Carissimi Topini…

Ciao! Ciao! Ciao! Eccomi di ritorno, finalmente! Mi siete mancati, non sapete quanto. Che stranezza accedere nuovamente al mio blog e a tutte le vostre tane che ora verrò a visitare con un po’ più di calma. Mi sembra una vita fa… Mamma mia, quanto tempo! Purtroppo oggi non posso dedicarvi articoli, non ho post pronti da pubblicare, ma spero di tornare presto a farvi gironzolare nella mia Valle. Topononno è in ottima forma, ora; sta meglio di me e di tutti i miei familiari messi insieme. Grazie ancora per il vostro sostegno e i vostri saluti. In particolare vorrei ringraziare tutte quelle persone che tramite mail, commenti e addirittura il telefono, mi hanno fatto capire che mancavo a loro e non vedevano l’ora di ritrovarmi. Non me l’aspettavo, siete stati davvero unici. Persino Topoaico, l’altro ieri, con tono affettuoso, mi ha detto: «Guarda che ti cercano… Sembra proprio che gli manchi…», (vorrebbe averli lui degli amici così 🙂 si, si) e lo sapevo, e non vedevo l’ora di poter di nuovo venire qui da voi. Amici cari! Preparatevi, eh?! Nei prossimi giorni dovrete venire a vedere tutto quello che mi son detta “questo devo metterlo sul blog!”.

E allora non mi resta altro che mandarvi un bacione e aspettarvi, magari già domani, con il primo articolo (dopo tanto tempo) che spero vi piaccia… e che spero di riuscire a prepararlo! Lo avevo accantonato per voi come bozza, non dovrei aver problemi.

Baci, baci, baci Topini, il vostro incubo è tornato! Smack!

M.

Lo Spaudo e il Ciaravuglio

Pensate forse, gagliardi Cavalieri, di poter venir nella Valle Argentina, prender la damigella che più vi aggrada e andarvene tranquillamente come se nulla fosse accaduto? E quelli che rimangono? Come fanno con una possibilità in meno di maritarsi? E voi signorine? Per voi la situazione non cambia. Il bel giovanotto, da voi scelto, va pagato, in un modo o nell’altro. Oh si! Queste son le regole della mia Valle. Non le conoscete? Male! Sedetevi comodi allora che vi racconto come dovete fare. Eviterete di essere rincorsi e presi a pallettoni come è successo a parecchi, molti anni, prima di ora:

Innanzi tutto bisogna dividere bene l’uomo dalla donna. Non fate ‘sta faccia strana… i ruoli intendo!

Il primo deve rispondere alla cosiddetta legge che risponde al nome di Spaudo (U Spaudu) come consuetudine e tradizione vuole Una tradizione molto nota fino al secolo scorso. Per la seconda invece, il termine di questo “pagamento” cambia e viene così a chiamarsi Ciaravuglio (U Ciaravuju).

Lo Spaudo è il più conosciuto tra i due. Era solitamente l’uomo, il cacciatore, che andava in cerca della donzella prediletta piuttosto che l’inverso.

Questa usanza del riscatto, per chi decideva di maritare una ragazza della Valle Argentina, era da corrispondersi ai coetanei della fanciulla che, ora, vedevano svanire un’opportunità di matrimonio, con una compaesana. E solo loro potevano decidere l’ammontare della pena. Il riscatto, era da corrispondersi solitamente in denaro, cibi e bevande oppure, per quanto riguardava le femmine, scambiandosi giornate di lavoro. Al debitore conveniva non venir meno!

In tanti sono stati rincorsi con lo schioppo e, una volta, c’è scappato anche il morto. Non solo, ma fin tanto che costui non si decideva ad – aggiustare i conti – e pagare il debito, veniva disturbato tutte le notti da gruppi di ragazzi del paese che, a turno, e sotto la sua finestra, si trovavano per cantare a squarciagola “serenate” ben poco apprezzabili verso il povero malcapitato. Un malcapitato che qui da noi assumeva il nome di “u fuesteu” (Il Forestiero).

Dello Spaudo, ne parla anche il Secolo XIX ritenendolo un’usanza importante: “… Si tratta di un’usanza che interessa e individua la solidità dell’unione comunitaria. Unità che si rompe momentaneamente quando un matrimonio con un forestiero comporta da parte di una giovane, l’abbandono del paese cui viene tolta una possibilità di matrimonio… I giovani, coetanei della sposa, giungono armati alla cerimonia: gli spari sono segno di allegria, ma all’origine testimoniano la volontà di scaricare le armi non essendo ostili al nuovo venuto, lo sposo. Tutto si conclude con bevute di acqua e di vino e con l’offerta di una sommetta da parte del neosposo ai ragazzi. …”. Uno Spaudo finito in bellezza questo raccontato dal quotidiano.

L’ultimo nella mia zona, mi sembra di aver capito attraverso varie ricerche e racconti, è accaduto a Badalucco nel 1990. Il riscatto, al neosposo, è costato seicentomila lire. Normalmente, mentre viene pagata questa specie di “penale”, gli scapoli rimasti vanno a gustare un pezzo della tipica Sardenaira in un ristorante in onore dello sposo e brindano alla sua salute. Questo retaggio medievale nasce da una consuetudine che proibiva ai contadini di contrarre matrimonio al di fuori del feudo perché ciò causava un indebolimento demografico in alcune zone e in tempi in cui il problema era la mancanza di popolazione. Ma purtroppo, spesso, non ci si ferma lì. In alcune regioni e in alcuni periodi degli anni che furono, lo Spaudo (che saprete, non è esistito solo qui da me), anzichè un avvenimento simpatico da poter festeggiare, si trasformava in una vera e propria violazione dei diritti familiari e della persona ma, col tempo, questa piega, fortunatamente andò attenuandosi.

Da alcuni vecchi statuti, guardate addirittura cosa si legge:

da SanRemo “De non percutiendo sponsos vel sponsas” – Non si picchi né lo sposo né la sposa –

da Albenga (si faceva di peggio) “Nemo audet proicere lapides citronos aut alia res” – Nessuno osi lanciare pietre o cedri, quando sono davanti all’altare –

Da Lingueglietta, in ultimo, si scopre che, oltre alle pietre usavano pugni e ceffoni (cum pugillo sive manu)… usciti fuori della chiesa gli sposi, certamente, venivano ammazzati!

Io penso che per attutire tale usanza si pensò bene di offrire un lauto banchetto ai giovani pretendenti della sposa. La rappresaglia dei competitori, contro il vincitore nella lotta d’amore, si è trasformata presto nella classica bustarella, soffocando così la rivalsa.

Preparatevi quindi, mettete da parte i vostri risparmi se decidete di venire a contrattare da queste parti, non si sa mai cosa potrebbe capitarvi altrimenti.

Un bacione, alla prossima!

Ringrazio gli anziani che si sono prestati a raccontarmi queste storie, ringrazio Bruna e Giampiero che hanno vissuto queste vicende nel paese di Montalto Ligure e alcune nozioni sono state prese da spaudos.blogspot.

M.

L’Epifania da Civezza

Cari topi,SONY DSC oggi vi porto nella valle adiacente alla mia, quella di San Lorenzo e, precisamente, nel piccolo ma caratteristico borgo di Civezza, un paese che domina, in mezzo a secolari SONY DSCpiante d’Ulivo, gran parte di questo aperto vallone baciato dal sole. Andiamo qui perchè, tra poco, cioè domani, il 6 gennaio, sarà il giorno in cui anche questo paese festeggerà l’Epifania, ossia la manifestazione di atti miracolosi e, per così dire quasi incredibili, compiuti da Gesù. Primo fra tutti, l’adorazione dei tre Re Magi: Baldassarre, Gasparre e Melchiorre portatori di preziosi doni.

Ebbene si, avete capito quindi che, questa giornata, non è soltanto dedicata alla vecchina “…che vien di notte con le scarpe tutte rotte…“, chiamata Befana, maSONY DSC è una vera e propria festa della religione Cristiana, celebrata, così come tutto il Natale, con l’esposizione dei presepi nei borghi dei nostri territori. Presepi artificiali o fatti a mano ma tutti meravigliosi.

Tanti quelli viventi, quelli in movimento, quelli di legno, di carta, stilizzati, realistici, insomma, ce n’è per tutti i gusti ma io, quest’anno, vi voglio far conoscere questo. E voi vi chiederete perchè io sia SONY DSCvenuta proprio qui.

Anche nella Valle Argentina ci sono i presepi e fantastici, credetemi, ma ho voluto cogliere l’occasione simpatica e festosa di farvi conoscere questo paese perchè ha, e ha avuto a che fare, anche con la mia Valle perciò ecSONY DSCcomi qua.

Siamo in piazza San Marco, entriamo nella piccola Chiesa bianca e rosa, che già ci accoglie con le porte aperte, una bella insegna davanti e, subito, uno scrosciare d’acqua e tante luci attirano la nostra attenzione. Ehi, guardate! Le statuine si muovono davvero!

Guardate, guardate, la panettiera ha appena sfornato una michetta dal forno a legna e SONY DSCquel fabbro stà battendo su di un’incudine rovente! E che buffo il pastorello che cammina fischiettando! E ci sono le pecore e le galline, le stelle, le case e i paesi interi. Persino una pianta di cachi per abbellirlo… la stagione, in fSONY DSCondo, è quella giusta!

E cosa potrebbe esserci di meglio del Muschio verde e i ramoscelli di Ginepro? Nulla. Sembrano dei veri alberelli. Se si pensa che tra qualche giorno tutto questo verrà smantellato… e sì, lo sapete anche voi: “arriva l’Epifania e tutte le feste se le porta via!“. Dispiace davvero tanto.

Quanto impegno, quanto lavoro. I monti di carta, i palazzi dei nobili creati coSONY DSCn il cartone, i sassolini colorati e il polistirolo. Le casupole più povere e una pompa che permette ad un’acqua limpida di scrosciare giù per una discesa azzurra per poi andare a formare un laghetto dove stazionano dellSONY DSCe piccole barchette a vela. Le vele sono fatte con della stoffa e dei legnetti.

E, a proposito di legnetti, ci sono davvero i piccoli cocci di legna da ardere! Tutti ordinatamente accatastati sotto qualche balcone.

Mi hanno colpita i panni stesi, o quelli piegati con cura, di un venditore ambulante e i musicanti che soffiavano forte nelle loro cornamuse, come in un mantice.

Il presepe, non è l’unico emblema di questa festa. Anche laSONY DSC famosa calza che si riempie di doni lo è. Anche il carbone dolce per i topini monelli lo è. Anche l’accensione dei fuochi augurali lo è. Ma nulla, come la stella cometa che guida i tre Re, dovreSONY DSCbbe essere più simbolico. Cioè la sua manifestazione appunto. Il rendersi visibile.

Pensate, l’Epifania è considerata festa di precetto. Con l’Epifania, si celebra la prima manifestazione della divinità del Cristo all’intera umanità. Con la nobile visita che riceve, l’offerta di doni altamente significativi e l’adorazione di un intero popolo e i suoi autorevoli esponenti, questo unisce il mondSONY DSCo ebraico ad altri popoli occidentali.

Questo è stato riconosciuto come un avvenimento di fondamentale importSONY DSCanza per la tradizione Cristiana che ha trovato riscontro in numerosissime pitture, scritti e sculture. Lo stesso presepe è spesso protagonista di opere d’arte, oppure è lui stesso, un’opera d’arte. Potete forse dire l’inverso? Con le tegoline adagiate una per una sui tetti? Con i ciottoli che formano un sentiero? I ponti, le staccionate, la verdura e le scalette? E la sua grandezza. Dalla congeniale forma ad elle, era sicuramente lungo 5 metri e largo 1,5. Per nulla piccolo.

Magia per bambini e per adulti. Siamo nel paese delle feste e del divertimento, dove addirittura viene invitato il circo che conSONY DSC questo sito vi presento http://www.circopaese.it a vivere il borgo; poteva forse mancare uno splendido presepe? E allora topi, con queste immagini, che spero vi siano piaciute, io vi lascio ad ammirare ancora un po’ ciò che è stato creato per simboleggiare sì la Natività, ma anche una festa giocosa e ilare come quella dell’Epifania.

Epifania, che giunge una sola volta. InsomSONY DSCma, spero che Signora Befana, che in questo post è stata dirottata con la sua scopa verso altri lidi e totalmente detronizzata dalla magia del presepe non ce l’abbia con me! In fondo, è già protagonista indiscussa per tutti i bimbi e in tutti i camini che tengono appese calze colorate! Pensate a come sono messa male io che ho i Topini con 4 zampette a testa! Topini fanno solitamente le statuine per il presepe ogni anno nuove. Con l’argilla, il pongo, la plastilina o il didò. Artisti. Stà diventando meno usuale mi pare.

Mi riferisco alle illuminazioni di notte, sulle colline, a formare Maria e San Giuseppe, non ci sono più. Mi riferisco alle vetrine dei negozi un tempo innevate dal cotone che rendeva bianco il popolo di statuine, non ci sono più.

Io per la prima, ho ridotto di molto l’ambientazione ma, al Bambin GesùSONY DSC, i pargoli, non vogliono rinunciare. E’ per questo che, quando ho visto il bel presepe di Civezza, ho pensato di dedicargli un articolo. A lui e all’Epifania.

E con quella musichetta come sottofondo, sembrava quasi di essere in un’altra dimensione. E voi, lo faSONY DSCte il presepe? Vi limitate ad addobbare l’albero o non avete fatto nulla quest’anno?

Qualsiasi cosa abbiate creato, godetevi quest’ultimo giorno di relax prima di ricominciare il vostro tran tran quotidiano.

Un bacio a tutti. Vi auguro una buona festa e vi auguro di ricevere tanti, tanti dolcetti. Il che vorrSONY DSCà dire che siete stati buoni! La vostra Pigmy.

M.

Giochi di un tempo

Eh! Topini… nella mia valle non si scherza mica! Quando d’estate ci sono delle sagre o delle feste, si fanno le cose in grande, organizzando addirittura tanti tanti, giochi per i piccoli topini. Loro, vengono prima di tutto.

E quindi si mangia, si beve, si canta, si suona ma poi si gioca! Si gioca a più non posso! E, ovviamente, non si utilizzano i giochi moderni e tecnologici di adesso… no, no. Tutto ritorna come un tempo dove il pallone è l’indiscusso protagonista ma il divertimento lo si ha anche cercando di colpire colorati birilli o tirando un cerchio intorno al collo di una bottiglia. Si può anche riempire un secchio d’acqua, a furia di mestolate, correndo con il cucchiaio pieno cercando di perdere meno acqua possibile e, sempre con il cucchiaio ma questa volta in bocca, si deve trasportare un uovo senza naturalmente farlo volare giù. E poi c’è il gioco del fazzoletto e il gioco dei mimi, ma ditemi, quanti di voi non hanno mai partecipato a una sana corsa nei sacchi o ad un, spesso dolorosissimo, tiro alla fune?

I topini di adesso, inoltre, sono un pò com’eravamo noi una volta sapete? Io vedo che si divertono un mondo in quei momenti e non pensano davvero ad altro! E allora mi vengono in mente le mie giornate estive passate ad Andagna quand’ero una piccola topina anch’io.

Mi ricordo quando dovevo fasciare l’amica di turno con la carta igienica il più veloce possibile. La mia compagna poi, trasformata completamente in una mummia, doveva di corsa andare dall’altra parte del palco o del giardino, saltellando a gambe tese e cercando di accaparrarsi la vittoria ma, correre con le braccia e le gambe legate non era per niente semplice! E c’era chi cadeva, chi andava completamente dalla parte opposta e allora, quante risate!

Poi c’era il gioco più romantico di tutti. Quello della mela. La famosa mela da tenere sotto il mento con le braccia legate, e il topino che ritenevi più carino fra tutti, se decideva di giocare in coppia con te, doveva portarti via il frutto (proibito!) utilizzando solo la forza del suo collo.

Ah! Ricordo bene quando nella testa partiva immediatamente la colonna sonora “Reality” del film: – Il tempo delle mele -. Che emozione!

E insomma, ora che è giunta l’estate bisognerebbe proprio approfittarne. In fondo basta un prato, un pò di spazio e via! Di divertimento ce n’è per tutti, perchè anche per chi rimane solo a guardare, ci sono un mucchio di risate da fare!

Beh… insomma… tanti giochi a tutti! La vostra Pigmy.

M.

Pigmy Jones e il muretto impraticabile

Eccomi qua, pronta a raccontarvi la mia ennesima topoavventura. Questa volta, il primo che ride lo banno e non lo faccio più entrare nel blog, sappiatelo.

Allora, l’altro ieri, un bel pomeriggio di fine aprile, Pigmy e tutta la sua allegra famiglia di topolini decidono di andare a fare una bella scorpacciata in montagna. Una volta riempite le pance, avrebbero camminato lungo un bellissimo sentiero nel bosco fino a un santuario in mezzo a un prato, dove i cuccioli avrebbero sicuramente dato sfogo alla loro felicità.

Portiamo con noi il nocciolo-pallone. Chiunque avrebbe volentieri dato due calci a quella cosa pseudo-sferica che ruzzolava un po’ ovunque. Arriviamo davanti alla chiesa. Le piante, i fiori e il panorama sono bellissimi e, davanti al santuario c’è una bellissima Madonna azzurra che…. avrebbe dovuto benedirmi, ma probabilmente quando mi ha visto si è girata dall’altra parte.

Avrei visitato volentieri l’interno della chiesa, ma era chiusa, per cui, dopo averci girato intorno, ci siamo accomodati sulle panchine di legno mentre i piccoli giocavano instancabili. A un certo punto, il pallone scappa sopra a una sorta di alto terrazzamento. Un muro di pietre e delle rocce lo frenano e il pallone rimane incastrato tra le radici delle piante. Con un lungo bastone riusciamo a tirarlo giù per ben due volte. La terza volta, ahimè, il pallone, vola ancora più in alto, nella boscaglia e il bastone, a quel punto, non serve più. Bisogna arrampicarsi su quel muro, alto quasi tre metri, e arrivare così ai piedi del bosco.

Chi parte per arrampicarsi? Io, naturalmente. Tsk! Che problema volete che ci sia? Sono cresciuta arrampicandomi ovunque: alberi e muri, per me, non hanno mai avuto segreti.

Vado tranquilla. Primo piede, mano. Secondo piede, mano… l’agilità di una topina è indescrivibile, ve l’assicuro. Et voilà, arrivo in cima in un batter d’occhio, nessun problema, ormai ho da fare l’ultimo slancio di gamba per poter davvero dire di essere  nel bosco. Lo slancio l’ho fatto, sì, peccato che l’ultima pietra sulla quale poggia il mio piede fuoriesca da quel perfetto puzzle tridimensionale. Cade al suolo, lasciando entita il vuoto sotto di me. Mi faccio forza con le zampe anteriori, ma la pietra, creando un buco nel muro, fa sì che tutte le altre pietre la seguano.

Sono riuscita a devastare un’opera d’arte di anni e anni fa.

Cado come un sacco di patate, tre metri di volo. Rovino per terra, le pietre tutte addosso e ovunque intorno a me. Picchiano così forte da sembrare una lapidata, in quel momento. Topobabbo con la sua topocompagna e i topini rimangono letteralmente senza parole.

Mi rialzo in men che non si dica per non farli spaventare. Topino stava già per mettersi a piangere e allora mi son messa a ridere prendendomi in giro da sola. Topina, invece, assorta com’era a contemplare una mosca, della mia rovinosa caduta non je ne poteva frega’ de meno. Che donna! Anche topobabbo, per cercare di salvarmi si è preso qualche pietra addosso, ma per fortuna non è successo niente di grave.

Non mi sono fatta nulla e quindi, imperterrita, torno a riprendere il pallone che era ancora là. Questa volta devo passare dalla roccia rimasta, non ho altra scelta. Mi arrampico nuovamente ed eccomi in cima, come una conquistatrice testarda pronta  a prendere la palla colorata.

Mi accuccio per afferrarla con le mani e, all’improvviso, tutto il mio braccio, la mia coscia e il fianco iniziano a riempirsi di un sangue rosso vivo che gocciolava, anzi sgorgava, incessante… dalla mia testa! Niente panico… l’unico problema sono i topini, provo a evitargli la scena, ma è così copioso che tutti gli altri topi non pensano ad altro che a me.

Ridiamo loro il pallone e li mandiamo a giocare, ma non sono intenzionati a obbedire. Topino accorre alle borse per cercare dei fazzolettini di carta. Il mio amore… (topini svezzati e pronti a tutto). Tutti mi prendono e mi buttano la testa sotto una fontana di  acqua ghiacciata. Per fortuna!

Topobabbo è preoccupato, non riesce a capire da dove esca il sangue perchè è così tanto che sono completamente rossa ovunque: testa, orecchio, collo, capelli… tutto. Mi lava, mi tiene premuta la ferita… insomma, è eccezionale, considerando che anche lui ha un polso gonfio per via di una pietra che gli si è rovesciata addosso nella mia caduta. Decidiamo di tornare indietro e la gentilissima coppia di gestori del ristorante nel quale abbiamo mangiato mi offre del ghiaccio. Non voglio altro, capisco di stare bene e, dopo circa un’ora, la ferita inizia a rimarginarsi. Ora scende solo una gocciolina di sangue ogni tanto.

Dallo zampillo che faceva prima, sembrava quasi che qualcuno avesse sgozzato un vitello! Non immaginavo che da un taglietto in testa potesse uscire così tanto sangue. Probabilmente, oggi il santuario non ha voglia di essere rimirato, oppure non ci sono più i Romani che fanno i muretti come si deve.

A parte gli scherzi, quel muro dietro era vuoto, mai visto un muretto così. Anche le nostre terrazze sono pietre appoggiate soltanto, ma sono ancorate al terreno… Babbo dice che quelli si chiamano muri morti. Ho imparato una cosa nuova e pensate che, prima di andare via, abbiamo anche dovuto ricomporlo, altrimenti guai a lasciare davanti a un luogo sacro uno scempio simile: i miei amici della valle mi avrebbero inseguita per mari e per monti.

Comunque io sto bene, davvero. mi sento solo la schiena e la gamba un po’ indolenzite, ma la testa sta bene. Ce l’ho dura! Per ora, dunque, posso ancora continuare  a scrivere i miei post.

Va be’, dai, prima scherzavo: potete ridere, se volete. Ho riso anch’io pensando alla caduta, perchè credo di essere stata buffissima. Chissà se ho fatto il triplo carpiato? E topobabbo mi ha detto: «Pigmy, te l’ho già detto mille volte che sei un Jerboa e non uno scoiattolo volante!».

Un bacione a tutti!

Vostra Pigmy

M.

Monotonia nelle fontane ma fantasia nei vasi

Rimanendo a Verdeggia, volevo farvi notare alcune cose caratteristiche di questo borgo che non passano certo inosservate. Iniziamo a guardare, nel nostro tour, la creatività e la fantasia dei verdeggiaschi.

Guardate dove mettono i fiori e cosa utilizzano come vasi. Di tutto! Il tronco di legno, scavato e riempito di terra e addirittura uno sciacquone, una vaschetta per l’acqua del gabinetto, pitturata e messa in bella mostra. Eh, nella mia valle non si butta via niente! E queste piantine grasse, che scendono a cascata, sanno adattarsi in modo davvero incredibile. Ma ho anche visto bidoni di pittura, carriole e persino un lavabo, tutti pieni di fiori colorati! Perchè spendere soldi in vasetti di plastica tutti uguali?

La stessa genialità non è stata dimostrata nella costruzione delle fontane. Quella che vi mostro è soltanto la sesta o settima che ho visto in giro per il paese. Ce ne saranno una decina e sono fatte tutte così. Ho anche visto una targa di ringraziamento ottonata, nella quale si possono leggere i nomi delle cave più importanti della mia valle che hanno contribuito alla realizzazione di queste opere di restauro. Sono comunque fontane importanti, antiche, e sono state ristrutturate e mantenute. Insomma, non per fare la femminista, ma mi sa che qui ad avere tanta immaginazione sono le topine, ai topini, invece, manca un po’ l’inventiva.

Vado a sfogare la mia creatività, mi sento ispirata!

A presto,

la vostra Pigmy.

M.

Ai tre prati

Abbiamo soprannominato così questo luogo magnifico perchè, effettivamente, ci sono tre prati messi come in scala, uno più alto dell’altro, e rimangono romanticamente nascosti tra i castagni e le querce della collina sopra Imperia.

Dovete sapere, comunque, che è un’abitudine di noi topi quella di dare dei nomi alle località.

Siamo subito dopo il paese di Lucinasco, a 500 metri sopra il livello del mare. È un paese conosciuto per un laghetto artificiale che ospita rane e tartarughe e, tutt’intorno, è circondato da prati ben tenuti che permettono pacifici pic-nic.

Noi, però, oggi siamo andati oltre. Volevamo starcene ancora più tranquilli. Io e un branco di Topini. Inutile raccontarvi il divertimento tra il pallone e i panini su quelle distese verdi.

Dopo una salutare passeggiata, in un bosco che cambia a ogni stagione, decidiamo di scollinare. La nostra meta è una chiesetta che spunta tra gli alberi, ma noi ancora non lo sappiamo. È nascosta dal bosco; sembra strano vedere una costruzione tanto massiccia in un posto come questo.

Stiamo parlando di un Santuario in stile romanico quattrocentesco, uno tra i più antichi di tutta Italia. É il Santuario della Maddalena.

Gli manca il campanile, ma è ricco di opere d’arte, per cominciare dal suo portale, scolpito in pietra nera. Bassorilievi rappresentano costantemente la Maddalena e la Madonna e, sulla facciata principale c’è un rosone. Ovviamente non possiamo entrare, anche questa chiesa è chiusa, ma dal sito web di cui vi lascio l’indirizzo potrete sapere tutto sul monumento: http://www.liguriainside.it/it/2011/10/03/santuario-di-santa-maria-maddalena-lucinasco-video/

Io riesco solo a scattare una foto da un pertugio che mi permette di vedere l’interno. È davvero affascinante e quel raggio di sole che penetra a fatica rende tutto azzurro e violetto nell’oscurità. Questo posto è una vera scoperta, anche perchè è poco segnalato.

È piacevole notare come all’improvviso cambia la vegetazione. Questo bosco, infatti, nasce subito dopo vastissime piantagioni di ulivi. Siamo nella terra dell’olio per eccellenza.

Giriamo intorno alla chiesa e torniamo a giocare. Nulla può fermare i miei topini dal raccogliermi un piccolo fiore e io lo accetto con affetto. Quando giocano sono meno teppisti.

Spero che anche questa volta abbiate fatto un bel viaggetto. Seguitemi anche nel prossimo. Ormai lo sapete, c’è sempre da appagare gli occhi e il cuore.

Squit!

M.

 

Il mio Albero di Natale

No, no, no topi, non sto gareggiando contro la mia amica Miss (non mi permetterei mai visto il risultato) è solo che lei domanda e io eseguo….. scherzo!

Mettendo da parte le burle… sì, mi da ottimi spunti devo dire ma, per ammettere tutta la verità, volevo condividere con voi quello che è uno dei momenti più belli dell’anno.

Eh, lo so, sono una topina, impavida toporeporter, scopritrice di luoghi affascinanti, battagliera nei confronti dell’ingiustizia, protagonista di mille avventure, per la maggior parte comiche, e disavventure ma… sono anche una mamma e una zia. Ormai lo sapete. E ora ditemi, cosa vuol dire pronunciare ai topini, la magica frase – Oggi, facciamo l’albero di Natale! -?

Ebbene, tutto questo significa prendere la scala e arrampicarsi fino al soppalco tra le loro grida di gioia e i loro salti a zampe unite.

Significa tirare giù gli scatoloni e le borse di palline, srotolare i fili luccicanti e soffiare via i brillantini dalle ghirlande e loro, zitti, con gli occhi sbarrati, ti guardano aspettando che esca dal cestino la prima pallina. E stanno lì buoni buoni, con gli oggetti che sberluccicano per tutto il tempo in cui tu discuti con altri topi dicendo che bisogna prima mettere le stelle filanti mentre un altro insiste che devono essere messe prima le luci, che poi, con le stelle filanti davanti non le vedi più.

I piccoli topini danno il permesso a mettere il puntale ma le palline…. no! Quelle spettano solo a loro. Le cercano, fanno a gara a chi tira fuori la più bella, le mettono dove vogliono e si alzano in punta di piedi per addobbare i rami più alti.

Poi, sotto l’abete colmo di decori, posizionano la capanna del presepe e mettono in ordine le statuine. E’ a quel punto che il loro vociare si fa più insistente.

Il più grande spiega all’Arcangelo Gabriele, che continua a picchiare sul pavimento, di stare fermo sul tetto della stalla, ma metterlo tra la paglia e la stella cometa è davvero un’impresa.

La più piccola invece, inizia la solita nenia di tutti gli anni, appena finito di sistemare la Sacra Famiglia – Dov’è Gesù Bambino? Dov’è Gesù Bambino? Dov’è Gesù Bambino? Dov’è Gesù Bambino? – e puoi spiegarglielo in mille modi che stò povero Gesù Bambino ancora deve nascere che tanto… non ci sono ragioni.

Per non impazzire bisogna chiedere gentilmente a Maria di partorire prematuramente il suo piccolo e mettere così a tacere la mia. E tutti gli anni, la Vergine Santa ci allevia gentilmente di tanta sofferenza.

Dopodichè eccoli tutti e due con il naso all’insù ad ammirare la loro opera d’arte e sorridere al gioco di luci che s’intravede, vagamente, tra le fronde della conifera.

Guarda che bella quella palla lì! L’ho messa io! -, – E io ho messo il regalo gommoso! -, – E quella? Guarda come brilla! -. Sono entusiasti.

Ogni anno componiamo l’albero con oggetti diversi: i cartoncini pitturati, le fette d’arancia essiccate nel forno, la frutta secca, i tappi di bottiglia colorati ma, le palline, quelle non devono mancare mai e, anche quest’anno, sono state le incontrastate protagoniste.

E’ guardando tutto questo che, per me, vale la pena definirlo un capolavoro quindi, vi saluto, felice di avervi reso partecipi di una giornata pre-natalizia nel mio Mulino.

Buona serata a tutti.

M.