Via Grande a Molini – la via delle vie

Beh, ecco… prima o poi dovevo pur parlarvi di questa via. E’ assai importante. Importante per tutta la Valle ma soprattutto per il paese di Molini di Triora.

Al di là dell’essere davvero molto carina, antica e caratteristica è la strada in cui, ancora oggi, sorge la casa natia di Beato Giovanni Lantrua ma… chi era costui?

Ve lo spiegherò meglio in un altro articolo a lui dedicato ma posso accennarvi che morì martire in Cina e venne beatificato dalla Chiesa Cattolica il 27 maggio del 1900.

Per i fedeli della Valle Argentina è una figura di grande rilievo che, per questo carruggio, viene ricordato anche attraverso una statua che lo rappresenta. Inoltre, alcuni abitanti di questo borgo, sono suoi discendenti. Ma andiamo con ordine. Partiamo dall’inizio.

Dal centro dell’abitato di Molini, proprio davanti a quella che fino a poco tempo fa era la Bottega di Angela Maria, conosciuta da tutti, si apre un arco in pietra rivestita che mostra una gradinata in salita formata da ciottoli e mattoncini color rosso vermiglio.

E’ Via Grande che, al suo principio, è addobbata da una gigantesca immagine la quale mostra diversi ponti della zona.

L’aria si fa subito più cupa e ombrosa sotto a quella volta ma si può tornare a vedere il cielo continuando a percorrere quei gradini.

Poco prima di giungere a metà percorso, sulla sinistra, una piccola fontanella in pietra, simile a molte altre della mia terra, indica l’inizio di un’altra piccola stradina. Vedrete che sono tanti i vicoli che si intersecano a quello che è il carruggio principale del paese. Breve ma centrale, a formare il centro storico molinese.

Questo è quello che porta alla dimora del fu Francesco Lantrua divenuto poi – Giovanni – una volta fattosi Sacerdote.

Quand’ero solo una piccola Topina, qui ci venivo in colonia e passavo delle estati bellissime. Ovviamente, anche questo stretto vicolo è dedicato al Santo e porta il suo nome.

Quasi di fronte a questo carruggio si trova la grande Chiesa dedicata a San Lorenzo Martire.

Si tratta di una Chiesa dall’impronta gotica e dal portale importante e suggestivo, in ardesia, con scritte scolpite in questa pietra lavagna per noi molto pregiata. Ampi rosoni ne addolciscono lo stile ma resta comunque imponente e spicca con le sue pareti tinte di crema.

E’ molto antica, la sua realizzazione è iniziata intorno al 1486 e regala prospettive bizzarre e tagli del cielo davvero caratteristici se guardati da qua sotto. Questo grazie soprattutto al suo campanile che svetta altissimo al di sopra di tutto.

Mi sento osservata e continuando a guardare la bellezza azzurra che sbuca dai vari edifici noto che qualcuno mi sta guardando.

Sono due Piccioni curiosi, i quali mi suggeriscono di aggirare la Chiesa e andare a vedere cosa si cela dietro di lei.

I pennuti mi hanno consigliato bene. Su un cartello posto contro la parete di una casa, adiacente l’edificio religioso, leggo “Piazza Vittorio Veneto” e mi inoltro.

Davanti a me si spalanca uno spazio molto carino. Sembra di essere nella contea di qualche paese del Nord Europa.

Si vede bene il retro della Chiesa che continua a mostrare ulteriori aperture circolari in mezzo a tutta la pietra che la realizza.

Delle case, dall’aspetto pittoresco e piacevole, la circondano e a terra noto la figura di una torre nera creata con delle grandi piastrelle di marmo.

La stessa torre, che è proprio un simbolo, la si trova sullo stemma del Comune rappresentata anche sul gonfalone concesso al paese dopo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri avvenuto in data 12 settembre 1953.

Proseguo per la via che oggi voglio conoscere meglio. Come ad essere in un labirinto vedo che tante altre viuzze s’intersecano ad essa. Ne leggo i nomi incuriosita e guardo quello che mi circonda.

Ci sono piante e fiori. Ortensie antiche ed essiccate che comunque suggeriscono bellezza. Vedo i colori dei muri delle case. Il rosa è tra i preferiti, tipica tinta della Liguria, e dove l’umidità la fa da padrona, si scrosta un po’ l’intonaco.

Anche questa è una caratteristica dei nostri carruggi dove il sole fatica a entrare e le notti sono più scure del buio; per questo si possono incontrare tanti lampioni, in diverso stile.

Sono tante le cose che mi colpiscono. Ci sono diversi complementi che adornano questa stradina e le stesse case sono molto carine e ben tenute.

Un’abitazione abbastanza grande sembra prestigiosa. E’ segnalata da una targa che confida chi vi è nato. Un certo Avvocato Serafino Caldani, il quale pare abbia fatto tanto per il bene pubblico del paese e gli abitanti di questo borgo lo ricordano con una scritta inamovibile.

Il cielo intanto si è trasformato. E’ ora un guazzabuglio di nubi mosse dalle correnti che regalano strane scie nell’aria. Affascinano. M’incanto ancora ma, con la coda dell’occhio, noto la famosa statua che vi dicevo prima.

Ecco il Santo in tutto il suo splendore. La statua sembra in bronzo e attorno a lei una cascata di piccoli fiorellini gialli appena sbocciati l’abbellisce ulteriormente. Alcuni petali sono caduti a terra e creano un tappeto fiorito dal colore vivace e intenso che rallegra i grigi ciottoli dei gradini.

Osservando l’espressione del Lantrua, che pare pregare con lo sguardo rivolto verso Dio, noto la costruzione che si para verso la fine di questa via centrale.

Si tratta del Ricreatorio San Giovanni Lantrua. Eh sì, tutto riporta il suo nome.

Questo edificio storico è raccontato dalle diverse targhe appese alle sue pareti che parlano di lui come un oratore. Innanzi tutto si viene a conoscere il fatto che è stato costruito nel 1925 grazie alle offerte donate dalla Compagnia Teatrale Filodrammatica diretta e fondata dalla signora Faustina Balestra.

E si può poi comprendere come, le fontane sottostanti la struttura, furono ben accolte dai molinesi, nel 1899, quando l’Amministrazione Comunale le inaugurò.

Questa è l’ultima grande casa di Via Grande, da qui inizia Via Case Soprane ma, per arrivare sin qui, ho incontrato anche: Via Giulietti, Via del Canto e Via Aia di Pe’, oltre a quelle che vi ho citato prima.

Bene Topi, non mi resta che riscendere e andare a fare nuove scoperte.

Quante storie si nascondono nei dedali dei miei borghi e quante belle cose interessanti da conoscere ci sono, non vi pare?

Allora io vi saluto con un bacio storico e vi aspetto al prossimo articolo.

Fontana Sottana – il dono dei massari

E dopo avervi portato a visitare Fontana Soprana, non posso non farvi conoscere anche Fontana Sottana.

Siamo quindi sempre nel caratteristico borgo di Triora, paese dal ricco passato, che ha tanto da raccontare.

Il nome della Via, omonimo al luogo protagonista di questo articolo, ci indica che siamo sulla strada giusta, ma per vedere la Fontana dobbiamo scendere per Via San Bernardino e raggiungere Via Camurata.

Fontana Sottana non si trova infatti in Via Fontana Sottana.

Si tratta di una Fontana in pietra, piccola ma massiccia, anch’essa, come la sorella, dotata di un bel rubinetto in ottone.

E’ molto antica, è stata fatta costruire dai massari del comune Bertone Oddo e Matteo Stella nel 1480 ed è collegata a Fontana Soprana perché da lei ne riceve l’acqua attraverso canali in pietra, costruiti a mano, che attraversano le fondamenta del borgo o ne affiancano le abitazioni.

Siamo in una parte del paese molto intima e centrale.

I carruggi sono umidi e scuri. Ciottoli e mattoncini pieni, color vermiglio, formano il suolo sul quale poggiamo le zampe.

Le volte importanti, anch’esse in pietra, donano una frescura sicuramente piacevole nei mesi caldi dell’anno.

Mentre sopra a Fontana Soprana era stata costruita la nota Casa del Boia del paese, Fontana Sottana nasce sotto ad un edificio anche lui significativo per Triora: si tratta infatti dell’antico Ufficio Postale che però non esiste più.

Oggi è una specie di monumento, un punto di ritrovo che parla di storia e della vita di un paese.

Sotto all’arco che la ricopre e la protegge, incisa su una lastra di ardesia, una scritta in latino lascia un messaggio a tutti quelli che la leggono da parte di chi, questa Fontana, l’ha voluta e realizzata.

Questa scritta, scolpita, recita: Bertonus Odus / Mateu Stela massarii fecerunt fieri hoc opus.

Attorno a lei le case sono unite come in uno stretto abbraccio e i vicoli si snodano come fili di lana da un gomitolo.

Da qui non si gode di nessun panorama, si può solo alzare il muso verso l’alto e osservare come alcuni spicchi di cielo si mostrano tra quei tetti costruiti tanti anni fa.

Delle piante, dal verde cupo, sono gli unici punti luce in quel grigio storico, ricco di eventi e vicissitudini talvolta ricoperto di ragnatele.

So che attorno a lei sono molti altri i punti di interesse e quindi non posso più soffermarmi troppo, devo andare ad ammirare altro.

Se venite a Triora però, non perdetevi questa Fontana. E’ uno degli elementi più antichi di tutto il paese e fa quasi impressione toccarla con le mani.

Un bacio a voi!

Contro il nemico da Fontana Soprana

Punto strategico per sconfiggere il nemico.

Siamo a Triora, in centro paese, tra cunicoli oscuri e un dedalo di vie. Siamo da una fontana, la più importante del borgo. Sicuramente anche la più antica.

Attorno a questa fontana delle feritoie. Dietro di loro, un tempo, nascosti nel buio più oscuro, i “nostri” ad abbattere chi cercava di conquistare e saccheggiare l’abitato triorese.

Siamo davanti a Fontana Soprana, ancora oggi luogo significativo di Triora dal quale si diramano diverse strade che conducono ai luoghi più importanti da visitare. Un incrocio che ha visto la morte di tanti nemici e, per questo, non può passare inosservato. Un insieme di pietre che, ancora oggi, profuma di tempi lontani.

Fontana Soprana, punto dal quale sgorga un’acqua fredda come la neve, si trova sotto ad un grande arco di pietra ed è formata da lastre di ardesia e due conche che raccolgono l’acqua.

Il suo piccolo rubinetto in ottone, più recente di tutto il resto, spicca nel grigio della parete umida.

Davanti a lei, il carrugio Via Castello, che inizia con una volta anch’essa in pietra, davvero antica, porta a quello che un tempo era il Castello di Triora, mentre uscendo dalle mura che la circondano, ci si può trovare davanti a Strada Dietro la Colla dove si può decidere se proseguire a destra verso la Cabotina e i vecchi casun delle streghe, o a sinistra, verso le rovine della Chiesa di Santa Caterina.

Una cosa è certa, sicuramente ci si ferma ad ammirare il paesaggio magnifico che quella vista offre. Un panorama incredibile sui miei monti che ha la capacità di mozzare il fiato da tanto che è bello.

C’è solo pietra accanto a me. C’è solo gusto antico e una leggera brezza frescolina.

Le volte ad arco fanno apparire quei vicoli ancora più angusti ma, nonostante tutto, la sensazione che mi pervade è quella della bellezza.

Sopra a questa fontana vedo una costruzione, edificata dopo la realizzazione della protagonista di questo post, e leggendo la scheda che la presenta capisco essere la “Casa del Boia”, colui che era addetto alle pene capitali.

La lavorazione, in ferro battuto, di alcuni lampioni posizionati attorno ad essa, mi permette di andare indietro con la fantasia. Corro in un tempo di carrozze e cavalli, di carri e muli, di uomini vestiti in modo strano e soldati che osservano e proteggono il territorio. Vedo donne vestite di stracci, catturate dall’Inquisitore, vedo bambini correre e anziani raggomitolati in un angolo sottomessi alla peste. Sento urla e risa, guardo maschere e colori e il mio naso sensibile percepisce strani profumi di elisir antichi.

In ogni suo più piccolo anfratto, Triora, riporta alla storia e alla magia. Alla battaglia e alla superstizione.

Questa fontana particolare, molto utilizzata da sempre, riceve l’acqua dalla sorgente di Gorda la quale passa nei pressi del Castello.

E’ come essere dentro a un cuore pulsante. Il cuore di quella che in passato era chiamata città. Un motore propulsore di meraviglia e vita.

E’ normale passare di qui quando si viene a Triora e se ne vive il borgo più intimo e storico. D’ora in poi, giungendo in questa zona, potrete alzare lo sguardo verso un rettangolo di cielo, guardare quelle pareti attorno a voi e pensare che tutto quello che vedete è stato vissuto, molti anni prima, da personaggi singolari che di Triora, ognuno a modo suo, ne hanno fatto ciò che ancora oggi è.

Io vi mando un bacione storico e corro a scrivere ancora per voi!

Quelle fessure chiamate “caruggi”

In Liguria, e quindi anche nella mia splendida Valle, le piccole vie che attraversano i borghi vengono chiamate “caruggi”. C’è anche chi li chiama “carrugi” o “carruggi” ma il significato è lo stesso.

Si tratta di stradine strette, a volte anguste, a volte splendide, dove i raggi del sole spesso faticano ad entrare e la gente, che vive in queste vie, è il cuore pulsante del borgo antico.

La parte più vecchia del paese. Quella costruita astutamente, come il guscio di una chiocciola, intorno a un dedalo di strade buie e socchiuse in modo che il nemico invasore potesse perdersi e rendersi così più vulnerabile.

La maggior parte di questi caruggi, che appaiono proprio come piccole fessure, sono dotati di contrafforti, strutture in grado di reggere e unire le abitazioni tra loro e attutire i vari spostamenti sismici di quegli edifici costruiti in altezza per rendere il borgo ancora più a chiuso come uno scudo umbone rovesciato.

Da alcuni di questi elementi architettonici veniva buttato olio bollente su chi si permetteva di invadere il paese. I caruggi infatti, sono pieni di nascondigli sia in basso che in alto e, ancora oggi, in alcuni di loro, si possono trovare gradini che scendono chissà dove o nicchie utili agli appostamenti.

Alcune di queste stradine hanno un aspetto tondo e dolce. Si passa sotto le case attraverso volte a semicerchio e le loro curve donano sinuosità. Possono mostrare il vermiglio arcaico dei mattoni pieni o pietre levigate che rendono il tutto più aggraziato.

Altre invece appaiono come affilate e taglienti, squadrate, e disegnano verso il cielo figure che sembrano geometriche.

Alcune sono davvero buie e molto fresche. L’umidità le rende come se fossero celle frigorifere all’aperto e non è difficile vedere del muschio nascere al suolo.

Altre ancora, un poco più aperte e magari più lunghe, sono solitamente addobbate con cura da chi le vive; i nomi dei caruggi vengono scritti in modo particolare, su lastre d’ardesia o dipinti di cerchi di legno.

Molti fiori abbelliscono le case, i numeri civici sono disegnati sul muro o su piastrelle decorate, e anche i panni stesi, appesi come un tempo, tra una finestra e l’altra in condivisione, donano un tocco di folklore e di colore.

Certi vicoletti sono così particolari che incantano. Statue, quadri, mosaici e roba appesa li rendono veri angoli artistici.

A proposito di ardesia, essa è sicuramente l’elemento più presente in questa ragnatela di viuzze. Naturale e resistente. Con essa si costruivano scale, portali, androni, lapidi, lastre e persino le tegole dei tetti delle case, chiamate “ciappe”, assolutamente tipiche nei miei luoghi.

La pavimentazione può variare. Ha solitamente righe a lisca di pesce intagliate nel cemento per poter frenare l’acqua e permettere di non scivolare a persone, carretti e animali come gli asini. Dovete sapere che alcuni caruggi sono molto in discesa e, se visti all’incontrario, molto in salita. Se si pensa ai nostri vecchi, che passavano di qui con pesi enormi sulla schiena, pare impossibile davvero immaginarli inerpicarsi per queste vie.

Venivano però usati anche i piccoli ciottoli di fiume e i sampietrini, mattoncini quadrati dalle sfumature rosse-violacee con i quali si potevano anche realizzare linee tonde che davano un senso di bellezza alla strada.

Il suolo doveva comunque essere ben praticabile dai carri, unici mezzi di trasporto assieme agli animali che potevano passare per questi vicoli e si pensa addirittura che, proprio la parola caruggio, derivi da “carro”.

C’è però chi afferma siano stati i Saraceni, i grandi nemici antichi dei Liguri, a dare questo nome nella loro lingua.

La parola “kharuj” significherebbe “di fronte al mare” o “sul mare” e potrebbe avere a che fare con la mia splendida regione.

Molti turisti amano passare sotto a questi portici e percorrere queste vie perché hanno davvero un fascino incredibile. Sono estremamente attraenti e raccontano di storia e passato.

Ancora oggi qualche vecchina resta per ore affacciata ad una finestra osservando la vita che passa o donando briciole ai piccioni che regnano indisturbati tra queste case. In realtà si vedono quasi ovunque dissuasori messi apposta per questi volatili ma hanno ben poco successo.

Le sigle di un tempo, scolpite nel marmo o incise nel ferro, e diverse Madonnine non mancano mai ma è facile vedere anche parecchie fontane per queste vie.

Ovviamente tutte una diversa dall’altra. Ognuna mostra il gusto di chi le ha realizzate.

Spero che questo articolo all’interno dei cuori dei paesi della Valle Argentina vi sia piaciuto, io vi lascio un bacio storico e vado a prepararvi un nuovo post.

Squit!

Via Queirolo – la Via Pedonale

E’ sicuramente la via più In di Arma di Taggia, primo paese della Valle Argentina, innanzi tutto perché è un budello parallelo al mare, poi perché è pedonale e permette di godere della vista di vetrine davvero accattivanti.

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Non è lunghissima, ma sono tanti i negozi che si affacciano sulle sue mattonelle e vendono libri, vestiti o oggettini davvero deliziosi. Tutte cose carine e anche di un certo stile, ovviamente.

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Una nuova pavimentazione la riveste da qualche anno, rendendola ancora più elegante e aiuole e panchine circondate da fiori permettono allo sguardo di godere di un ambiente tranquillo e colorato.

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In estate è  super affollata anche grazie alle gelaterie e ai bar che si trovano verso il suo culmine, vicino a Piazza Chierotti, e infatti la via si conclude proprio vicino alle spiagge e all’Arma marina più conosciuta e visitata.

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In questa via c’era uno dei tre Cinema di Arma, il Capitol, anch’esso ormai chiuso come tutti gli altri e con gran dispiacere degli abitanti che lo ricordano ancora come un punto di riferimento della cittadina.

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Passeggiare qui, ammirando ciò che i negozianti espongono, è uno dei passatempi preferiti soprattutto dai turisti alla ricerca di quello che desiderano. E’ proprio qui, infatti, che in alcuni periodi dell’anno viene allestito anche il mercatino dell’artigianato, dove i manufatti originali e le creazioni stravaganti la fan da padroni.

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Sebbene si pensi che il titolo di questa via possa essere dedicato a  Francesco Queirolo, scultore italiano nato a Genova nel 1704, la strada è in realtà dedicata al partigiano Candido Queirolo, nato a Taggia nel 1915 e caduto a Baiardo nel 1944. Egli, insieme ad altri compagni, organizzò uno dei primi gruppi partigiani dell’imperiese. Era conosciuto con il nome di Marco e fu a capo di uno dei distaccamenti garibaldini più attivi del territorio provinciale. Insieme ai suoi, ebbe successo in molte difficili battaglie e guerriglie che si combatterono sui monti della Valle Argentina, di cui Arma fa parte. Fu un eroe e, per questo, oggi viene onorato con una via a suo nome.

Alcuni vicoletti di Via Queirolo, come “Vico Romano”, portano al mare o passano sotto la vecchia ferrovia facendo entrare la gente nel centro della cittadina e, i pontini, sotto ai quali bisogna passare, sono davvero bassi e occorre chinarsi. Una piccola castagnola come me non ha di questi problemi, ma la maggior parte delle persone devono passare ricurve mentre i bambini giocano a saltare in alto per vedere se arrivano a toccare il soffitto del piccolo tunnel.

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Un mio caro amico umano mi racconta – Quando si era bimbi si giocava anche a vedere quando la nostra testa fosse finalmente riuscita a toccare il tanto ambito soffitto del breve sottopassaggio. Ciò significava che stavamo diventando grandi! E anche noi avremmo dovuto raggomitolarci come gli adulti per passare lì! -.

Un tempo, per raggiungere questa via bisognava aspettare che il passaggio a livello della vecchia Stazione si alzasse e Arma rimaneva divisa in due per qualche minuto, più volte al giorno, come tutti gli altri paesi della costa ligure dove gli unici binari scorrevano in mezzo alla cittadina. E c’era la campanella, l’attesa, alcuni giovani appesi a penzoloni alle sbarre e alcuni adulti a sgridarli. E poi il treno, a volte lento, a volte velocissimo, scompigliava vestiti e capelli.

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Oggi tutto questo non esiste più perché la Stazione è stata spostata e il passaggio a livello trasformato in una bella rotonda per la viabilità delle auto.

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Ma Via Queirolo rimane Via Queirolo ed è sempre qui ad aspettare chi vuole farle visita. Chi giunge ad Arma, a trascorrere le sue vacanze, non può non viverla.

Io vi saluto e vi aspetto per il prossimo tour.

Uno squit a tutti.

M.

Una bella promenade……in Nizza Vecchia

Oggi ce ne andiamo a zonzo in un posticino davvero particolare e direi “fuori dal mondo”. Se avete piacere di venire con me, vi porto a Nizza, in un particolare quartiere di Nizza. E’ la parte di Nizza Vecchia, un borgo che si dipana tra vicoli e corridoi dal fascino antico e Provenzale. WP_20150328_006Pare essere in un racconto di Biamonti. Antichi palazzi, pescatori, caratteristici locali, botteghine di souvenirs, quadri antichi e borse di pelle. Tanti gli italiani, persino i nomi delle viuzze sono scritte sia in francese che in nizzardo, lingua che assomiglia molto al dialetto ligure. WP_20150328_009Si arriva in questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato, andando giù, fin sul mare, fino al Porto, se si arriva dall’Autostrada. Un grande monumento ai caduti, imponente, bianco ed elegante, si troverà alla nostra destra ricordando ai suoi cari uomini, che hanno dato la vita per la Francia, che il loro nome e la loro gloria, non verranno mai dimenticati. WP_20150328_003Cactus, mammillarie ma anche aromi come lavanda e timo, nascono spontanei sulle rocce sopra di lui e intorno, degli splendidi giardini ben tenuti. Alla nostra sinistra invece, l’infinito mare che, alla sera, colorandosi di nero, IMG-20150329-WA0007fa risaltare le luci di Nizza su tutta la sua riva in quella che è una delle passeggiate più lunghe della Cote d’Azur. Sabbia e piccoli sassi, permettono alle onde d’infrangersi dolcemente. WP_20150328_026Gli aerei che si vedono partire e innalzarsi in volo dall’aeroporto laggiù, sono impressionanti. Numerosi, e sfiorano l’acqua. Su questa Promenade, la gente corre, va in bicicletta, sui pattini e c’è anche chi si ferma e intona qualche canzone. Giocolieri e maghi, sono a vostra disposizione. WP_20150328_028Se non volete salire fin sulla rocca del Castello, arrampicandovi tra una flora tipica del luogo e un ambiente rustico che vi farà apprezzare l’atmosfera mediterranea, non dovete preoccuparvi, troverete tanto divertimento anche qui. E che fascino la meridiana dipinta a terra regolata dalla luce del sole. Enorme, una meraviglia. Le nostre ombre, unite, si disegnano sopra di lei.WP_20150328_030 Due grandi archi invece, ci permettono di abbandonare questa zona più moderna e inoltrarci nel fascino più totale e tipico di questi luoghi. Immediatamente ci troviamo in Cours Saleya. Il Corso.WP_20150328_022Qui la gente è diversa, si preoccupa meno dello sport e di tenersi in forma, qui si gira con i sacchettini in mano pronti ad acquistare qualche carineria. Qui è tutto un vociare, da colui che vende fiori nel mercato giornaliero, al cameriere che cerca di invitarti a mangiare nel suo locale. E come locali, credetemi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Tutti magnifici, divertenti coi loro dehors ma anche eleganti. WP_20150328_016Ognuno di loro ha del pesce fresco sui bancali ricoperti di ghiaccio e anche ostriche, giovani e turgide, saporite e molluschi e tutto quello che occorre per soddisfare i palati dei più esigenti. WP_20150328_017Pesce fresco, ottimo. Profumato, cucinato in tutti i modi.WP_20150328_018Ma anche buona carne. Filetti alla griglia senza neanche un filo di grasso, spessi e cotti alla perfezione come il cliente desidera.WP_20150328_020 Le tavole vengono apparecchiate in modo perfetto con tanto di glacière per gustare ottimi vini bianchi. E mangiando, si ammirano gli acquisti fatti nei carrugi al pomeriggio. WP_20150328_024Spezie introvabili come il pepe di Sichuan o quello nero della Jamaique dal profumo meno giovane. Il Tandoori per un tocco indiano sulle nostre tavole e il sale pregiato della Camargue, non lavorato e quindi naturale. Ma ancora bon-bon coloratissime alla Verbena, al Mandarino, all’Eucalipto per la tosse. E che dire degli orecchini dei quali mi sono innamorata che rappresentano il bellissimo Frangipani? Stupendi, per 5 Euro, ne è valsa la pena non trovate? Presi in un bellissimo bazar, strapieno di cose, da incanto. E qui, qui c’è davvero di tutto, in alcuni locali si può addirittura prendere il tè e fumare il narghilè. Ma infatti, che sbadata, mi sono dimenticata di raccontarvi che prima della cena c’è stato ovviamente l’aperitivo, WP_20150328_014un cocktail analcolico e un immancabile Kir Royal, si possono gustare dei tanti e tipici Cafè, della zona. I tavoli minuti, i posacenere a pubblicizzare il Cynar, si, si, proprio come ai vecchi tempi. Locali dai quali è impossibile vedere il sole. E no, qui non può entrare.WP_20150328_010 Le chiese e i grandi palazzi d’epoca non glielo permettono. E che simpatici i posters vintage e i disegni sulle pareti dei Bistrot. WP_20150328_007Questo si, questo è proprio un altro mondo. Numerosissimi in questo via vai di gioia e ilarità. A passeggiare nella completa beatitudine. Oh si! Potete stare sereni. Soldati dell’esercito camminano per le vie assicurando la tranquillità più totale. Bhè, si sa, è proprio nelle zone vecchie dei paesi che gli spacci, le risse e diversi tafferugli, possono avere vita. Ma l’esercito garantisce e ci si può divertire. WP_20150328_008Ah! Nice! La bella Nizza. Affascinante. Che alla sera si colora e i giovani danno vita a piazze e piazzette. La Nizza un pò retrò. IMG-20150329-WA0004Misteriosa, orgogliosa, a disposizione. E allora cin cin Nizza! Salut! A te. Grazie per questa splendida giornata. E dopo l’ultimo drink, si torna a casa. WP_20150328_023Vi saluto, ma preparatevi per il prossimo tour! Smack!

A visitar Castel Vittorio

SONY DSCA un passo dalla mia Valle. E con la mia Valle ha avuto in passato anche un importante collegamento. Proprio vicino. Quasi a vederlo affacciandosi dalla finestra. Beh, più o meno. E’ che bisogna fare tutto un giro lungo, altrimenti sarebbe davvero subito lì. SONY DSCE comunque, giro o non giro, è un piacere arrivare qui, in questo bellissimo paese tra i monti.

Siamo a Castel Vittorio, dove non si sente nemmeno volare una mosca. Siamo in un paese composto da salite e discese, tra i carrugi, e ricoperte di ciottolato tipico ligure.SONY DSC Siamo in un paese che un tempo, quando ancora si chiamava Castel Dho, apparteneva ai Conti di Ventimiglia che ne furono padroni fino al 1260. Dopo, il nome, gli venne cambiato in Castel Franco, dalla famiglia dei Moro, e rimase così anche passato sotto la possessione della Repubblica di Genova che lo sottopose al controllo giurisdizionale della Podesteria di Triora. Vi ricordate quando, parlando di Triora, vi dissi come questo borgo della mia Valle era il preferito dalla Repubblica padrona?SONY DSC A un passo dalla Francia, offriva importanti vie di comunicazione, di commercio, di difesa e di attacco. Il nome Castel Vittorio lo deve quindi al Piemonte che, divenne nel 1862, nuovo proprietario del borgo e volle rendere omaggio al Re Vittorio Emanuele II di Savoia. Quante vicissitudini in un villaggio così piccolo! Pensate che i suoi abitanti sono solo circa 300 ora.SONY DSC Siamo a 420 metri sul livello del mare e qui la vita scorre lenta e pacifica. Per arrivarci bisogna scendere da Bajardo e, a Bajardo, ci si può arrivare anche dalla Valle Argentina, poi si scende ancora nel bellissimo San Gregorio, ricco di natura, e infine eccoci qui. Dalla piazza principale l’Albergo Italia ci saluta, imponente, appena sopra una salita. E’ la strada che bisogna percorrere per visitare meglio il paese. Ci porta dentro ai piccoli vicoli dove al sole non è permesso entrare.SONY DSCDeve rimanere fuori. Che fresco qui! Bastano pochi passi per arrivare in un altra piazzetta. Un ciottolato per terra forma la figura della Rosa dei Venti. E’ una piazzetta dove una bellissima fontana echeggia con il suo scrosciare di acqua fredda e limpida.SONY DSC Sopra di essa, una lapide in ardesia ricorda, come spesso avviene in questi borghi, l’invasione nazista e ne commemora il 25° anniversario. E’ stata posizionata lì nel 1969. Un’altra lastra recita così: “Il 2 luglio 1944 la popolazione di Castel Vittorio insorgeva a contrastare un attacco di nazi-fascisti con lungo martirio di stragi scontando il suo stoico eroismo.SONY DSC La F.I.V.L. a imperitura memoria per degnamente onorare i castellesi gloriosamente caduti per un’Italia libera da ogni tirranide pose. Il 2 luglio 1950 “. La fontana, sotto alla pietra, dalla forma che ha doveva essere un tempo un lavatoio. SONY DSCOggi, intorno a lei, c’è parecchio muschio che si rinfresca e, di fronte, c’è l’Asilo Infantile Orengo un bell’edificio alto e giallo.SONY DSC Anche i muri delle vie sono ricche di muschio e erbetta e le piccole margheritine campestri e i garofanini selvatici, si arrampicano ovunque assieme ad altri fiori.SONY DSC Siamo in un posto circondato dal bosco, dal verde assoluto, dagli alti monti e sembra di essere in un altra regione. In certi punti sa di “vecchio” cioè di una vita antica che è lì da anni. Alcuni angoli sono bui, mettono quasi a disagio, a me però affascinano moltissimo. Che fatica riuscire a scorgere anche un solo tocco di cielo.SONY DSC Sono tanti gli edifici religiosi ma i più importanti sono due: la Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano, di grande interesse artistico, la quale custodisce un bassorilievo sul portale laterale risalente al XVI secolo che mostra, al suo interno, un dipinto di Venusti rappresentante la crocifissione di Gesù, anch’esso molto antico;SONY DSC e l’Oratorio di Santa Caterina, in stile medievale e oggi sconsacrato.

Tra le vie, le protagoniste sono le piccole botteghe. Ben tenute, piene di roba e dalle vetrine simpatiche, caratteristiche e colorate. SONY DSCSono botteghe che vendono ovviamente prodotti tipici del luogo, al di là delle vecchie cartoline che stanno diventando sempre più introvabili, hanno l’olio, i pomodori, le olive. Le principali attività economiche del territorio di Castel Vittorio sono legate all’agricoltura, alla viticoltura, alla floricoltura e alla raccolta di funghi.SONY DSC Ebbene sì golosoni! In questo posto, che rimane leggermente nascosto dai monti, i funghi pullulano che è un piacere. Che dirvi ancora topini? E’ anche questo, da come avrete già capito, un luogo da venir a visitare.SONY DSC E’ un luogo che vi aspetta e vuole farvi conoscere tutte le sue caratteristiche e, anche in ambito culinario, le sue specialità. Qui a Castel Vittorio si mangia divinamente e con pochi euro. Se andate nell’Albergo Italia, che vi indicavo prima, vi sfido ad arrivare anche solo alla fine degli antipasti! Da leccarsi i baffi!SONY DSC Non perdete tempo ora che c’è la bella stagione! Questo paese vi potrà anche far trascorrere intere giornate all’aperto andandovene in giro a fare interessanti passeggiate nel verde.SONY DSC E’ circondato da sentieri che incuriosiscono e da boschi meravigliosi. A questo punto, non mi rimane altro che salutarvi con un bacione e ricordarvi di venire qui, a Castel Vittorio… ma passando dalla Valle Argentina! M.SONY DSC

Elogio agli Ulivi

Bhè insomma, vi continuo a parlare degli Ulivi che colorano tutta la mia Valle e parecchia Liguria. E allora rendiamoli protagonisti per questa volta!

Sono loro a dare il nome alla mia Valle (molto probabilmente) proprio grazie al colore argenteo delle foglie. Sono loro ad essere il simbolo indiscusso dei miei paesi.

Si trovano nelle rotonde, scolpiti nell’Ardesia, dipinti sui muri delle case, come corona di statue ed è strabiliante vedere come tanti poeti hanno elogiato, nelle loro opere, proprio l’albero dell’Ulivo conosciuto anche come albero della pace.

Questo lo si può notare nel piccolo paese chiamato Villa Faraldi che vi ho descritto nel post precedente.

Siamo sopra il bellissimo borgo di Cervo Ligure e, in questo pittoresco paese, passeggiando per le sue viuzze, si possono leggere frasi di Virgilio, Shakespeare, Montale, Platone, appese ai muri, su lastre di lavagna.

Ogni pietra riporta un ramoscello d’Ulivo su di essa in bassorilievo e, i poeti, lo hanno reso protagonista di indimenticabili poesie.

Queste frasi immortalate per sempre, ci accompagnano in questi vicoli colorati e, leggerle, riscalda il cuore. Ti senti a casa.

Tante sono nella mia zona le strade cosiddette “dell’olio” e tanti sono gli oleifici.

Persino gli Stornelli, a milioni, vengono a trovarci in un certo periodo dell’anno proprio per potersi cibare di questi frutti dai quali ricaviamo il dorato elisir.

Questa pianta, che appartiene alla famiglia delle Oleacee, in questo periodo, sta offrendo una nuova vegetazione più chiara, non si parla ancora di fioritura ma di ripresa vegetativa dopo l’inverno.

Questo fa si che le nostre colline assumono parecchie tonalità di verde e di grigio in questa stagione per poi colorarsi di arancio durante la raccolta, a causa delle reti che gli agricoltori piazzano sotto tutta la coltivazione.

Sorprendentemente sono bellissimi gli Ulivi secolari.

Queste storiche piante del Mediterraneo, a volte storte, a volte scavate, a volte enormi, pare impongano al silenzio, alla quiete, al rispetto.

Un Ulivo può mancare come il mare per chi è nato circondato da queste piante meravigliose e longeve. Con quelle chiome, quel loro peso, quell’essere perenni.

E leggete, leggete che muse ispiratrici sono state capaci di essere. Per chiunque le abbia conosciute.

E se qui, nella Liguria di Ponente, c’è tutto questo sentimento per loro, mi chiedo cosa può aver ricevuto questa pianta in suo onore nelle altre regioni d’Italia dove la produzione di olio e la loro presenza, sono nettamente maggiori rispetto a noi. 

Un paese intero pieno di lapidi commemorative.

Un borgo bellissimo che vi ho fatto conoscere meglio perchè meritava di essere visitato.

Per ora vi lascio alla lettura di questi stralci di poesia, vi lascio a questo tripudio, a termini incisi e affettuosi da chi ha saputo, solo con le parole, rendere un omaggio fantastico.

Buon proseguimento, io vado ad aspettare di poter raccogliere due olive per  metterle in salamoia.

Ma non è finita. Di Villa Faraldi, ho ancora una cosa da mostrarvi ma non vi dico nulla, ovviamente è una sorpresa.

Un forte abbraccio, vostra Pigmy.

M.