La tomba di Chagall – il pittore dei colori del mondo

Vi ricorderete che un po’ di tempo fa vi portai a visitare una tomba? Era di un personaggio molto famoso che tutti conoscete ossia Charles Baudelaire, scrittore, critico e aforista francese (l’articolo in questione è questo, per la precisione: “Charles Baudelaire protagonista di diversi incontri”). Un personaggio davvero curioso. In quel tempo, girovagavo per Parigi, parecchio lontano dalla mia Valle, divenendo Topina di città per qualche tempo e anche oggi lo sono diventata per portarvi a vedere un’altra famosissima lapide e sicuramente più vicina ai miei luoghi.

Oggi, infatti, vi porto vicino alle mie zone, a Saint-Paul de Vence, dove già mi recai ma mai vi feci vedere dove venne seppellito il grande pittore Marc Chagall.

Marc Chagall, che gode ancora oggi di fama internazionale, fu fino al 1985, anno della sua morte, uno dei pittori più bravi a catturare la luce e a riportarla nei suoi dipinti insieme all’amatissima moglie che ritraeva in molte opere.

Nei suoi quadri infatti si scorge molta bellezza, colore e tanta voglia di vivere nonostante le oppressioni che subì, essendo di discendenza ebrea e precisamente di Vitebsk, allora sotto il dominio dell’Impero Russo.

Nacque e visse tra bombardamenti e razzie, ma nonostante tutto trasportava gioia sulle sue tele, anche se ammirandole e conoscendone la vita è facile osservarle con un senso di malinconia.

Naturalizzato francese, cambiò il suo cognome da Segal (il suo vero nome era Moishe Segal) a Chagall, ma prima di questa trasformazione divenne, per la Russia, Mark Zacharovič Šagal.

Visse fino all’età di 97 anni, morendo appunto a Saint-Paul de Vence dove si era trasferito e dove oggi, accanto alla sua tomba, regna un’atmosfera assai particolare, pregna di affetto da parte dei suoi ammiratori (soprattutto giovani) che lo ricordano come “il pittore dei colori del mondo”.

E’ un bellissimo cespuglio di rose rosa ad attrarre verso l’entrata del piccolo e ordinato cimitero. Chagall riposa eternamente proprio subito dopo aver varcato l’uscio, all’interno di una grossa tomba in cemento assieme alla seconda moglie Valentina detta “Vava” Brodsky Chagall e il fratello di lei Michel Brodsky.

Vava è stata meno amata rispetto alla prima consorte Bella, morta durante la Seconda Guerra Mondiale a causa di un’infezione virale, e fu proprio per sconfiggere la depressione che lo afflisse che per la vedovanza che Chagall si trasferì in Provenza, dove riuscì a ritrovare un po’ di serenità riportandola attraverso le tinte decise delle sue opere.

In Provenza ebbe anche un figlio prima di risposarsi con Virginia Edith Haggard, ma la storia tra i due durò per un tempo molto breve.

Chagall ora è qui. Ed è come se il suo manifestare un connubio tra il reale e il surreale esistesse ancora. Pare di percepirlo. I caratteri fiabeschi lo circondano anche adesso rendendo questo luogo quasi onirico. Tante le pietroline e i sassi disegnati e scritti, su questa lapide. Tante le frasi di chi lo ama e lo ha amato. Tanti i ricordi.

Una siepe, un grande angelo scolpito e lui: Marc Chagall, il pittore dei colori del mondo.

Un bacio, al prossimo tour topi! La vostra Pigmy.

Charles Baudelaire, protagonista di diversi incontri

L’aurora tremante in veste rosea e verdeSONY DSC

avanzava lentamente sulla Senna deserta

e la fosca Parigi, stropicciandosi gli occhi,

impugnava i suoi attrezzi, vegliarda laboriosa.

Parigi 2012,SONY DSC

Cimitero di Montparnasse, 14° arrondissement.

Mi soffermo davanti alla sua tomba. Lo hanno stranamente messo insieme al detestato patrigno, il Generale Aupick e la madre, amata e odiata, Caroline Archimbaut-Dufays. Lo hanno messo qui, nel 1867, dopo una breve vita da incompreso, secondo il suo pensiero, genio e sregolatezza, masochismo e dannazione. E’ nello stesso Camposanto che accoglie i filosofi e scrittori Jean Paul Sartre e la compagna di vita Simone De Beauvoir dei quali potete vedere la lapideSONY DSC nell’immagine qui a fianco; una lapide piena di gingilli e bigliettini, ricordi e preghiere. Ed è insieme a tantissimi altri personaggi ricordati e conosciuti, come lo scrittore Guy de Maupassant, l’attore Philippe Noiret, il politico Porfirio Diaz e tanti altri.

Charles Baudelaire scrittore, critico e aforista francese è stato un personaggio che mi ha sempre incuriosito. Quel suo essere così bohèmien, SONY DSCquel suo credere a ciò che voleva credere, quel suo bene e quel suo male a lottare instancabilmente l’uno contro l’altro come lotte intestine. E il bene nel male e il male nel bene. E ora questa lapide, mezza vuota, mal tenuta, con una spolverata di muschio sopra e un mucchio di foglie secche intornoSONY DSC. Qualche biglietto della Metrò, fermato da un sassolino che i turisti hanno pagato per arrivare sin qui e qualche cartina di sigaretta come a significare “A te Charles, amico mio… tu sì che saresti stato in grado di capirmi”.

Pare di scorgere questo dagli sguardi degli adolescenti che osservano la tomba senza forse sapere nemmeno veramente chi sia sepolto lì sotto, chi era il loro amico Charles. Questo cenotafio, che sembra un parallelepipedo, è lì, in mezzo agli altri, senza spiccareSONY DSC, senza farsi vedere. Parlo di Baudelaire in quanto è stato protagonista più di una volta dei discorsi tra me e Topoamico. Manco lo amassimo così particolarmente, poi. Ricordo anche nel primo incontro. Quella sera ordinai un Gin Tonic e me lo servirono con una apprezzata fetta di limone. Era estate e faceva caldo. – Chi beve solo acqua ha qualcosa da nascondere -, mi disse pronto lui pavoneggiando simpaticamente la sua cultura citando una celebre frase del poeta. Fu anche un modo carino per darmi della persona aperta e sincera. – Il peggior inganno del diavolo è quello di persuaderci che egli non esiste – gli dissSONY DSCi io, qualche tempo dopo, cercando di fargli aprire gli occhi su alcune persone e facendolo ridere. E quando venni qui, in questo boulevard, volli vedere dove stava colui che a noi ha fatto anche sorridere. Può sembrare strano, lo so, ma è così. E oggi vi ci ho portato, anche se immagino cheSONY DSC sicuramente avrete già visto dal vero la lapide di Charles Baudelaire, voi che siete più gironzoloni di me. E che impressione vi ha fatto? Un bacetto, topini.

M.

Una simpatica e terrificante canzoncina

Quando ero piccola, andavo in colonia a Molini di Triora. Suor Cherubina ci portava sempre al Laghetto dei Noci, un magnifico posticino formato da un grande prato, il torrente che scorre vicino a formare delle polle d’acqua e il ponticello in legno.

C’erano, e ci sono ancora, degli scivoli e delle altalene, ma noi topini non dovevamo solo giocare, bisognava anche lavorare. I maschietti, intagliavano i rami e i bastoni e li rassomigliavano alle vipere, e noi topine dovevamo ricamare. Punto erba, punto croce, mezzopunto… e via con quell’ago che andava freneticamente su e giù come un delfino che entra ed esce dall’acqua del mare.

Per farci passare il tempo e per non farci chiacchierare troppo, la suora ci faceva cantare. Cantavamo tante canzoni, ma una, più delle altre, mi rimase impressa così tanto che me la ricordo ancora adesso. Mi piaceva. E’ una canzoncina davvero simpatica, ma, viste le parole, non potevamo fare a meno di farci le facce brutte l’una con l’altra, fingendo di essere dei mostruosi fantasmi. Già, già… leggete!

“Era una notte d’acqua a catinelle, andavo in giro senza le bretelle

quando poi giunsi in un cimitero, com’era nero! Com’era nero!

E passeggiando di tomba in tomba, vidi una bionda, mamma mia che bionda!

Era il fantasma della zia Gioconda, che ripuliva la sua tomba nera e fonda.

I vermicelli freschi di giornata, la rosicchiavan come l’insalata

e gatto Piero, re del cimitero, com’era nero! Com’era nero!

E passeggiando di tomba in tomba, vidi una bionda, mamma mia che bionda!

Era il fantasma della zia Gioconda…..”

Bella vero? E dopo averla cantata in questo modo normale la cantavamo di nuovo usando solo una vocale alla volta: prima tutta con la A, poi con la E, la I e così via. Ad esempio:

“Ara ana natta d’acca a catanalla, andava an giara sanza la bratalla

canda pa giansa an a ciamatara, cam’ara nara! Cam’ara nara!”

E poi ovviamente, per il piacere del mio amico Pani, in ultimo, la facevamo tutta con la… U! Bellissima.

Provate anche voi, vi divertirete!

Un buciunu u tuttu!

M.