Fronté, Garlenda, Garezzo… che tour!

Ai confini di valli meravigliose, in mezzo a pascoli e pietraie, tra animali e fiori, respiriamo un’atmosfera magica e la bellezza esagera, quasi incontenibile, davanti ai nostri occhi.

Avete letto il titolo di questo articolo, avete letto nomi, avete letto di un tour… un’escursione che ora faremo insieme e, attraverso la quale, potrete conoscere un mondo che forse solo Heidi ha visto (oltre a me!). Io sono assieme a Topo amici, la compagnia giusta non manca mai e, assieme, ci divertiremo sicuramente.

Cosa sono il Frontè, il Garlenda e il Garezzo?

Il Frontè è un alto monte della mia Valle, come già vi avevo raccontato qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/15/ancora-in-alto-sul-monte-fronte/ e oggi sarà per noi il punto di partenza perché, cari Topi camminatori, una volta raggiunta la sua splendida vetta e aver goduto del panorama che regala bisogna preoccuparsi anche di scendere e tornare in tana.

Non occorre dispiacersi perché si potranno vedere ulteriori scenari meravigliosi che la Valle Argentina regala in ogni suo angolo.

Con lo sguardo possiamo abbracciare anche la Valle Arroscia, dirimpettaia dell’Argentina, i suoi paesi come Monesi e Piaggia ma possiamo scorgere anche il noto Monte Saccarello e la maestosa e conosciutissima statua del Redentore.

Persino il Rifugio Sanremo è visibile.

Non solo. È piacevole osservare attentamente ciò che rimane di diverse strutture Napoleoniche. Si capisce anche da qui che sono grandi e servivano da caserme. Ce ne sono su diversi crinali e, oggi, di loro, rimangono soltanto le pareti laterali e divisorie.

Le guardo incuriosita immaginandomi soldati e battaglie su quelle distese infinite che oggi, fortunatamente, parlano solo di quiete e gioia.

Appena si inizia a scendere ci si imbatte felici in un branco di cavalli selvaggi dai colori del manto assai rari. Uno sembra d’argento, luccica quasi. Altri sono biondi ed eleganti, altri ancora sfoggiano delle tonalità di un marrone che poche volte si vede se non in natura.

Alcuni di loro mi si avvicinano, mi annusano le zampe anteriori. Sono grossi, muscolosi, non altissimi ma robusti. Hanno lo sguardo dolce e curioso allo stesso tempo.

Dopo qualche scatto a tanta meraviglia si decide di proseguire e uno di loro ci segue per qualche metro.

Ci avviciniamo al Passo di Garlenda (2015 mt) e i monti di fronte a noi palesano un ambiente stupendo. Pascoli in discesa di un verde vivace, massi bianchi, gruppi di alberi che sembrano posizionati da mano sapiente, quella del creato ovviamente.

Per raggiungere Colle del Garezzo, là dove siamo diretti, dobbiamo prendere un sentiero tra sassi e ciuffi d’erba che scende parecchio.

 Se fatto a salire bisogna essere allenati.

Alcune pietre hanno forme e posizioni buffe;  rare sono le zone d’ombra esistenti grazie a qualche “custo” e piante solitarie.

È sotto una di queste piante che uno dei miei amici decide di fermarsi per scattare qualche foto al panorama. Si allontana da me ammirando le ricchezze del suolo come i colorati fiori e quello che lo circonda.

La sua passione per le foto lo trattiene diversi minuti e mentre lo aspetto decido di osservare attentamente alcuni insetti bizzarri che si nutrono del nettare di quei fiori.

È in quel momento che vengo attaccata anch’io, come i cavalli incontrati prima, da un Tafano sbruffone che decide io sia la sua colazione. Maleducato e indisponente.

Avendo però già raccontato questa mia disavventura qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2019/08/22/la-topina-e-il-tafano-vanaglorioso/ tralascerei tale nefasto ricordo e andrei avanti sia nel racconto sia fisicamente, a scendere, per raggiungere l’ambito Colle.

Avendo scollinato siamo ora davanti ad un altro spettacolo: quello dei profili dei miei monti e possiamo godere di tanto verde in questa stagione incontrando altri nuovi amici.

Continuiamo a scendere facendo attenzione a dove mettiamo le zampe. I lunghi e resistenti fili d’erba, coriacei come spighe, e le pietre nascoste, possono castigare.

Una volta raggiunta la strada sterrata e più grande, ossia siamo arrivati al Garezzo, si va verso Passo della Guardia dove abbiamo lasciato la macchina per poter così raggiungere Triora e tornare al Mulino.

Questo sentiero che abbiamo appena fatto lo si percorre all’incirca in un’ora e un quarto a salire. A scendere, ovviamente, molto meno.

Essendo giunta non mi resta che salutarvi lasciandovi ammirare le immagini che ho scattato per voi e che forse non rendono giustizia al luogo ma posso assicurarvi che è come vivere un sogno.

Un bacio dal Colle Topi! Vi aspetto per la prossima escursione.

La Topina e il Tafano vanaglorioso

Sì beh, mi rendo conto che parlarvi di un Tafano e non avere neanche una mia foto di lui è una figura un po’ barbina da parte mia ma, il signorino, di cui a breve vi parlerò, antipatico fino al midollo, non si è nemmeno lasciato fotografare. Avrei tanto voluto immortalare le sue sfumature blu e verdi, metallizzate, che brillavano sotto il sole (l’unica cosa che aveva di bello) ma non mi ha permesso neanche questo.

Fatemi raccontare come andò la mia avventura con Tafano che, a tutti i costi, volle il suo momento di gloria.

Una splendida mattina di sole, dopo aver sceso il crinale del Monte Frontè, passando dal Passo di Garlenda per raggiungere Colle del Garezzo, mi resi conto, come spesso mi accade in Valle Argentina, che tante erano le cose da fotografare in quanto bellissime. Anche Topo Fotografo, che era con me, ebbe la mia stessa idea e decise di allontanarsi di qualche metro da dove eravamo per scattare fotografie alla meravigliosa flora di quel luogo assai colorata.

Le zone d’ombra erano rare pertanto andò a imboscarsi in mezzo a un gruppetto di alberi che permettevano di percepire un po’ di frescura.

Eravamo su un terreno che scendeva ripido, tra massi chiari e ciuffi d’erba, un sentiero in cui Madre Natura offre tanti doni profumati.

Io decido di aspettare, il mio compagno di escursione sul cammino, ammirando diversi insetti che, laboriosi, si cibavano del nettare dei tanti fiori colorati e, proprio mentre sono incantata a guardare lo svolgersi di quelle attività naturali, un presuntuoso Tafano (maschio – buongustaio) decide di venirsi a nutrire attraverso lo sfruttamento di una mia zampa.

La “puntura”, che in realtà è un risucchiamento, è assai dolorosa, me ne accorgo subito e lo scaccio da me velocemente.

Mai nessun animale e neanche nessun insetto, per chiudere un insieme, si era permesso una tale sfacciataggine nei miei confronti. Ma non è finita qui.

Albagioso come pochi e determinato a succhiarmi la linfa vitale peggio di un vampiro energetico, l’audace moscone continuava a venirmi appresso per farmi succhiotti come un adolescente alle prime armi. Ebbene, dovete sapere che le femmine del Tafano (Tabanidae) pungono e succhiano mentre i maschi succhiano soltanto senza perforare.

<< Sciò! Sparisci! >> gridavo agitando le zampe per mandarlo via.

Cercavo di farmi sentire da lui ma anche da Topo amico che, probabilmente, sarebbe accorso in mio aiuto contro quell’insistente spasimante ma era troppo impegnato ad ammirare la beltà del luogo e quelli, lo so, sono momenti in cui anche arrivasse una tigre mi direbbe << Aspetta un secondo, stai ferma, scatto ancora due foto e arrivo >>. Mpf! Che vita dura quella della Topina!

Insomma che, da sola e indispettita, stavo iniziando ad arrabbiarmi sul serio. La zampa mi faceva male e un piccolo borlo rosso/violaceo la stava colorando. Davvero mi chiedo come si sia permesso quel tipo. Che strafottenza quelli che vivono in cima ai monti!

Decido di spostarmi. “Forse sono in casa sua e gli sto dando fastidio” penso. Niente. “Mancu pu u belin!” come si dice palesemente da noi, di cuore, di pancia, quando qualcosa non trova la fine.

L’indisponente e arrogante insetto mi seguiva agguerrito.

Sentii ad un tratto una vocina urlare << Sei mia!!! >> e, poco dopo, a quella frase, se ne aggiunse un’altra << Ragazzi!!! All’arrembaggio!!! >>.

Infatti, il signorino, chiamò degli amici e, dopo pochi secondi, ne avevo ben tre che mi ronzavano attorno. Sto brutto mostro peloso disgraziato!

Tirai fuori dal mio amatissimo – zaino delle meraviglie – una giacca e inizia a farla svolazzare in aria sbattendola di qua e di là per cercare di tener lontano lui e i suoi due compari. Avvicinandosi si sarebbero presi una bella giacchettata sulla testa e forse avrebbero capito la lezione.

Quando Topo amico resuscitò d’in mezzo ai tronchi immaginò fosse il caldo a farmi fare tutta quell’aria nell’aria. In pratica, nonostante la mia disavventura, venni scambiata per una pala eolica e quando con quasi le lacrime agli occhi e una voce tremula, nel tentativo di fargli più pena possibile, gli feci vedere cosa mi aveva combinato quel Tafano cornuto, lui semplicemente mi rispose << Sì, hanno punto anche me >> come se niente fosse, con nonchalance; si mise di nuovo in marcia passandomi davanti.

Con gli occhi a fessura lo seguii con sguardo minaccioso senza rendermi conto che avevo smesso di agitare la giacca come uno sbandieratore. I Tafani se ne accorsero e ricominciarono l’attacco.

Decisi pertanto di sgattaiolare il più velocemente possibile verso Topo Fotografo e continuare a scendere assieme a lui.

Oggi, è passato ben un mese da quel ciucciotto che mi ha fatto il tracotante Tafano ma, nonostante il tempo, porto ancora i segni di quell’”amore criminale”.

Forse ha ragione Topo Fotografo a dire che non era un Tafano normale ma un Tafano tatuatore! Ora che lo so, la prossima volta mi porto dietro quantomeno un disegno più carino da farmi tatuare sul corpo!

Poco prima, io e Topo amico, avevamo incontrato dei cavalli selvatici che, poverini, avevano molti Tafani sulla schiena e sul viso. Ora posso comprendere il fastidio che danno e anche il dolore che provocano!

I nostri vecchi, proprio rivolgendosi a questi animali, dicevano che per uccidere un cavallo, di Tafani, ne bastano sette. Forse era solo un modo di dire ma significava far comprendere quanto fa male un loro morso e io posso assicurarvi che non è piacevole per niente!

Vi mando un bacio meno violento di quello che ho ricevuto io Topi! Alla prossima (dis-avventura).

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