chi sa vederlo. E io, non per vantarmi, ma posso dire che essendo una creaturina del bosco mi impegno sempre moltissimo per conoscerne il carattere, e mi viene anche spontaneo, sentendomi in relazione con lui e la natura tutta.

I sentieri sono il preludio alla meraviglia e mi intrigano. Mi piace scoprirli, percorrerli, ne rimango sempre estasiata e, fin dal primo passo, sento nell’animo lo scalpitare dei cuccioli curiosi.

Che belle queste strade… alcune battute, altre no. Sterrate, ricoperte d’erba, delimitate da alberi e fiori sempre diversi, in base alla zona.

Come dicevo, ognuna ha i suoi regali da offrire ma tutte portano alla pace; alla pace che Madre Terra sa donare. È la pace del silenzio, dell’aria fresca e pura, del vento che, qui, suona altri strumenti.

Amo moltissimo i borghi della mia Valle, ricchi di storia e cultura e curiosità ma, quando giungo davanti ad un sentiero come quelli che potete vedere in queste immagini un sorriso e un’espressione felice la fan da padroni sul mio muso.

Ogni volta mi aspetto qualcosa di bello e non vengo mai delusa. Anche a voi fanno questo effetto le stradine che dal paese portano a luoghi splendidi e incontaminati?

A volte il sole illumina, modificando i colori di quel mondo, altre volte invece, dalla luce si passa all’oscurità. Persino la bruma, spesso, è protagonista. Ognuno ha la sua bellezza data dall’atmosfera.

Pronti? Via! – mi vien da dire imboccandone uno. Una nuova avventura e, anche se quel percorso già lo conosco, sono sempre fiduciosa del fatto che, questa volta, vivrò nuove esperienze interessanti anche se solo con lo sguardo.

L’inizio. Il nuovo. Nuove cose. Nuove emozioni. La’, dove si pensa esserci una fine, la fine non c’è, si va avanti. Dove? Questo sarà una scoperta. Che bellezza! Mi viene da battere le zampette posteriori come Tamburino, il coniglietto amico di Bambi.

Le mie strade. L’affetto che provo per loro è indescrivibile. Le vivo come opportunità. Angoli della Valle che si mostrano a me come sorprese. Pacchi da scartare piano piano, ad ogni passo.

E, ovviamente, è un piacere portare anche voi ogni volta che ne intraprendo una.

Un bacio…. curioso e emozionato.