Un Ponte per la Pace – in Terra Brigasca

Cari Topi,

forse non tutti sapete che, in Valle Argentina, due paesi, quelli più in alto, verso il confine con la Francia e il Piemonte, sono considerati – brigaschi -. In realtà sono tre perché bisogna tener conto anche di Borniga ma quelli più grandi e più abitati (seppur abbastanza solitari) sono Realdo e Verdeggia, belli e amati.

Alcuni storici dichiarano, però, che Verdeggia non appartenne mai alla cultura brigasca ma essendoci un po’ di disordine in questo mi sento di citare entrambe le versioni. Non dimentichiamoci che, a quanto pare, le radici sono comuni per entrambi i paesi ma, come ben sapete, io non sono uno storico bensì un’allieva sempre vogliosa di imparare.

Da quello che ho capito, la confusione nasce per il fatto che Realdo apparteneva a Briga, prima di passare a Triora nel 1947, mentre Verdeggia è sempre appartenuta a Triora.

Con diversi villaggi, non liguri, come Carnino, Piaggia, Briga e altri, formano l’ultima comunità di terre brigasche esistente. Una comunità assai unita un tempo, unita soprattutto da un linguaggio, il noto dialetto brigasco, diverso da altre parlate e che oggi, purtroppo, si va perdendo.

Si tratta di un dialetto definito “occitano” ma, anche qui, ci sono contrasti in quanto parecchi linguisti affermano che non ha nulla di occitano ma si tratta di un antico linguaggio ligure alpino.

Nonostante questa unione e le loro usanze, nonostante la loro cultura, apprezzata e portata avanti negli anni con orgoglio, si narra che, tra storie reali e qualche leggenda, Realdo e Verdeggia abbiano vissuto un tempo di litigi che li ha visti separarsi al punto da detestarsi come si conviene.

Pare che il tutto sia nato per una questione di terre e confini, in un tempo dove la terra era l’unica fonte di nutrimento e reddito, sia per quel che riguardava la coltivazione sia per i pascoli.

E allora potete ben immaginare cosa accadeva quando, ad esempio, una fanciulla di Realdo si innamorava, corrisposta, di un baldo giovane di Verdeggia. I due poverini potevano vedersi soltanto di nascosto, magari di notte, e magari tra quei boschi meravigliosi che circondano questi due borghi. Sono diversi, infatti, i sentieri che uniscono queste due frazioni passando tra la macchia più fitta.

Un astio che è andato avanti negli anni e, ancora oggi, tra lo scherzo e la realtà, pur avendo mentalità decisamente più aperte, c’è chi fa notare che se si elargisce qualcosa a Realdo, occorre darlo anche a Verdeggia, fosse anche solo un complimento. Me ne guardo bene, infatti, io, a scrivere apprezzamenti soltanto a uno dei due! (Sorrido…).

Stiamo parlando di due villaggi davvero particolari, simili tra loro ma anche assai differenti.

Mentre uno è arroccato e incastonato tra le falesie più severe dell’Alta Valle Argentina, mostrando un carattere rude e sprezzante del pericolo, l’altro si lascia abbracciare dal verde più intenso che c’è, attraverso i profili morbidi della sua personalità. Mentre uno appare impavido e solenne, sull’orlo di un dirupo profondo e brullo, l’altro mostra dolcezza e sensibilità adagiato su un letto smeraldino.

Non è assolutamente così. Le doti descritte le hanno entrambi ma, all’apparenza, sembra proprio di poter godere di tantissime qualità differenti accoppiandoli assieme. Non per niente, uno si chiama Realdo che deriva da “Re Alto” e il nome dice tutto, l’altro invece si chiama Verdeggia che deriva da “Verdeggiante” e, anche in questo caso, il nome è totalmente esplicito.

Per favore, state zitti e non dite assolutamente quale preferite dei due altrimenti succede un quarantotto!

E insomma che questi luoghi magici e storici han litigato dispensandosi screzi a vicenda per molto tempo e restando divisi anche nel loro essere più antico e tradizionale.

Restarono divisi fino al momento in cui decisero, per la gioia di tutta la Valle, di fare la pace. Questo momento fu talmente importante che si decise di far qualcosa per renderlo significativo e ricordato nei tempi a venire.

E cosa poteva esserci di meglio di un Ponte per rimarcare questo giorno solenne?

Ebbene sì, Topi, un vero Ponte venne realizzato proprio prima del bivio che conduce sia a Realdo che a Verdeggia continuando la strada principale in modo da attraversare il Torrente Argentina. A questa struttura venne ovviamente conferito il nome di “Ponte della Pace”. Mai nessun termine fu più adatto.

Come se non bastasse, proprio dal bivio, venne persino posizionato un grosso masso a reggere una targa in memoria del lieto evento. Una targa che recita così (vi traduco quello che è scritto in lingua originale):

Realdo e Verdeggia uniti da tradizioni, modi di fare e parlata a Briga, Morignole, Piaggia, Upega, Carnino e Viozene (sarebbero gli altri paesi brigaschi, non liguri, che vi citavo prima) in ricordo, al segno di Pace, nell’antica origine Occitana

Pensate quindi, questo momento, quanto fu significativo.

E che luogo stupendo è questo. Il Ponte, breve e diritto, vive tra una vegetazione florida.

Il grande masso è sempre circondato da tante Farfalline.

Se si alzano gli occhi al cielo si può vedere il Monte Saccarello che sovrasta Verdeggia e si nota anche la bellezza austera di Rocca Barbone.

E’ piacevole ritrovare con lo sguardo i monti dai quali siamo abituati a lasciarci abbracciare.

Questo Ponte, oggi asfaltato, passa sopra al torrente rigoglioso, giovane, dalle acque fresche e limpide.

La quiete del luogo è rotta proprio dal rumore delle sue cascatelle che però, naturalmente, non disturbano affatto, anzi… Al di sotto di questa struttura, si possono anche notare diverse pozze d’acqua che, placide, bagnano cespugli e massi chiari.

Il canto degli uccellini più piccoli è vivace mentre il volo delle Poiane che sorvolano questa zona è silenzioso e lento.

Lento come lo scorrere del tempo che qui non ha fretta. Sia Realdo che Verdeggia, infatti, sono due paesi dove è assai facile ritrovare il benessere, la serenità e la gioia per la vita e per la Natura. Siamo appena sopra i 1.000 mt s.l.m. e anche l’aria che si respira diventa complice di uno star bene totale.

E allora, insomma, che Pace fu. Tutti lieti quindi. Un avvenimento che appartiene alla storia della Valle Argentina e che dovevo assolutamente raccontarvi.

Qui, vicino al grande masso, c’è anche una panchina, quindi io mi siedo e mi riposo mandando un bacio pacioso a tutti. Mi sento molto mediatrice.

Non starò molto, ho da scrivere altri articoli sulla mia splendida Valle che, ogni giorno, da come vedete, mi regala sorprese e nuove cose da scoprire, perciò, riposatevi anche voi perché presto si parte per altre avventure.

Squit!

Poco più in là: Viozene

AndiamoSONY DSC a Viozene oggi topini. In terra brigasca e, in terra brigasca, è chiamato Viusena, con la S che sibila come una Z leggera. Andiamo ai confini della mia Valle.

Viozene, il paese delle casette che sono baite, lavorate con il legno. Par di essere nel Tirolo. SONY DSCCon le ante delle finestrelle e le ringhiere dei balconi che fanno a gara per sentirsi dire chi è la più bella! Vere lavorazioni impegnative, vere opere d’arte.

Viozene, nel Comune di Ormea, nell’Alta Valle Tanaro, esattamente tra le provincie di Cuneo e di Imperia. Un borgo cullato e protetto dalle Alpi Marittime, tra le quali, spicca sopra di tutte, il Monte Mongioie alto ben 2.630 mt e situato ad Est della Punta del Marguareis. Un imponente dente di pietra che sovrasta l’intero villaggio e regna protagonista.SONY DSC E’ in terre come: Viozene, come Upega, come Carnino, che si parla quel dialetto occitano, particolare, di cui spesso vi ho raccontato. Quella lingua mista di francese che sta andando via via perdendosi. La lingua d’òc, la lingua provenzale, la lingua minoritaria dell’Italia Nord-Occidentale. E Viozene ne è uno degli scrigni più grandi e fervidi.

A 1240 mt circa, sul livello del mare, offre un’aria e uSONY DSCn’acqua superate da poche in fatto di purezza; fredde, limpide, pungenti. E’ la meta preferita delle persone anziane che vogliono stare al fresco in estate, e dei bambini che devono rinforzare i loro bronchi e respirareSONY DSC la buona aria di neve per combattere bronchiti e pertossi in inverno.

E perchè no, è la meta della pace e della quiete per le giovani coppie che vogliono tranquillità e, allo stesso tempo, conoscere e scoprire una natura mozzafiato; particolare, tipica di questo entroterra, a volte aspra, acerba, egoista, a volte più generosa.

E’ qui che si possono svolgere mille attività, dall’alpinismo alla mountain bike, dal rafting al trekking.

E’ la terra delle Madonnine a bordo strada, dentro a cappelle create a mano dai pellegrini fedeli. E’ una terra tipicamente simile alla mia.

Ad arricchirne i confini, vere a proprie meraviglie al di là dei sentieri che portano al Mongioie. Il Canyon chiamato “Passo delle Fascette”, di cui già vi avevo parlato, e tutte le falesie che lo circondano. Il Parco Naturale dell’Alta Valle Pesio e Tanaro, nel quale gongola. I suoi ricchi patrimoni: faunistico SONY DSC– rappresentato da cervi, camosci, caprioli, aquile, galli forcelli ad esempio, e quello floreale – interpretato da abeti bianchi, larici, faggi, borsa del pastore, una bellissima erba di campo.

Sono pochi i suoi abitantiSONY DSC residenti, appena 43. Lui si popola solo in determinati periodi dell’anno, divenendo, come dicevo prima, un vero e proprio rifugio per molti.

Ed è la terra del muschio, delle mele e dei monti che, all’imbrunire, si stagliano contro il cielo color degli abissi. E’ un paese fresco dove ti può capitare di sentire cori che intonano vecchie canzoni o partecipare a “I racconti intorno al fuoco“, dove giovani signorine narrano, spesso accompagnate da un soaveSONY DSC strumento musicale, fiabe che raccontano di quei posti magici e misteriosi della terra brigasca, adatte a grandi e piccini.

E’ il paese dei cortili recitanti davanti a casa, giardini morbidi di prato, i ciottoli per terra, il piccolo campo da petanque che mai può mancare e l’edera che si arrampica indisturbata sulle pareti esterne delle dimore. Il paese delle tegole rosse, degli insetti che svolazzano indisturbati, delle ciappe e dei sentieri. E del bosco. Il magnifico bosco tutt’intorno che finisce all’improvviso. E dei piccoli SONY DSCfiorellini gialli di genepy, dalle foglie verde chiaro, verde velluto.

Il genepy è un tipico liquore che viene fatto in questa terra e prende il nome dalla pianta dalla quale si ricava e che riesce a nascere anche in zone davvero impervie, dal sapore buonissimo e inconfondibile, attraverso il quale, si può percepire tutto il gusto dell’alta montagna.

Qui regnano felici e sazi e anche indisturbati mucche, capre, pecore, cervi e addirittura scoiattoli. E’ un piacere passeggiare per il paese e fare il loro incontro. Sono così carini! E così coraggiosi. Si avvicinano impavidi. E’ giusto.SONY DSC Ogni animale dovrebbe essere sereno nell’avvicinarsi all’uomo e, qui, accade. Spesso, al giungere della sera, è facile imbattersi nella nebbia, in quella ovattata atmosfera che cala piano, nonostante ci sia stata una tersa giornata di sole. Siamo davvero alti e le nubi è come se scendessero per dar la buonanotteSONY DSC alle montagne con un bacio poi… vanno di nuovo via e mostrano un cielo nero dai mille puntini dorati, luccicanti e brillanti. Un cielo splendido come raramente ne ho visto. Nessun tipo di inquinamento luminoso, più nessuna foschia, solo stelle, tante stelle, una miriade di stelleSONY DSC.

Le casette in pietra tornano ad essere limpide, visibili, illuminate da fiochi lampioni giallognoli intorno ai quali svolazzano grandissime falene. Loro hanno una lingua arricciata e lunghissima. Non intendono allontanarsi dalla luce ma nemmeno dal succoso nettare dei lilium. Che buffe! Non stanno ferme un solo secondo. Riuscire a fotografarle è un’ardua impresa davvero. Tramano frenetiche. Stanno sospese in aria come dei colibrì. Per stare qui a guardarle mi devo mettere il golfino.

Alla sera, anche in pieno agosto, non si può stare solo in maniche corte e le vecchineSONY DSC si mettono lo scialle sulle spalle oltre al golf pesante di cotone. Le vecchine che cuciono tutte insieme nel giardinoSONY DSC di una di loro.

 

 

 

I cani sono tutti liberi. ognuno ha un padrone e, alla sera, se ne tornano nella loro cuccia ma di giorno è bello gironzolare e nessuno può impedirglielo. Si conoscono e sono tutti amici.

Il problema giunge quando andate voi, con il vostro cane, legato educatamente al guinzaglio e tutti gli si avventano contro… poco ospitali devo dire. Oh mamma!

Le persone invece sono simpatiche e alla buona. Si trovano senzaSONY DSC difficoltà gentilezza e cordialità e tanta voglia di divertirsi. Si organizzano anche lotterie e mercatini pur di giungere allo spasso. E il paese è in festa!

Per non parlare dell’ottimo cibo! La cucina casalinga è di casa ed è un vero piacere per i nostri palati: sardenaira, coniglio alla ligure, frittata di erbette, fiori ripieni, insomma, da leccarsi i baffi. Dovreste provare. SONY DSCAllora topi, che ne dite? Vi è piaciuto questo posto? Bene, ne sono contenta. E’ meraviglioso, potete credermi. E’ l’ideale per un soggiorno in cui si vuole solamente ritemprarsi un po’ e non si chiede nulla di meglio, nulla di più.

Io vi mando un bacione per ora ma vi aspetto per la prossima mini-vacanza! Un grande squit a tutti voi!

M.

Le aquile di Bruno

Topiiiiii!!!! Eccomi tornata! Vi sono mancata?! Io sono più in forma che mai e speriamo stia bene anche il mio pc, ora. Era intasato e bloccato dalla moltitudine di materiale che vi conservo dentro, si è repso qualche malanno di stagione, insomma. Non vedo l’ora di venire a curiosare nelle vostre tane e vedere cos’avete combinato in questi giorni. Sicuramente qualcosa di magnifico. Anch’io sono tornata con un qualcosa di magnifico per voi, o almeno me lo auguro. Sarà un post emozionante, per me, ve lo regalo con tanto affetto.

Quella che segue è una storia bellissima che mi è stata raccontata da un amicoSONY DSC, Bruno, al quale un escursionista ha detto del rilascio di una coppia di aquile. Ancora una volta vi porto ai confini della mia Valle, nell’alta Val Tanaro, prima di Upega. E’ stato bellissimo vederle spiccare il volo, le parole di quell’uomo sono sincere.

Qualche giorno dopo, si trovava sul sentiero che porta alla SONY DSCcima dell’Antoroto. Bruno è salito al Colle del Lago dei Signori e, giunto poco sopra la Gola delle Chiusette, ha potuto notare un grande uccello che planava molto in alto sul vallone. Ha subito afferrato il binocolo e ha potuto seguirlo per diverso tempo e
identificarlo come un’aquila. Quasi sicuramente era una di quelle rilasciate, perché si è diretta, sparendovi, al Passo Flamalgal, in direzione di Upega.

Gli incontri con animali selvatici sono abbastanza comuni se si frequentano le montagne. E Bruno mi parla di un altro emozionante incontro, sempre con un’aquila, ma questa volta in alta Valle Stura salendo al Colle del Ferro, al confine con il Parco del Mercantour: a circa 2200 m di quota ha visto salire dalla valle quel meraviglioso volatile in compagnia di un piccolo. Salivano sfruttando le correnti, la madre non ha mai dato un battito d’ali, eseguendo invece dei cerchi nel cielo mentre il piccolo si affannava per tenerle testa. E’ rimasto fermo a osservarli per circa 20 minuti sino a quando sono scomparsi oltre la cresta. Ha potuto assistere alle lezioni di volo che la madreSONY DSC impartiva al piccolo, insegnandogli a sfruttare le correnti ascensionali che si formano nelle valli, le stesse che l’uomo sfrutta per utilizzare il deltaplano e il parapendio. E allora, topi, quando sono stata anch’io a Upega e ho poi visitato Viozene sino a salire su, sul Mongioie, e ho potuto ammirare questo spettacolo strepitoso che SONY DSCvi illustro attraverso queste immagini, ho pensato: “Quanta meraviglia!”. Ho visto un’aquila che stava cacciando che per un po’ ha volato planando sopra la rupe, concedendosi al nostro obbiettivo, per poi tuffarsi in picchiata alla vista della preda. La falesia dietro di lei la incorniciava in modo superlativo. Chissà se era la stessa aquila tanto ammirata da Bruno e rilasciata tempo prima!Chinque essa sia, è uno spettacolo della natura, credetemi. Ti trattiene col naso all’insù, stagliandosi contro l’azzurro del cielo. Nonostante appaia da terra grande come un puntino, anche da quell’altezza trasmette austerità e padronanza.

Mi auguro tanto che questo post vi sia piaciuto e che questi animali possano continuare a vivere protetti e in un ambiente non ancora compromesso dall’inquinamento. L’aquila è un animale magnifico, dai mille significati. Amato e venerato da diversi popoli, è il simbolo del bene che vince sul male. Spesso incarna il significato di potenza dell’intero Universo. E’ il re di tutti gli uccelli, al di sopra di molti animali e, come la farfalla, indica rinascita; una rinascita grintosa, quando il volere è potere, quando si desidera ardentemente una nuova vita. Lei è luce, forza, nutrimento, calore, splendore. Animale dalla rara bellezza e testimone di infinite vittorie, è divenuta l’appellativo e il simbolo di grandi capi e condottieri. E’ longeva e sfrutta al massimo la sua vita ricca di emozioni. Ci fa pensare a un importante regalo: la libertà.

E allora ciao, topi: ciao da me, da Bruno e dalle nostre aquile. E le immagini… be’, topo-amico ci tiene a far sapere che le ha scattate lui, perchè io solitamente lo sgrido sempre che non è capace a farle! E’ stato bravo, invece, vero? Alla prossima.

M.

Upega – cugina di I° grado

I ricordi che ho sigillato qui, dietro la porta dell’albergo Edelweiss sono tantissimi.

La festa in maschera, il passaggio del motociclista, la fontana e il lavatoio, i colpi alla pentolaccia, i gerridi e i girini, i racconti dell’orrore. Provo a guardare attraverso la finestra come a ritrovarli palpabili, concreti.

Edelweiss – Stella Alpina. Stella raggomitolata nel suo caldo burberry dalle tinte chiare. Stella di Upega. Dove, in inverno, la neve permette a tutti di riposare trasformando il paesino in un presepe.

Io invece, vivevo questo paese in estate, con gli amici, la topo zia, il pallone e il gioco del nascondino.

Mica si può andare sempre nei soliti posti. Cambiamo un po’. Andiamo a Upega.

Non c’è nulla a Upega; come potete pensare che una bambina possa divertirsi a Upega? Oltre la Gola, dopo Viozene, par non esserci più niente. Solo gli speleologi si sono avventurati e hanno scoperto Upega. Non appare nemmeno sulle vecchie cartine.

Vedi Pigmy, quei monti, davanti a te… lì è passato nonno, a piedi sai? -.

E quella mano tremante disegnava l’immaginabile profilo stagliato nel cielo tra le aspre falesie. Lì era passato suo fratello. Un pò di storia, di sentimento e poi via, a giocare, a rincorrere i cavalli selvatici.

Una bambina deve divertirsi a Upega. Può farlo, perchè in fondo c’è tutto quello che serve a Upega.

Upega, 1.300 metri sul livello del mare.

Upega, U con due punti sulla u. Pegau – Posizionato in alto. Questo il significato del suo nome. Oppure – Opaco -, dove non ci picchia il sole, chi può dirlo. Sono significati così anichi.

Upega, in provincia di Cuneo. Upega, terra brigasca. Ecco perchè cugina prima. La terra dei Brigaschi dove, anche la mia Valle, la Valle Argentina risiede, in su, verso la Francia, verso il Piemonte. La terra dei Brigaschi, la terra dell’Occitano, del Nizzardo, del Ligure, del Piemontese, insieme, a formare un’insolita tribù.

Con le sue tradizioni, il suo folklore, la sua cultura. Quel dialetto intemelio, particolarissimo.

Upega, pays brigasque, da poco riconosciuto come tale e d’inverno isolato dal mondo, con il suo Bosco Nero di Larici e Abeti e la sua Gola delle Fascette a preannunciarlo.

Con la – Sorgente della Salute -, della lunga vita, che sfocia da un tronco d’albero, fredda come i tre metri di neve che vengono a nascondersi dietro questi monti e danno il nome alla piccola Chiesa.

Upega, il Santuario della Madonna della Neve e i pascoli in fiore. Upega raccontata dalla rivista Ní d’áigura (Il nido dell’aquila). Rivista brigasca.

Upega, appoggiata nell’Alta Val Tanaro, ai piedi del massiccio del Marguareis, con le sue orchidee selvatiche e il profumo di Raschera che esce dalle baite montane. E le mucche e le pecore erano un’attrazione per noi bambini. E si giocava a fare i pastori credendo che obbidivano proprio a noi. E si portavano al di fuori del Bosco delle Navette, incuranti dei pericoli, della distanza da casa, delle voci che chiamavano, dell’abbaiar dei cani.

Arroccato alle pendici della lunga cresta del Ferà, godendo di tutti i piaceri della montagna, questo paese, appartenente al Comune di Briga Alta, è a soli 20 km dal mare e la strada che dall’Aurelia ci porta a lui è spettacolare; verde e tortuosa, panoramica e stupefacente.

E l’incontro dei suoi tre torrenti: il Negrone, il Corvo e il Znìge, che con le loro felci e le loro ninfee sono un palcoscenico da fiaba.

Upega, con il suo forno comune, il suo mulino comune, la sua grande Chiesa, la Chiesa di Sant’Anna, che risale presumibilmente alla seconda metà del XVIII secolo. Tutta in pietra e con un piccolo piazzale davanti a sè, essa ha sostituito una più antica cappella, ubicata dietro l’edificio del forno e adibita un tempo a cimitero, in comune anch’esso. Questo prima che venisse distrutta alla fine dell’ Ottocento.

Upega, oggi meta turistica, passaggio nascosto di Alpini e Partigiani, dai balconi di legno e dalle case caratteristiche in pietra con fienili sovrastanti l’abitato.

Case con i tetti in ciappe e uniti tra loro in un lungo susseguirsi come in una processione a coprire 25 abitanti che, un tempo, erano più di 400.

E oggi vi ho fatto conoscere Upega topi, nostra parente, parente stretta. Paesaggio tipico di un’antica terra. E, nella speranza di avervi reso la lettura interessante, vi aspetto per la prossima passeggiata.

Ora mi rilasso, chiudo gli occhi e immagino, ricordo, la vita all’interno dell’albergo Edelweiss. Del suo simpatico proprietario con le sopracciglia un po’ all’insù e sua moglie, ben pasciuta, che cucinava divinamente.

Un albergo avvolto dal verde ora. Un albergo che oggi, non esiste più.

M.

Il Bosco delle Navette

… dei fiori, degli Abeti e dei Cavalli. Questo è il Bosco delle Navette. Un bosco che quasi confina con la mia Valle, in terra brigasca; è il bosco di Upega.

Upega è un paese che fa parte del Comune di Briga Alta ed è situata nella Val Tanaro. Siamo sul confine tra la provincia d’Imperia e quella di Cuneo. Potrei dire di fianco a me per un certo senso.

Questo bosco, si trova esattamente appena sopra Upega e si estende per 2.770 ettari.

Lo si può definire uno tra i più spettacolari e interessanti boschi delle Alpi Marittime.

Si chiama così perchè un tempo, con il legno dei suoi alberi, Larici e Abeti bianchi secolari, si costruivano le imbarcazioni tipiche liguri per la Repubblica di Genova, oggi, gli stessi alberi, sono tana di animali stupendi come Camosci, Lupi, Marmotte, Caprioli e Forcelli.

Siamo nell’Alta Valle Tanaro e, nel cuore e nei confini di questo bosco meraviglioso, si snodano due itinerari che offrono spettacolari vedute di una natura incontaminata e padrona.

Essi sono la Colletta delle Salse che regala piacevoli scorci e il pregio di vivere ambienti creati da un ecosistema di rara bellezza e il Colle delle Selle Vecchie che permette di godere di panorami particolari e suggestivi per chi ha gambe e volontà allenate.

Considerati i tratti esposti in prossimità di Cima del Ferà e i punti tra Selle Vecchie e Case Nivorina, il cui sentiero è ridotto a tracce non chiare, si consiglia la percorrenza ad escursionisti esperti e competenti della zona. Quindi è bene ch’io me ne stia buona buona dove sono e vi mostri il bosco dai lati che son riuscita a vedere.

Come ad esempio l’area pic-nic, attrezzata, del Giarretto presso il ponte della provinciale sull’omonimo torrente ricco di fiori colorati di un fucsia acceso e spighe dorate.

Un torrente che, scendendo, accarezza ninfee e felci.

Ma per fortuna non sono tutti come me e, questo bosco, è visitato tutti i giorni da alpinisti e amanti della mountain bike oltre che da chi ama camminare.

Siamo ai piedi di Cima Bertrand, un monte alto 2.481 metri.

Dall’area pic-nic parte una pista forestale che s’inoltra salendo nel Bosco delle Navette e raggiunge la rotabile ex-militare Monesi-Limone. Ma questo non è l’unico sentiero, varie mulattiere, stradine e tagliafiamme ci portano ognuna in un luogo incantato ed è facile poter fare piacevoli incontri. Mucche, Pecore e Cavalli vengono spesso a pascolare e a correre felici.

Per arrivare qui, abbiamo preso la Provinciale 6 e sorpassato prima Viozene e poi Upega. Abbiamo attraversato la piazzetta dei camper e la Sorgente della Salute dove l’acqua, freddissima, passa dentro a tronchi cavi.

Intorno a noi, alte falesie e un vero Canyon, ci facevano sentire piccolini come non mai. Quelle rocce austere, quegli alberi, quel silenzio. Rocce che sembrano volerci chiudere in una morsa mentre ci passiamo sotto e le guardiamo dal basso verso l’alto.

E immagino correre i Lupi, i nostri soldati a scavalcare quelle montagne come fossero semplici vie.

Quante grotte s’intravedono da qui. Rifugi da primo soccorso.

Il Bosco delle Navette, sorge qui, a 1.580 metri circa sul livello del mare. Dopo questi aspri monti, quasi ad addolcire un pò il territorio. E’ un Parco Naturale dal grande fascino e dalla lunga vita ricca di storia ed avventure. Basta pensare che accanto a lui passa una delle più famose Vie del Sale.

All’inizio del bosco la piccola chiesetta della Madonna della Neve ci accoglie. Immersa nel verde, da’ le spalle alle alte conifere e ai cespugli di Rododendri che circondano questo paesaggio incantato. Vicino a lei, un rifugio di pastori vende latte e formaggio prodotto dalle loro Pecore e, a far da guardia, due splendidi Maremmani che si mimetizzano tra i velli degli ovini. Vere Pecore brigasche, ricce, pelose, bianche come la neve.

Qui si sogna. Qui vi ho voluto portare perchè possiate rimanere affascinati.

Qui potete ascoltare ad occhi chiusi, la voce del bosco, il suo accogliervi e il suo salutarvi. Una voce che echeggia rimbalzando tra Cima Missun, Cima Bertrand e Colla Rossa. Una voce che chiede rispetto ma sa darne altrettanto. Un parlare interrotto solo, di tanto in tanto, da un ululare, un frinire, un bubbolare, un belare e uno scalpiccio di zoccoli che trottano felici.

Un abbraccio.

M.

Passeggiata sul Mongioie

Cari topi, oggi andiamo leggermente fuori dala Valle Argentina, ma rimaniamo sempre in terra brigasca. Vi porto in una terra che confina con la mia, bellissima anch’essa. Siamo nella divisione tra la provincia d’Imperia e quella di Cuneo, nel parco naturale dell’alta Valle Pesio e Tanaro. Ho fatto una passeggiata, anzi, una scarpinata in salita, e volevo rendervi partecipi perchè i luoghi che ho visitato sono stupendi.

Siamo partiti io, topoamico e cane da Viozene e siamo saliti sul Monte Mongioie fino al rifugio, a 1550 mt. Sì, lo so, non ci credete, ma topoamico ha camminato senza lamentarsi! In realtà, questo monte è alto 2.630 metri e fa parte delle Alpi Liguri. All’inizio il sentiero è un terreno battuto, poi diventa una vera pietraia di  facile percorrenza.

Il tempo previsto per questa passeggiata è di 50 minuti ed è considerata un’escursione abbastanza facile, di tipo E, noi, ci abbiamo impiegato un’ora e mezza, ma devo anche dire che nessuno ci rincorreva e ci siamo goduti sia l’ombra, che ogni tanto ci regalavano gli alberi di nocciolo e gli abeti, sia la natura incontaminata.

Ho raccolto un po’ di origano e il dragoncello, buonissimi e puri, per fare piattini deliziosi e qualche mela selvatica ancora un po’ acerba. Tante le farfalle ed è stato incredibile vedere una piccola famigliola di Bambi (che dev’essere quello che cercava la mia amica Miss, che era venuto in vacanza). Le farfalle, le api e i calabroni succhiavano nettare ovunque, perchè i lati del sentiero sono circondati da fiori di ogni tipo. A prevalere su tutti era quello che noi chiamiamo carciofo selvatico. Quando ero piccola, la mia topozia li raccoglieva, li faceva seccare e li appendeva come magnifici quadri tridimensionali. E’ un fiore viola con una corona di spine tutto attorno. Il cane andava avanti e poi ci aspettava con quell’espressione come a dire “Ma come siete lenti!”.

Io, infatti, mi perdevo a guardare le meraviglie intorno a me. Dentro ad alcune rocce erano state scavate delle grotte e posizionate delle Madonnine e i fiori messi nei loro vasetti erano veri e appena colti. A volte invece, in qualche angolo si vedevano delle cataste di legna ordinate e pronte per l’inverno. A metà strada, la nostra via era attraversata da un piccolissimo ruscello d’acqua che sgorgava direttamente dalle pietre. Era acqua freddissima e aveva il gusto della neve. Bisognava bere, il sole picchiava davvero. L’ho toccata. Sono stata con la mano a sfiorarla per qualche minuto e a prendermi tutta la sua buona energia. La strada, poi, passa in mezzo a un boschetto prima di arrivare ai prati lassù dove sembrava veder correre camosci e stambecchi. Arrivati quasi alla meta, siamo rimasti minuti interi a guardare le aquile che volavano sopra di noi. Uno spettacolo e una, addirittura, insegnava ai suoi cuccioli a cacciare. Dopo un po’ si vedevano scendere in picchiata e mimetizzarsi nelle creste frastagliate dei monti.

Mi sono stupita nel vedere alcune casette, tutte rigorosamente in pietra e abitate, in un luogo davvero impervio, con tanto di orticello ben coltivato. Complimenti a chi abita lì e ogni mattina deve farsi mezz’ora di scarpinata per scendere in paese. Erano case bellissime. Sembravano quelle di una fiaba circondate da un contorno che mozzava il fiato compreso di ruscello e cascatelle d’acqua. Lo scroscio ci ha accompagnati per gran parte della gita. Stavamo per raggiungere il rifugio che si trova a Pian Rosso, un insieme di prati da perdere la vista sotto la vetta di questo imponente massiccio calcareo. Una vasca di cemento era piena d’acqua, era l’abbeveratoio delle mucche, candide come il latte, di così pulite e muscolose ne ho viste poche nella mia vita. Erano bravissime e docili. Hanno solo avuto un attimo di panico quando il cane si è messo a rincorrerne una. Povera bestia, che spavento si è presa! E’ stata una scena quasi drammatica, una vacca imbizzarita non è il massimo della felicità, ma, a ripensarci, questa scena mi fa sorridere. Il cane aveva trovato semplicemente un’amichetta con cui giocare, ma lei stava tranquillamente brucando l’erba per i cavoli suoi senza disturbare nessuno.

Finalmente eccoci arrivati! Abbiamo cambiato le magliette zuppe e le abbiamo stese sulla staccionata del rifugio. Ci siamo rinfrescati a una simpatica fontanella e ci siamo rilassati. Che pace! Non me ne volevo più andare!

Il rifugio è bellissimo, grande, di pietra e di legno. Offre anche un servizio navetta passando da un’altra strada per le persone che hanno difficoltà a camminare. Si possono anche acquistare una maglietta tutta colorata e una simpatica bottiglietta di Genepy, il liquore fatto con le erbe di montagna. Alcool a 35 gradi. Solo ad annusarlo ti fa digerire! Volendo avremmo potuto  mangiare lì, ma mi sentivo misantropa e ho deciso di allontanarmi dalla massa di gente che era venuta a crearsi dopo un’ora. Con tutto quel paradiso a disposizione mi sembrava assurdo dover star stretti per pranzare! Così, dopo aver chiaccherato di aquile con un simpatico vecchietto, a piedi nudi, ce ne siamo andati sull’erba fresca e abbiamo divorato pane ai cereali, prosciutto crudo e toma di montagna.

Nel pomeriggio, il tempo ha iniziato a cambiare. Le nubi si sono abbassate. Il “dente”, un pezzo di roccia appartenente al monte, era circondato da foschia. In alta montagna i cambiamenti climatici sono all’ordine del giorno e, spesso, la nebbia la fa da padrona. Abbiamo deciso, allora, di riscendere a valle con tutta calma e, quella salita, che era diventata per noi una discesa, era quasi più stancante dell’andata. L’indomani avevo male a un polpaccio, ma è anche normale, non faccio mai inerpicate di questo tipo. Tutti erano attrezzatissimi: bastoni, racchette, scarponi, zaini. Io e topoamico avevamo maglietta, scarpe da ginnastica e basta, però… abbiamo battuto in velocità un gruppo di boy-scouts! Sssst… non ditelo a nessuno.

Abbiamo lasciato quel luogo incantato che, a parte gli scherzi, è l’ideale per chi vuole cimentarsi in questo tipo di hobby, e ce ne siamo tornati in paese.

Cari topi, sono un po’ stanca, ma di un felice che non avete idea! Mi sento piena di emozioni e più forte, più energica. Anche oggi, la natura mi ha regalato tante cose.

Vi abbraccio e auguro buone passeggiate anche a voi. Fatele, perchè fanno bene alla mente e al fisico.

Vostra Pigmy salutista.

M.