Uluch Alì Pascià

Tempo fa, raccontandovi del paese di Civezza qui vi nominai il pirata turco Dragut. Vi parlai di lui perchè, nel 1564 saccheggiò il paese e i civezzini subirono la sua violenza e le sue angherie fino all’anno dopo, il 1565, anno della morte del terribile corsaro.

Celebre per diverse razzie, lo divenne anche Napoleone Bonaparte durante la campagna d’Italia nel 1796.

La mia terra, la Liguria di Ponente, era considerata un punto strategico sia per il commercio che per le proprie ricchezze e fu per questi motivi, attacchi marittimi e montani, che si decise di provare a difenderla con l’innalzamento di bastioni e fortezze. Ma nonostante questo, la Riviera, come tutta la Liguria del resto, continuava ad essere vittima di crudeli carnefici. A subentrare a Dragut, terrore dei mari, fu un giovane corsaro e ammiraglio ottomano che in fatto di sete di conquista e desiderio di onnipotenza non fu meno del suo maestro.

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Questo perfetto seguace nacque probabilmente in Calabria, a Le Castella, con il nome di Giovanni Dionigi Galeni nel 1519, ma tutti impararono a conoscerlo come il grande Uluch Alì Pascià. Di foto sue, ovviamente non ne avevo, quella che vi mostro oggi è stata presa da Wikipedia.

Tenace, sfacciato, coraggioso, uno dei pochi superstiti della battaglia di Lepanto comandando l’ala sinistra della flotta.

Ci mise poco a diventar famoso, fu infatti molto temuto e conosciuto come il suo predecessore e si può dire anche di lui che fu “terrore di tutti i mari”. In effetti, tutto il Mediterraneo era governato da lui.

Ogni costa che lui toccava conosceva la paura. La gente tremava al solo nominarlo ed ebbe ancora più forza nella seconda metà della sua vita divenendo comandante della flotta di Alessandria. Una carriera in totale ascesa. La sua potenza lo spinse addirittura a cercar di rapire il duca Emanuele Filiberto di Savoia e, la sete di conquista, lo faceva avanzare impavido sempre oltre.

Ci fu solo un luogo in cui Uluch Alì dovette arrendersi e tornare indietro e questo luogo è citato anche in molti libri storici. Un posto che si chiama Civezza e si tratta del bellissimo borgo “vicino di casa” della Valle Argentina.

I suoi abitanti subirono pene atroci ma combatterono con tutta la loro forza e la loro passione fino a raggiungere la vittoria.

Scacciarono il pirata e vinsero, con immani sacrifici e subendo gravi devastazioni, conquistarono la loro libertà. Non permisero a Uluch Alì di farli suoi, ne’ loro, ne’ il paese, ed egli, vinto, dovette andarsene.

Ma rientriamo in Valle. Il paese di Taggia, invece, non fu così forte o così fortunato e, dopo il saccheggio violento del pirata nel 1561, costruì ben otto bastioni per salvaguardarsi da ulteriori invasioni. Bastioni di cui spesso vi ho parlato oltre a quelli voluti in seguito dalla Repubblica di Genova.

Uluch Alì era davvero potente e Arma era una delle zone in cui lui si fermava sovente per poi inoltrarsi nell’entroterra e depredare gli altri villaggi. Ovviamente giungeva dal mare con tutta la sua flotta al seguito. Un personaggio da temere, conosciuto ovunque. Pensate che è stato addirittura citato nel famoso romanzo “Don Chisciotte” di Miguel de Cervantes.

Uomo violento e rinnegato ma famoso per le sue disumane prodezze. I nemici, amava decapitarli e incendiava tutto ciò che gli capitava a tiro.

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Il suo soprannome era Ucciali (Occhiali); così lo chiamava, storpiandone il nome, chi aveva paura di lui. La storia di un uomo che da semplice pescatore è diventato il nemico numero uno dei miei predecessori.

Questa è una parte di storia che ci interessa, ci vede in un modo o nell’altro, nuovi protagonisti. La storia di chi ha contribuito, nonostante mezzi bellicosi e ingiusti, a trasformare, in parte, i luoghi in cui oggi vivo. Nella seconda immagine potete vedere un pezzo del panorama di Arma di Taggia/Bussana con la fortezza dell’Arma come protagonista.

La storia di chi, ancora oggi, ricordiamo attraverso fortificazioni ma anche leggende e soprattutto feste e manifestazioni che altrimenti, chissà, non sarebbero probabilmente esistite. Giornate in cui si risente, con gioia e sentimento, la liberazione. Noi oggi, le viviamo ancora e ancora lo ricordiamo… magari senza saperlo. Sapere che era lui.

Uluch Alì Pascià topini. Buona giornata a tutti.

M.

Altro che scherzetto di Halloween!

Queste notti di pioggia mi fanno venire in mente una sera di qualche anno fa.

Ero nella tana da sola, mi capitava spesso in quel periodo, ora fortunatamente non più. Saranno state circa le 22:00. Da qualche giorno pioveva ma, come fosse stato fatto apposta, solo di notte. Pochi i danni, fogliame per le strade, nessuna stella in cielo e nessuna anima viva per le vie. Ero al computer e non c’erano disguidi alla linea elettrica.

A un certo punto squillò il telefono fisso.

Risposi: «Pronto?»

Non sentii nessuno dall’altra parte, solo una specie di click e un brusio, e allora ripetei: «Pronto?».

Iiniziai a sentire respirare in modo pesante e restai in ascolto. Dopo pochi secondi, dall’altra parte della cornetta, mi risposero in questo modo: «Prontoooo…..sono iooooo….prontooo!».

La voce era gracchiante, metallica, ansimante. Era sicuramente lo scherzo di qualche amico idiota e non mi preoccupai più di tanto.

Feci per posare il cordless sul tavolo ma squillò di nuovo. Ripetei la stessa parola di pochi minuti prima con tono più deciso: «Pronto?»

Attesi.

Ancora quel click e lo stesso brusio, come un collegamento che viene effettuato.

Questa volta la voce rispose prima: «Ciaooooo…. sono ioooo…. chi parlaaaa?»

La storia iniziò a piacermi poco, un amico non avrebbe continuato a schernirmi e perchè, poi, chiedere a me chi stesse parlando? Non dissi nulla, aspettai e la voce continuò: «Chi seiiiii? Chi seiiii?» .

Ero nervosa. Deglutii e d’istinto chiusi la comunicazione.

Mi guardai intorno, come ad aspettarmi di vedere una nera figura venirmi incontro. Iniziai a correre per le stanze, ad accertarmi che le finestre fossero ben chiuse e, mentre giravo il chiavistello alla porta d’entrata, il telefono squillò di nuovo.

Risposi, credendo di poter tenere sotto controllo le mosse del malintenzionato: «Pronto?!»

«Pig……!», click, ssshssh. Poi, silenzio. Era la mia amica, la riconoscerei tra mille.

Mi stava chiamando, ma non fece in tempo a ultimare il mio nome, qualcosa interruppe la comunicazione.

Cosa stava succedendo? La voce della mia amica era agitata, ma non potei finire di pensare. Quella voce, di nuovo, interruppe le mie riflessioni: «Sentiiiii….sentiiii….sono iooo….»

«Ma io chi?» domandai innervosita.

«Sono iooo! Ciaooo…sonooo… »  sibilò.

Chiusi, presi il cellulare e chiamai la mia amica.

«Pigmy, sono tre volte che provo a chiamarti, perchè mi rispondi e non parli?»

«Ma sì che parlo, però sento una voce gracchiante che continua a dirmi “sono io”!»

Dissi alla mia amica che quella voce, probabilmente maschile, era davvero fastidiosa, lasciava un senso di freddo nelle ossa.

«Hai paura?» mi chiese lei preoccupata.

«Non proprio, mi sono assicurata di aver chiuso tutto, ma sto bene. Eventualmente ti farò sapere, lascia il cellulare acceso.»

Tuttavia quella sera non accadde più nulla. L’indomani sera, però, si verificò la stessa scena, ad ampliare la suspense cerano i tuoni e i lampi che brillavano nel cielo nero.

Squillò il telefono fisso, erano le 21:00, questa volta.

«Pronto?»

Nessun click e nessun brusio. La voce iniziò: «Ciaooo…sono iooo….devooo parlartiii….» e nel mentre un respiro affannato, oppresso. Per dire due sillabe impiegava mezz’ora.

Non ne potei più: «Ma chi sei?! – urlai – La vuoi finire?!»

La voce mi rispose nel modo peggiore possibile:  «Non avereeee pauraaaa….»

Se in quel momento mi avessero fatto un prelievo, probabilmente non avrebbero trovato nemmeno una minima stilla di sangue dentro di me.

Dovevo chiamare i carabinieri? Non lo sapevo nemmeno io. E se fosse stato solo uno stupido scherzo? Forse potevo dire loro di mettere il telefono sotto controllo ma…. CSI esiste solo in America. Quelli, con tutto il rispetto, avrebbero iniziato a fare ciò che meno avrei voluto e, cavoli, dovevo finire assolutamente dei lavori per l’indomani.

Se avessi chiamato la mia amica, si sarebbe precipitata a casa mia e non volevo metterla in pericolo né spaventarla.

Mi risolsi che avrei fatto finta di niente. Avrei fatto credere alla mia amica che volevo prendere delle precauzioni.

«Ascolta, – le dissi al cellulare – non ha telefonato, ma richiamami lo stesso sul fisso. Anche se non mi senti parlare, dimmi una qualsiasi frase da far capire che in casa con me ci sono i miei genitori, io non parlerò, perchè di fatto non riesco a sentirti. Parla da sola, fai botta e risposta»

«Ok.» mi rispose lei convinta, e così fece.

Non so se fu quello a funzionare, ma quella sera non accadde più nulla.

Mi tranquillizzai e, non so come, andai anche a dormire.

L’indomani sera la scena fu la medesima, o quasi.

Driiiin…driiiin…

Alzai di botto lo sguardo verso la parete davanti a me.

Avevo il terrore a rispondere, ma allo stesso tempo, questa volta, avrei dovuto chiamare davvero le forze dell’ordine, non avevo più dubbi. Potevano fare ciò che volevano, anzi, sarei andata direttamente a dormire in caserma.

Di colpo non era più né uno scherzo né un malintenzionato: nella mia testa il misterioso interlocutore si era trasformato in un omicida seriale che aveva preso di mira proprio me, per ammazzarmi nel modo più cruento ch’io abbia mai visto in qualsiasi film dell’ hor……

Interruppi il mio chiacchiericcio mentale e risposi, sebbene fossi meno sprintosa delle sere prima: «P…pronto?» chiese la mia flebile voce.

«Pronto, signora Pigmy?» la voce era quella di una donna.

Mi destai immediatamente: «Chi parla?»

Quella che doveva essere una signora di mezz’età si presentò: «Signora Pigmy, mi chiamo Euridice.»

Chi strafunchia è Euridice?, mi chiesi con un’espressione incomprensibile in volto, ma me lo disse lei: «Ascolti, signora Pigmy, sono la figlia del signor Taldeitali. Vede, devo parlarle per un disguido che c’è stato.»

E se fosse la moglie del serial killer che verifica se sono in casa?

Non dicevo nulla, lasciavo parlare lei: «Io abito in via Vattelapesca, ha presente dove c’è il negozio di computer? Ecco, lì, al secondo piano. Mi chiamo Euridice Taldeitali, volevo avvisarla che i tecnici della telecom, quando l’altro ieri c’è stato quel problema per il maltempo, hanno collegato il suo numero di telefono alla nostra centralina. Penso abbiano invertito i cavi o messo tutti e due i cavi al suo numero.»

Stavo ragionando, non riuscivo a rispondere. Pronunciai solo un “Ah…” e allora lei continuò: «Signora Pigmy, mio padre ha provato a spiegarle, ma vede,  è stato operato alla gola e parla con una macchinetta che gli dà una voce artificiale…»

Non ho altro da dirvi, cari amici topi.

So che state faticando a crederci, ma è la verità! Mi trovai di colpo a provare due sentimenti contrastanti. Il primo era una tenerezza infinita per quell’uomo anziano, che poi conobbi e che avevo praticamente maltrattato; il secondo era continuare a chiedermi:

  1.  quante probabilità ci fossero che, tra milioni e milioni di linee telefoniche, con un temporale, dovesse saltare proprio la mia.
  2. quante probabilita ci fossero che, tra milioni e milioni di tecnici telefonici, l’unico idiota a collegare due numeri sulla stessa linea capitasse a me.
  3. quante probabilità ci fossero che, tra milioni e milioni di persone, si dovesse collegare la mia linea con quella di un uomo di circa novant’anni con la voce da robot grazie a un gracidante marchingegno.

In ultimo, tanto per darmi anche il ben servito, questa gentilissima signora mi disse anche: «Certo, Pigmy, che lei ha un nome davvero strano!»

Sorrisi, nonostante tutto:  «Già, ha proprio ragione signora E-U-R-I-D-I-C-E!»

Un urlo a tutti con abbraccio, perchè Halloween mi fa un baffo!

 

photo caterpillar.blog.rai.it

 

M.