In quel di Vignago “Superiore” tra mele e rape

Le pagine fiabesche che la mia Valle può raccontare sono molte ma oggi il segnalibro è puntato sull’antico borgo di Vignago che vi ho fatto conoscere poco tempo fa perché c’è un punto di lui che ancora non vi ho mostrato.

Si potrebbe definire “Vignago Superiore” ma le case che lo compongono si possono contare sulle dita di una zampa e quindi si sorride pensando a quel “Superiore”.

Fatto sta che siamo sempre nei pressi di Corte ma non siamo nella località sotto la Rocca e chiamata – La Rocchetta -, dove un tempo il nucleo abitativo era maggiore, siamo più in su, dove la vita che scorre lo fa ancora come una volta, dove ad accoglierci ci sono alberi di Mele succose e zuccherine e Margheritine candide.

La natura attorno è di una bellezza disarmante e spalanca a noi le sue porte.

Si scavalca un piccolo rigagnolo d’acqua e se non si fa attenzione si entra nella proprietà privata di qualcuno. Un qualcuno che qui ha case bellissime, dal fascino davvero particolare.

I piccoli pergolati di Vite nascondono Zucche e panchine realizzate con i bancali e sembra quasi di essere in una di quelle riviste che parlano di case singolari.

Ci sono anche Viti che si arrampicano sulla ringhiera al fine sempre di dare quel tocco in più di magia.

Mi guardo attorno, ogni cosa che vedo mi stupisce: l’antica conigliera, i fiori, le corde, i tegami, i secchi usati come vasi per le piante.

Un tempo forse era l’unica soluzione, ora invece sarebbero considerati complementi d’arredo pregiati.

Ad attirare maggiormente la mia attenzione è però, senza dubbio, il grande casone realizzato interamente in paglia con il tetto di lamiera. Un capanno meraviglioso.

Forse un ricovero per attrezzi ma è bellissimo. Sembra proprio una casa delle favole con tanto di porta rigorosamente in legno.

Le pietre che formano le altre abitazioni invece è come se parlassero del loro passato e della loro storia. Devono aver visto molto da queste parti soprattutto per quanto riguarda la coltivazione.

Ancora oggi, anche se sono diventate dei prati, è possibile notare le terrazze nettamente addolcite dallo scorrere del tempo.

Ciò che adesso qui va più “di moda” sono le Rape. Ce ne sono ben tre orticelli dal simpatico aspetto.

I particolari che abbelliscono questo luogo sono tanti e, naturalmente, tutti molto antichi. Alcuni persino originali dell’epoca.

Anche i colori sono parecchi e non hanno nessuna intenzione di spegnersi.

Ci sono addirittura diversi fiori appena sbocciati nonostante le temperature si siano abbassate di molto rispetto a quest’estate. Evidentemente qui si sta davvero bene e lo si percepisce immediatamente.

In effetti la quiete è assoluta e il luogo aperto perciò il sole non ha che da riscaldare tutto il giorno.

Solo le Ghiandaie si permettono di rompere il silenzio con il loro crocidare. Che pettegole!

Qui si gode di un bellissimo panorama che mostra Triora adagiata sul monte di fronte. Dietro di noi invece si innalza il bosco e ci si sente protetti.

Accanto alle case alcuni fasci di legna sono già pronti per aiutare ad affrontare l’inverno.

Questa parte di Vignago è più luminosa rispetto a quella in basso. E’ anche più vuota e gode maggiormente del verde che la circonda.

La natura è variegata e si riconoscono diversi alberi da frutta. Tutto il necessario per evitare di recarsi in paese, ogni giorno, a fare compere.

Ora Topi non vi resta che dirmi se vi piace di più Vignago Inferiore o Vignago Superiore. Due località totalmente differenti ma entrambe splendide.

Immagino non sia facile decidere per cui vi lascio pensare. Io, nel mentre, vado a preparare un altro articolo interessante per voi! Alla prossima!

Squit!

Andagna che si mostra e accoglie

E’ bella Andagna, sapete? Sa di buono, di gente piacevole, di buon cibo, di allegria.

Ad Andagna gli Andagnin ci tengono allo stare insieme, al giocare, all’organizzare feste ed eventi.

Andagna

Lo sapete cos’è Andagna? E’ uno dei paesi della mia Valle, e io personalmente lo porto nel cuore. Ho passato la mia infanzia ad Andagna, quando ero ancora una piccola topina e, ancora oggi, ogni tanto, mi vede tornare.

Siamo a 730 mt s.l.m. e, durante gli inverni più freddi, qui nevica! Nelle serate agostine si è obbligati comunque a indossare il golfino, nonostante le splendide e calde giornate. Siamo a 730 mt d’altitudine e già si respira un’aria nettamente diversa rispetto ai paesi più bassi. Pura, fresca e che trasporta i profumi della legna o dei fiori in base alla stagione.

vie andagna

Molti pensano che il suo nome derivi dalla frase “Un posto dove andare”, che nel mio dialetto si direbbe “In postu dund’andà” ma, in realtà, il suo nome ha a che fare con due Sante molto care al paese: Santa Bega e Santa Gertrude. E, da come si può leggere sul sito di Andagna, dalla frase latina “Andanie apud septem ecclesias beatae Beggae viduae sororis sanctae Geltrudis” è stato creato appunto “Andagna”.

Il primo posto sul quale poggiare le zampe, una volta giunti ad Andagna, è la Croce. Un luogo così chiamato perché qui sorge una grande croce di ferro denominata “Croce del Porto” al centro di un piccolo prato. Una fontanella, dalla quale sgorga acqua freddissima ma preziosa, è stata costruita proprio accanto a essa. Qui siamo ad un bivio molto famoso.

fontana Andagna

Continuando a salire si arriva alla piccola Chiesa di San Bernardo e, ancora oltre, a quella di Santa Brigida per dirigersi poi verso Drego, Rezzo e riscendere a Imperia godendo di una vista mozzafiato. Andando dritti, invece, per la strada in sanpietrini che la nota Croce osserva ogni giorno dall’alba al tramonto, si entra nel centro del paese, dove ad accoglierci, vicino alla grande piazza, c’è la Chiesa di San Martino, una struttura religiosa ormai non più agibile a causa di un violento terremoto che la semi distrusse alla fine dell’800.

san martino andagna

In questa piazza, fino a qualche anno fa, regnava il più grande Ippocastano ch’io abbia mai visto e faceva ombra gradita a tutti gli abitanti.

ippocastano

La Chiesa principale che oggi ad Andagna raccoglie i fedeli durante le messe e gli eventi più importanti è la Chiesa della Natività di Maria Vergine, che è anche la patrona del paese.

andagna

Andagna sa di villaggio e si sviluppa verso l’alto come il guscio a chiocciola di una lumaca. Per giungere in cima si può passare dalla strada esterna e curva che permette di vedere in lontananza il paese di Corte, con il suo Santuario poco distante. E’ una strada asfaltata e offre edicole e gelsi, fiori e tornanti sinuosi. Proprio per questa via, molti anni fa, mi attraversò sfiorandomi le zampe una piccola biscia dai colori fosforescenti. Era gialla e verde e presumo la si potesse vedere anche al buio, tanto era sgargiante. Dal centro del borgo, invece, si passa sotto i carruggi, dove l’aria si fa più frizzantina, l’ombra oscura le case e, tra le pietre degli archi, dei gradini e dei contrafforti nascono minuscole margheritine.

carruggi Andagna

Come gli altri paesi della Valle Argentina è stato costruito anche lui in questo modo, a scopo difensivo. I Barbari, infatti, riuscirono a saccheggiare totalmente il primo abitato di Andagna, leggermente più piccolo di questo, il quale sorgeva proprio dove ora si trova la Croce del Porto.

Diverse vie, infatti, mostrano solchi a lisca di pesce per permettere alle persone di non scivolare e per lasciar fluire l’acqua a causa della ripida discesa che percorrono. Si fatica ad arrivare lassù, alle ultime case, ma ne vale la pena.

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Da lì parte un sentiero che attraversa il bosco ed è una meraviglia soprattutto in primavera ed estate, dove si possono ammirare tantissime specie di farfalle. Questo sentiero porta alla Chiesetta di Santa Brigida e agli antichi lavatoi e ritempra, palesando la natura più pura.

Andagna sentiero

Andagna passò dalle mani dei Benedettini, che diedero molto al paese, ai Conti di Ventimiglia come altre borgate di questa parte di Liguria. Fino al 1650 circa, anno nel quale riuscì a ottenere una totale indipendenza persino dal paese più conosciuto e rinomato, Triora, al quale Andagna apparteneva a livello comunale.

Ad Andagna i bambini possono giocare nel piccolo parco dove altalene e scivoli fan divertire, mentre gli adulti non perdono l’occasione di fare qualche partita a bocce nei campi sotto la piazza, poco prima della via che porta al Cimitero.

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Tutt’intorno si sviluppano le famose terrazze che accolgono le coltivazioni grazie alla loro tenuta attraverso i muretti a secco. Un tempo erano in molti, in paese, ad avere conigli, capre e galline e, in queste fasce, si raccoglieva anche l’erba da dare a queste bestiole. Nei pressi di Andagna, infatti, c’è erba ovunque tranne di fronte. Di fronte a lei si apre lo spettacolare scenario di monti meravigliosi che spesso stagliano i loro profili contro i colori accesi dei tramonti.

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Ho molto altro da dirvi di questo piccolo pezzo di paradiso, un borgo di pastori e contadini, ma non posso svelarvi tutto in un solo articolo. Perciò, continuate a seguirmi topi, Andagna ci aspetta ed è sempre pronta ad accoglierci.

Un bacio da qui!

 

Caino e Abele nella Valle Argentina

Questa è la storia (vera) di due fratelli che vissero in Valle Argentina, precisamente nei pressi del borgo di Loreto, verso la fine dell’800 e i primi anni del ‘900.

I due fratelli, il cognome dei quali iniziava per L. ma non posso svelarlo del tutto, vivevano in due case di pietra in uno dei punti più rocciosi della Valle. Siamo in Alta Valle, oltre Triora e poco prima di Realdo, dove le lisce e alte pareti di roccia oggi permettono scalate a chi ama arrampicarsi.

Non c’era terra e le loro dimore erano state costruite su dei costoni che si affacciavano sul torrente.

Uno dei due, il più anziano, coltivava un piccolo pezzo di terra davanti a casa. Un appezzamento molto prezioso, in quanto di terra, in quel punto lì, non ce n’era per niente.

Un giorno, il fratello più giovane, passando vicino alla campagna del maggiore, permise alla propria capra di divorare un cavolo di quell’orto e questo fece arrabbiare così tanto il più grande che prese una grossa pietra e la scagliò contro il fratello più piccolo e irrispettoso, colpendolo proprio alla testa. Non lo uccise, ma si fece ugualmente circa otto anni di duro carcere. Una volta uscito di galera, tornò in quella casa e rivide il fratello. Per niente soddisfatto e ancora pieno di rancore, questa volta gli tirò una badilata sul viso, ma lo ferì solamente a un labbro e quindi non venne messo in gattabuia.

Viene subito da pensare che questo fratello maggiore fosse davvero una persona cattiva, violenta e rancorosa, ma io, senza giustificare né giudicare nessuno, vorrei porre l’attenzione su qualcosa che forse sfugge ai più, ma che riguarda tutta la mia Valle.

Partiamo dal presupposto che non si fa del male a nessuno, così evito eventuali incomprensioni. Come già sapete, sono contro la violenza di qualsiasi tipo e verso chiunque, però una cosa che al giorno d’oggi non riusciamo più a comprendere è l’immensa ed estenuante fatica che un tempo, soprattutto in certe zone della mia Valle e di tutta la Liguria, si compiva nel cercare di creare spazi pianeggianti atti alla coltivazione per evitare di morire di fame. La Liguria è una regione morfologicamente molto difficile da coltivare. La Valle Argentina è culla, inoltre, del monte più alto di tutta la regione (il Saccarello, 2.201 mt). Questo indica come la mia sia una Valle che, in pochi chilometri, dal mare giunge ad alte vette, quindi potete capire come sia aspra e scoscesa, seppure bellissima. Durante la costruzione di terrazzamenti e muri a secco, per creare le famose “terrazze liguri”, strisce di terreno nelle quali seminare ortaggi e grano, si faticava assai. Cumuli di terra e grosse pietre pesanti venivano trainati con sforzi disumani, in salita, per chilometri e chilometri o a braccia o con l’aiuto di muli che, spesso, sfiniti anch’essi, dovevano fermarsi a riposare. Una volta trasportato tutto il materiale in alto con sangue e sudore, si iniziava il lavoro: si disboscava o si spaccavano rocce e falesie (a mano!), si scavava, e non c’erano di certo le ruspe, si  ergevano muri e poi si procedeva al riempimento con la terra che veniva poi battuta e smistata (sempre a mano!).

Ora, nonostante con questa spiegazione sia impossibile concepire veramente la fatica di quegli uomini, potete credermi se vi dico che ogni dono della terra, nato in quelle sottili strisce, era un tesoro dal valore inestimabile che permetteva il sostentamento.

Questo, lo ribadisco, non vuole giustificare l’atto del fratello maggiore, ma, proprio da chi è sangue del mio sangue, io non mi aspetterei un gesto così poco rispettoso come quello di far mangiare il mio cavolo a una capra che aveva ettari interi di bosco e brughiera nei quali sfamarsi.

Il gesto del fratello più grande, ripetuto poi attraverso la vanga, è sicuramente imperdonabile, ma non badiamo a lui per un attimo. L’importante, secondo me, è osservare con gli occhi dell’ammirazione e dello stupore quello che, oggi, nella Valle, ci circonda.

Quando notiamo le nostre montagne e le nostre colline trasformate in enormi gradini, soffermiamoci a pensare alla portata del lavoro di gente che ha sfamato anche i nostri nonni e i nostri padri. Se ci pensate bene, guardando questo territorio, ha davvero dell’incredibile.

Un caro saluto, Pigmy.

Incantevoli Contorni – e si ritorna a camminare –

Evviva! Proprio quel che si può definire una vera passeggiata. Finalmente! La prima dopo tanto tempo e, per farla ho scelto la campagna. WP_20150602_0244 km di natura che si svolge tutto intorno, a perdita d’occhio. Ve l’avevo promesso, ricordate? E’ stato bellissimo e quindi ve lo propongo sperando anche di farvi sorridere con le belle immagini che ho fatto per voi. Non vi servirà aver pranzato per camminare qui. WP_20150602_004Nella giusta stagione, per questa via, si trova davvero di tutto: albicocche, fragole, ciliegie, mirto, mele, ginepro, susine, more, tarassaco, finocchio. Un insieme di erbe e frutti da arricchire l’intera valle. Valle Steria, ad Est, di fianco alla mia. WP_20150602_026La via che percorriamo si chiama Via Imperia e congiunge i magnifici borghi di Villa Faraldi e Tovo e poi… poi volendo si, si scende fin giù a Chiappa e a San Bartolomeo al Mare e i chilometri aumentano ma non esageriamo oggi, magari la prossima volta. WP_20150602_029Partiamo quindi da Villa Faraldi che vi avevo già descritto qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2012/03/10/villa-faraldi-accoglie-fritz-roed/, chiamata anche “la Piccola Atene dell’Arte” dopo aver gustato un ottimo pranzetto (e si, ormai si era mangiato) e dopo aver fatto interessanti e simpatici incontri. WP_20150602_015Un asino nato da sole 24 ore, trotta e sgambetta giù per le fasce e la mamma non lo molla mai di vista. WP_20150602_017E’ agile e vivace con un’espressione dolcissima dipinta sul muso e appena si ferma vuole subito ciucciare un pò di buon latte. E’ insieme a tanti amici e si diverte un mondo. WP_20150602_012Per la strada regna il silenzio. Sono solo le 14:30 e anche gli animali riposano. Non si sente davvero volare una mosca. La strada è asfaltata ma la vegetazione intorno mostra campagne, boschi e panorami mozzafiato. Laggiù si può anche vedere il mare. WP_20150602_018Siamo di poco sopra i 300 m. sul livello del mare ma l’aria e l’atmosfera sono nettamente diverse. I fiori parlano al posto degli insetti e degli uccellini che solo verso il tardo pomeriggio iniziano a farsi vivi. WP_20150602_028Ce ne sono davvero di tutti i colori: il giallo della ginestra e dell’elicriso, il fucsia del pisello selvatico, il bianco delle rose rampicanti, tantissime. E il verde. Quante tonalità di verde ci sono! WP_20150602_023Solo un piccolo rio tiene compagnia con il suo scrosciare delicato in una cascatella veloce e senza sosta. Ogni tanto una panchina offre riposo e scorci appaganti per lo sguardo ma io sono stata brava e ho sempre continuato a camminare. WP_20150602_022Ecco, quello che invece manca, e lo dico per chi volesse venire a passeggiare per di qua, è una fontanella per bere. Vi consiglio di munirvi d’acqua soprattutto nelle calde giornate estive. A metà percorso si giunge a Tovetto, una piccola frazione di Villa Faraldi, ancora più piccola di Tovo ovviamente, da come suggerisce anche il nome. WP_20150602_020Eccoli là, quello in alto è Tovo e quello più in basso Tovetto. WP_20150602_031Le poche case presenti sono molto carine e ben tenute, decorazioni di piante e fiori le rendono incantevoli e qualche cane, da dietro ai cancelli, ci guarda ma è anche lui troppo stanco per abbaiare e continua la sua pennichella.WP_20150602_025 Gli orti ordinati e ben tenuti sono uno spettacolo per gli occhi. Adorabili, sembrano quelli di una fiaba. Quanto lavoro, quanta dedizione da chi ancora vive come un tempo.WP_20150602_033 I miei cari muretti di pietra sono ben visibili in luoghi così sistemati a dovere. Si riconoscono bene i pomodori, i peperoni, gli zucchini, l’insalata e tanta altra verdura. WP_20150602_027La frutta invece, come vi spiegavo prima, è più selvatica e spontanea e cresce a bordo strada. Ce n’è di tante qualità ma naturalmente, in queste terrazze tipiche del mio mondo, a regnare sono sempre gli ulivi. WP_20150602_032 Tovo è la nostra meta d’arrivo e parlottando e osservando tutte le specie di flora presente, si raggiunge abbastanza in fretta.WP_20150602_035 Una volta arrivati, una Piazza si apre davanti a noi e su una lastra d’ardesia che circonda un monumento ai caduti in guerra, si trova scolpito il gioco della “Tela” che in molti probabilmente ricorderete, con a terra dei sassolini bianchi da utilizzare al posto delle pedine. WP_20150602_034Prima di tornare indietro una partita si può anche fare, perchè no? Il ritorno è stato più vivace. WP_20150602_040Ora gli animaletti sentivano più fresco e iniziavano le attività laboriose sospese al mattino. Insetti, gazze e merli ci hanno tenuto compagnia svolazzando di qua e di là. WP_20150602_036Troppo veloci per riuscire a fotografarli! E’ stata davvero una bella passeggiata ritemprante e rilassante. E io mi sento proprio di essere stata molto brava. WP_20150602_019Ora non mi resta altro da fare che cambiare meta e organizzarmi per una nuova missione. WP_20150602_039Vi aspetto alla prossima quindi, ovviamente verrete di nuovo con me. Un bacio!

Una giornata sui prati… bianchi!

Non ho mai capito perchè questa località si chiama Prati Piani. Di prati, in realtà, ce ne sono pochissimi e tutti piccoli. E quei pochi che ci sono non sono nemmeno piani, bensì, in discesa. Bah! Non fa nulla, il posto è comunque stupendo.

D’estate, immaginatevi distese immense di verde chiaro. E’ l’erba che ricopre i monti! Ma c’è anche quello più scuro, delle Conifere.

D’inverno, distese… bianche.

Volevo mostrarvi come appaiono le coltivazioni tipiche della Liguria, le cosiddette terrazze, sotto la neve. Sembrano dei giganteschi scalini sporchi di polvere bianca e quello che rimane delle viti, dei piccoli rametti spogli e rinsecchiti, fa quasi tenerezza.

Siamo a circa 1.100 metri d’altitudine e, la temperatura, alle quattro del pomeriggio è a meno 7°.

Il sole sta già per calare ma fortunatamente non c’è vento.

E lui che solitamente, gelido, rovina le giornate fischiando prepotente. Non oso pensare durante la notte a quanto può scendere la temperatura. Il freddo è pungente. Tutto è ghiacciato. I lastroni di pietra, delle montagne che circondano la strada, sono ricoperti da stalattiti di ghiaccio. Sembra che tutto si sia fermato per uno schiocco di dita di Mago Tempo. Vita non ce n’è. Solo le nostre risate si sentono in tutta la Valle. Nemmeno un misero moscerino osa volare di questi tempi. Il silenzio è assoluto. Mi aspetto di sentire gocciolio di neve che si scioglie ma, nulla, nemmeno quello.

Siamo sopra Carpasio per la strada che va a Colle d’Oggia e a San Bernardino ma, se si va giù, verso destra, si può arrivare, pensate, alla città di Imperia.

La neve ricopre ogni cosa. I vecchi ruderi, ricoperti dal suo manto, sembrano ancora più antichi e solitari.

Verso la colonia di Prati Piani, aperta solo in estate ai ragazzi, cerchiamo una distesa ampia di neve. Topino e Topina vogliono rotolarsi e scendere utilizzando lo slittino ma, nonostante il freddo, la neve è troppo soffice e il loro programma svanisce sprofondando in 50 cm di candidi fiocchi ad ogni passo. Pare però che non si siano annoiati nonostante tutto. Con capriole, tuffi e rincorse a tutto andare, si sono divertiti tantissimo. Non aspettavano altro e, la cosa bella, per noi, è che siamo potuti giungere fin qui in solo mezz’ora di macchina.

La mia valle è così. Inizia dal mare che potete vedere nell’immagine qui sotto, offrendo spiagge, sole e attività più cittadine e finisce con la montagna, prima più collinare, e poi più aspra, dove ti regala un ambiente completamente diverso ma pur sempre magnifico. Dipende dai gusti.

E noi, abbiamo passato un pomeriggio meraviglioso.

Mi ha fatto piacere portarvi sulla neve insieme a me, una neve che non poteva mancare qui, dopo aver ricoperto quasi tutta l’Italia, adesso però preparatevi per la prossima avventura.

A presto e state al calduccio, dicono che ne arriverà ancora e che il freddo che abbiamo sentito è ancora nulla confronto di quello che sta per arrivare.

A tal proposito sappiate che, se qualche volta non riuscite a leggermi, è solo perchè mi si sono congelate le zampette.

Aiutoooo! Pigmy.

M.

Il Santuario di Evria

Questo posto topi è stata una scoperta anche per me.

Ricordate quando vi ho portato al Santuario dell’Acqua Santa sopra Montalto? La piccola Lourdes per intenderci. Bene, oggi andiamo oltre.

Sorpassiamo l’alta croce in ferro e il Santuario stesso e, percorrendo una stradina, ovviamente non asfaltata, tra i boschi, ci ritroviamo immersi tra gli Ulivi.

Continuando a camminare, presumo per giorni e giorni, arriveremmo al Monte Faudo ma, ci fermiamo prima perchè la nostra attenzione viene colpita da un piccolo Santuario bellissimo. E’ il Santuario dell’Evria.

Evria è il nome di questa zona sopra e di fianco a Montalto.

Penso di essere a circa 350 metri d’altitudine.

Così piccolo e sperduto se ne sta lì senza dire nulla. Nemmeno io lo conoscevo, poi, parlando casualmente con la proprietaria, perchè è stato fatto costruire da lei e non dalla chiesa, ho scoperto la sua esistenza e ho voluto rimirarlo meglio e più da vicino. La mia valle devo conoscerla tutta quanta!

La prima cosa che colpisce è la scritta, pitturata a mano, sulla sua entrata “Qual dolce… melodia. Ave Maria.” fatta fare da un pittore di Triora molto conosciuto nella mia valle e il tetto, anch’esso come tanti altri, in ciappe d’ardesia e assi di legno è davvero tipico.

Il suo interno è molto curato anche se questa cappella viene usata prevalentemente in estate per le messe dedicate ai cari parenti ormai scomparsi della signora.

Lo ha fatto rinfrescare da poco e ne è molto orgogliosa.

Sul piccolo altarino, protetto da un centrino bianco fatto a mano, all’uncinetto, la Madonna con Gesù bambino sono i protagonisti assoluti ma ciò che m’incuriosisce è un grande quadro sulla parete di sinistra del quale, cavoli, non so nulla. Si tratta di un meraviglioso ritratto di Maria arricchito da un’importante cornice in legno.

La gentilissima proprietaria di questo Santuario, mi racconta che, il marito, ha preferito fare intonacare i muri piuttosto che lasciarlo in pietra.

Si differenzia quindi dagli altri luoghi sacri della mia Valle, caratteristici di questa zona montana ma, non avendo usato ne’ Ardesia, ne’ Arenaria han preferito ricoprirlo rendendolo più originale rispetto alle classiche edicole.

Come vi avevo già spiegato, la nostra pietra, è importantissima e molto considerata.

Non usarla è quasi come “offenderla”, come mancarle di rispetto.

Questa sensazione, la patiscono soprattutto gli anziani del posto i quali hanno realizzato sempre, qualsiasi struttura, con queste due rocce.

Piccola e graziosa è anche la statua di Padre Pio al suo interno, in gesso, e pronta ad essere usata per le ricorrenze religiose.

Accatastate all’interno parecchie sedie. In estate, ci si siede mentre si ascolta la messa ma ora fa troppo freddo. Siamo in aperta collina.

Il paesaggio è tipicamente ligure e splendido. Il cielo terso fa risaltare il verde argenteo degli Ulivi e, le coltivazioni a terrazza, sembrano protette proprio da questo Santuario che domina su questa piccola montagna.

Siamo in inverno ma sembra di essere in primavera. E’ uno spettacolo.

All’interno questa cappella è pitturata di un caldo giallo ocra e, con il bianco delle pareti esterne, appare giovane e soleggiata. Insoliti colori ma a me piacciono tantissimo. Il giallo sembra messo con la tecnica della velatura e questo dona profondità al luogo.

Da dentro è illuminato da un lampadario formato da ceri che bisogna accendere con la fiamma. Non c’è energia elettrica. Fuori invece, può lasciarsi baciare dal sole data la pulizia intorno a lui.

Sulla punta del minuto tetto, una piccola croce in ferro, simbolo della religione cristiana, osserva costantemente il paese di Montalto e, più in giù, il frantoio, il ponte e il torrente Evria, omonimo del luogo in cui siamo.

Sono stata davvero molto contenta di aver scoperto un posticino così tranquillo e potermi così godere tutte le coltivazioni della mia Valle da quassù.

Solo l’abbaiare di un cane in lontananza echeggia, chissà cosa avrà visto? Io intanto ricomincio a scendere, quando la notte s’impossessa di questo posto sfido chiunque a tornare a casa con i tornanti non protetti che ci sono da fare e il bosco da attraversare.

Alla prossima amici topi! La vostra Pigmy Jones.

M.