Dal Redentore alla Valle Arroscia

Ebbene si, come vi avevo preannunciato, ora che questa stupenda statua (art. Il Redentore) che vi ho mostrato qualche post fa l’abbiamo vista, possiamo tornarcene a casin casetta. Attenzione però! Non c’è solo il Redentore qui da ammirare, diamo un’occhiata in giro prima di lasciare questo luogo.

Ad esempio, possiamo vedere che è circondato da targhe di ogni sorta. Chi ringrazia qualcuno, chi ha voluto lasciare un ricordo, chi un semplice saluto. Messaggi scolpiti nell’ardesia, altri nell’ottone e uno addirittura con la foto del frate cappuccino, Gian Francesco Filippi, che amava questi luoghi più di ogni altra cosa al mondo. Ognuno, a modo suo, a voluto lasciare il segno. I più affezionati hanno creato vere e proprie opere d’arte.

Vicino a noi c’è anche una minuscola chiesetta. Al suo interno possiamo trovare la carinissima poesia dedicata all’amico viandante, quindi ad ognuno di noi, e un grande quaderno, dotato di penne, sul quale chiunque può scrivere un pensiero e dire perciò “io ci sono stato!”.

Tra le sacre immagini della Madonna e suo figlio, è anche molto carino vedere che i pellegrini, passati di lì, hanno lasciato in parecchi, oggetti personali. Un cappello con visiera, una borsa, una collanina, una borraccia, uno stemma… insomma, una tappa da fare obbligatoriamente. Diamo ancora un’occhiata al panorama, è un dispiacere andarsene.

Notiamo che non vediamo solo Verdeggia ma anche Realdo, un altro piccolo paesetto della Valle Argentina, contornato da una vallata indescrivibile. Bene, è davvero arrivato il momento di andare. Salutiamo il gigante di bronzo. Lui non si volta, continua a guardare innanzi a sè, i suoi monti, i suoi prati, il suo cielo, accecato dal sole.

Per un attimo, ci sentiamo anche noi possenti e dominanti come lui. Dobbiamo percorrere qualche metro a piedi, l’auto, abbiamo dovuto lasciarla all’inizio della piccola stradina, ma non è un male, possiamo ammirare meglio il paesaggio che ci circonda, guardarci in giro e respirare aria pulita.

E’ percorrendo questo sentiero che troviamo qualche, cosiddetto da noi, “masin”, funghi non particolarmente gustosi a dire il vero, ma per nulla velenosi. Grandi, puliti, color dell’avorio.

Saliamo in macchina e facciamo manovra pronti alla discesa; guardate quanta strada abbiamo fatto! Da qui si può vedere tutta. E’ uno spettacolo! Volendo, potremmo percorrere a piedi il Passo del Tanarello per circa tre quarti d’ora, ma non è il caso oggi di stancare le nostre zampette, useremo la comodità.

Andremo giù per il più conosciuto Col di Nava e, strada facendo, sorpassato questo splendido valico montano, ci ritroveremo ad attraversare la Valle Impero, che dà il nome alla provincia di Imperia e la Valle Arroscia che prende il nome dall’omonimo fiume.

E’ quest’ultima valle ad essere così vasta da comprendere anche alcuni comuni della provincia di Savona e, sarà in lei, che ritroveremo i nostri ulivi che qui, data l’altura, non vediamo più. Insomma, un altro bel viaggetto ci attende. Partiamo.

Undici corvi volano sulle nostre teste, mamma mia… erano meglio i falchi incontrati all’andata! Bhè, poverini i corvetti, hanno diritto anche loro. Non soffermatevi però a guardare uccelli che vi svolazzano intorno, capisco che la natura qui sia magnifica ma state attenti alla strada che dovete percorrere. Sono vie bellissime ma senza protezione, quindi mi raccomando, guidate con prudenza senza fare i fenomeni altrimenti, ecco cosa può capitarvi.

Mi auguro solo che al poveretto, il fattaccio, non sia successo di notte. Già c’è poca gente di giorno in questi luoghi, figuriamoci nelle ore notturne! Tra l’altro, gli è andata bene, anche se ha distrutto la macchina, in quanto, ci sono punti in cui il dirupo è veramente profondo e a strapiombo, anche se devo ammettere che una bella botta l’ha presa anche lui. L’auto, come potete vedere, è completamente distrutta. Rammaricati, continuiamo la nostra gita.

Il primo paese che incontriamo è San Bernardo di Mendatica e vi posto la foto di una fontanella carinissima dedicata a “u can de Felipo”, ossia “il cane di Filippo”, chissà, forse un cane particolarmente coraggioso o con qualche straordinaria avventura alle spalle. Non c’è anima viva, non posso informarmi.

Se siamo qui a San Bernardo, significa che siamo già scesi di parecchio, siamo esattamente a 1263 metri. E’ intorno a questo paese che regnano i sentieri della transumanza e scorre il Tanarello, nome del passo che vi spiegavo prima. Tanarello perchè, ovviamente, affluente del Tanaro. E’ da qui che giungiamo al cuore di questo itinerario: Mendatica. E’ Mendatica ad essere il paese con più storia, più turismo, più eventi e monumenti.

Il suo nome deriva da “Mendéiga” che in dialetto ligure significa “Manda acqua”, è un paese infatti, ricco di sorgenti ed è proprio nelle sue vicinanze che, sempre il Tanarello, forma cascate tutte da guardare, le famose cascate d’Arroscia.

Siamo vicini a Pornassio e a Montegrosso Pian del Latte e tutti insieme, fecero parte del Regno di Sardegna dopo la caduta di Napoleone Bonaparte.

Mendatica, circondata da castagni e noccioli, si presenta come un paese immerso nel verde mentre, in autunno, soprattutto nel periodo di ottobre, offre caldi colori adatti ai pittori migliori.

Buonissimo è il miele che viene prodotto in questi luoghi e da non perdere il laboratorio naturalistico e il museo “Civiltà delle Malghe”. Questo paesino, chiamato, della “cucina bianca” è inoltre arricchito da splendidi mulini che sembrano finti tanto sono belli (quasi, quasi, mi trasferisco), ognuno con la sua ruota e rigorosamente fatti tutti di pietra.

Il monumento principale di Mendatica è la chiesa di Santa Margherita ed è da lì, che se prendiamo la mulattiera dietro a questo santuario, possiamo arrivare sul ponte dei Gruppin e inchinarci dinanzi ad un panorama mozzafiato, in un territorio già molto più alpino rispetto a quello intorno al paese, come vi spiegavo più verdeggiante.

Abbandoniamo Mendatica, a salutarci, per ultimo, il Parco delle Canalette, un parco attrezzato per pic-nic e brevi soste all’ombra. Eccoci nuovamente sotto un caldo sole, ed ecco rispuntare i nostri amici ulivi, compagni anche della mia valle.

La zona è meno umida e olive e uva nascono abbondantemente. Se non erro, a regnare qui è l’ormeasco, uva che produce il vino della zona. Tra qualche chilometro arriveremo al mare e ai più sensibili fischieranno un pò le orecchie. Attraversiamo i monti di Pornassio, paese caro a Genova per via della sua posizione ottima per il punto di vista strategico.

E’ da li infatti, servendosi di lui, che il nostro capoluogo può tenere sotto controllo tutti i suoi domini, sia liguri che piemontesi, fin dal ‘600.

Passato anche lui, eccoci arrivare alla cittadina di Pieve di Teco, paese al quale fanno riferimento tutti gli altri più piccoli che vi ho citato sopra e dire che dall’800 a oggi ha subito anche lui una negativa evoluzione demografica.

Il santuario della Madonna dei Fanghi e il convento di San Francesco, sono i suoi monumenti più famosi, peccato però non averli potuti osservare da vicino, come vedete ero in auto e la foto di questa cittadina ve l’ho scattata di sfuggita.

Riparerò, per questa volta accontentatevi dai!

Anche questa passeggiata, più breve di quella all’andata, è giunta al termine e io, me ne sono ritornata nella mia Valle che stava per diventare gelosa, pensa di essere la più bella e per me lo è, ma devo riconoscere che, intorno a lei, ci sono luoghi che meritano davvero anche solo una sbirciatina.

Un caro saluto a tutti Pigmy.

M.