Il molo di Topina

E’ qui che venivo fin da bambina. Qui, oltre la Darsena, oltre il depuratore, oltre il piccolo cantiere, ancora più in là verso Riva, verso Santo Stefano, camminando sugli scogli facendo ben attenzione a non bagnarmi il vestito.

E’ qui che fin da cucciola, topopapà mi ha messo in mano una canna di bambù con una lenza legata all’estremità e un piccolo amo che mi faceva paura solo a guardarlo.

Dai Pigmy, butta giù l’amo nell’acqua! – mi diceva entusiasta. Papà, lui sì era bravo, io più sfigata invece, ma ricordo ancora i miei primi due pesciolini.

I primi di tutta la mia vita. Un Gobbo e una Girella. Uno brutto, color del fango, l’altra splendida con tutti i colori dell’arcobaleno e poi, topozia, che mi preparava da mangiare, e per rendermi felice e farmi sentire utile, con quei due pesci ci ha fatto il sugo. Il quantitativo era adatto alla Barbie ma topozia era più contenta di me.

E son sempre venuta qua, anche da grande, anche senza papà e con una canna vera.

Ricordo il mio primo mulinello. Questa volta non dovevo più posare la canna sugli scogli e tirare la lenza con le mani. E ricordo il primo verme. Povera bestiola, inchiodato all’uncino di ferro. Le mie dita che diventavano marroni e uno sguardo schifato in volto. E papà rideva. E poi era solo questione di… aspettare.

E non potevo nemmeno rincorrere i granchi che andavano a nascondersi nei tagli degli scogli per farsi sempre una bella doccia fresca con gli spruzzi delle onde.

E questo è un po’ il mio molo. Il molo che mi aspettava anche solo per pensare. Per venire a giocare col mio cane. Per ammirare tramonti magici e infiniti. E ho dovuto dividerlo con tanta gente. Sgrunt! Che rabbia.

Così basso. I lavaggi erano ovvi e devastanti quando Signor Mare si alterava un po’ e, in certi giorni, no, non si ci poteva proprio stare. Nemmeno adesso.

Al mattino presto, da qui, potevo vedere la Corsica, giù in fondo, di fronte a me e, a destra Arma e, a sinistra, così tanta terra da credere di scovare la Toscana.

Questo è il mio molo, baciato dal sole, ammirato dalle nuvole. La meta di tanti gabbiani. Il molo del quale ho ricordi, ricordi intimi, dolci e avventurosi. Un luogo che posso definire il primo punto di tutta la mia Valle.

Questo è il mio molo, luogo dei mille sogni, dal quale si potevano vedere pirati furiosi e piovre giganti. Nettuno che fuoriusciva dalle acque con Ariel e, più in là, al largo, Moby Dick, la balena bianca.

E quante canzoni su quei massi in mare, quando più grandi si andava con gli amici e una chitarra. Una sola chitarra bastava a tutta la compagnia. Sempre lì, sempre sul mio molo.

E oggi che ci son tornata ho deciso di condividerlo anche con voi. Di portarvici, farvi sedere su questi scogli a fantasticare assieme a me.

M.