L’antica pitocca

Ebbene sì, anche qui nella mia Valle Argentina, un tempo, gli abiti di chi viveva in questo angolo di paradiso erano particolari rispetto ai nostri odierni, ma consueti di quel periodo.

Sia topi che topine avevano un abbigliamento assai caratteristico ed era sempre lo stesso ad accompagnarli nelle loro giornate di lavoro.

Tra i più tipici, quello della Terra Brigasca fa sicuramente eccezione e oggi per descriverlo m’inoltrerò nel cuore di Verdeggia, dove si sono scoperti i primi insediamenti abitati intorno al XV secolo. Siamo quindi in Alta Valle Argentina, la parte di Valle che comprendeva, oltre a Verdeggia, anche Realdo, Carmeli, Borniga e diverse altre frazioni unite a La Brigue, oggi francese, e a una cultura occitana che sta andando scomparendo.

Si parla prevalentemente di pastori e cioè uomini. Anch’essi dotati di abiti particolari come le ghette, la fettuccia per legare i pantaloni, la giacca tipo golf che si poteva usare anche come sacca e il simpatico berretto di lana con la parte superiore di colore rosso. Sì, anche i colori avevano la loro importanza. La fettuccia che vi ho appena nominato, ad esempio, era di colore verde/azzurro e la maglia quasi sempre bianca.

Ma le donne non erano da meno. Con il loro outlet sempre uguale, si presentavano così:

– una fascia nera sulla testa per asciugare il sudore e tenere i capelli all’indietro oppure u mandiu il fazzoletto che riparava anche dal sole;

– delle bretelle per tenere su la gonna come in una salopette;

– una camicia dalle maniche ampie;

– a volte potevano usare uno scialle a ricoprire le spalle;

u fudà, il grembiule che vi descriverò;

e… la pitocca.

Cos’è la pitocca? E’ la tipica gonna, di colore solitamente nero o marrone dalla lana che ne derivava, o comunque scuro, ampia e lunga e pesante, creata con lana stamegna e canapa lavorata. Fibre spesse come il panno, e la gonna risultava poi abbastanza ruvida e che a fatica si stropicciava.

Il termine “pitocca”, che in brigasco si dice “pitòca”, è un termine antico e deriva da “pitoccare” ossia chiedere insistentemente l’elemosina, mendicare. Andando ancora più nel passato, infatti, possiamo ricordare, attraverso documentari o immagini, che i poveri e le persone tutte indossavano tuniche, al di là del sesso. A dividere i ceti sociali era il tessuto utilizzato per questa specie di saio e non il modello del vestito. Più la stoffa era pregiata e più la persona era nobile, viceversa, era un povero o un mendicante.

La lana stamegna non era certo di gran qualità, ma alle donne della Valle Argentina poco importava. Loro dovevano lavorare nei campi aiutando gli uomini e dedicarsi alle faccende di casa e ai bimbi. Non avevano certo il tempo o la voglia di vestirsi con abiti di classe.

L’abito più di valore era uno soltanto e lo si usava la domenica, soprattutto, per andare a messa.

La pitocca, come vi ho accennato prima, era quasi sempre ricoperta da un grande grembiule che oggi nel mio dialetto si chiama u fudà. In brigasco era più usuale dire “u fudajiin” e, con questo accessorio, le donne di una volta facevano davvero di tutto. Lo usavano come asciugamano, come sacco per portare la roba, come straccio per pulire, come contenitore di piselli e fagioli sgranati… era utile a tutto.

La pitocca, quindi, difficilmente si sporcava e poteva essere riutilizzata il giorno dopo.

In realtà, di pitocche, ne avevano più di una, ma erano tutte uguali. Anche cambiandola di giorno in giorno, non si sarebbe notata alcuna differenza. Per lo meno per la maggior parte di pitocche.

La pitocca è proprio il simbolo del “costume brigasco”, un costume che prese piede già in epoca medievale.

Conoscevate la pitocca? Sapete che la mia bisnonna aveva sempre addosso un qualcosa di molto simile?

Un bacione femminile tutto per voi topi!