E tu che verso fai?

Topi, quello che ho oggi per voi è un articolo simpatico e curioso.

Sono sicura che già lo saprete: ogni bestiolina ha il suo modo di comunicare con il mondo circostante, il proprio linguaggio, e allora oggi voglio farvi conoscere i versi degli animali che popolano la Valle Argentina, perché sono certa che alcuni di voi non li conosceranno tutti.

In questa stagione, anche se ancora per poco, i nostri bei luoghi sono rallegrati dai garriti delle Rondini. Se ne vanno di tetto in tetto, compiono voli acrobatici e intanto garriscono al cielo la loro euforia.

Quando la Rondine, ahimé, abbandonerà le valli e le coste delle mie zone per andare in luoghi più caldi, sarà più facile scorgere il Pettirosso. Sapete che verso fa questo piccolo pennuto? Chioccola!

pettirosso1

Un altro uccellino che si scorge più facilmente con l’autunno e la fredda stagione è il Codirosso e lui, non ci crederete mai, ma ciarla a tutto spiano.

Spostandoci dalla campagna al bosco, forse saprete che le foreste della Valle Argentina sono abitate dal Picchio. Strano ma vero, il suo verso è la risata!

Sugli alberi se ne sta appollaiato anche l’Assiolo, talvolta lo si sente chiurlare addirittura molto vicino alle tane degli umani, persino sulla costa. Il Gufo invece, più schivo del suo cugino, bubola e soffia nella notte. Della Civetta son proprio gelosa: squittisce come me che sono una topina, poteva trovarsi un verso più originale, vi pare? Guarda un po’ se doveva rubare proprio il mio, tsk! Un altro suo verso è lo stridio, perché uno non le bastava, vanitosa!

Altra creaturina alata notturna è il Pipistrello, sono sicura che tutti avrete sentito i suoi stridii quando sopraggiunge il crepuscolo.

C’è poi lo Scricciolo, il nostro ricici, che con la sua statura davvero minuta se ne va in giro ticchettando.

Il Passero, che abita in tutta la Valle e frequenta con spavalderia anche le città costiere, cinguetta spesso in compagnia di Colombi e Tortore, che invece grugano, gemonotubano in continuazione.

tortore

Anche Capinere e Cinciallegre cinguettano di ramo in ramo, ma sono meno cittadine del loro cugino Passero.

Il Beccaccino è raffinato, topi, il più romantico di tutti: il suo verso è il bacio, tenero lui!

E ora passiamo ai quadrupedi, che ne dite? Guardate che ne ho di belle anche su di loro, eh! Pronti?

Il Capriolo dagli occhioni dolci fa un verso strano, a sentirlo non si direbbe appartenere a un esserino all’apparenza esile e slanciato come lui: eppure rantega e abbaia, tant’è che per chi non è esperto può essere scambiato quasi per un cane un po’ roco.

cucciolo cinghiale

Il grufolare dei Cinghiali lo conoscete, ne sono sicura, e anche il suo grugnire, tipico anche dei maiali da cortile.

La mia amica Marmotta se ne sta vicino ai pascoli più alti, là dove le Mucche muggiscono negli alpeggi, e lei invece fischia a più non posso ogni volta che ha sentore di pericolo.

A fischiare è anche la Poiana, mentre il Biacco soffia e Corvi, Cornacchie, Gazze e Ghiandaie crocidanogracchiano per avvisare il bosco di presenze estranee.

Comare Volpe, invece, guaiola o guaisce. Che dire, poi, dei Furetti e di tutti i loro familiari? Fanno un verso che ha un nome stranissimo, topi, potpottano!

volpe

Il Coniglio emette zigolii, mentre il Tacchino si accoda al furetto per stranezza: il suo verso si chiama gloglottio o gorgoglio. Il chiocciare delle Galline e il canto del Gallo lo conoscete meglio delle vostre tasche, riempie sempre i pollai e le zone campagnole, ma forse non sapete che del Gallo si dice anche che chicchiricchia.

gallo

La sponde dell’Argentina, poi, offrono posticini accoglienti per le Anatre: le si sente crocchiare e insieme a loro starnazzano le Oche e gridano i Gabbiani.

E poi la mia Valle è tutta un bombire di Api, il loro ronzio è lo stesso che accomuna anche i Bombi, le Vespe, i Calabroni e molti altri insetti alati.

Insomma, topi, da Nord a Sud, da Ovest a Est, la mia Valle è tutta un gran chiacchierare in mille lingue diverse. Spero di avervene fatte conoscere di nuove!

Io adesso vi saluto, vado a squittire un po’ di qua e di là, in cerca di un nuovo articolo per voi. Baci!

 

Un Santuario e un Ristorante

Siamo di nuovo presso il ponte di Loreto, ma questa volta non è per parlarvi di lui.

Da come potete vedere in questa prima foto, a ridosso del monte, vicino al ponte, ci sono una chiesetta e una casa bianca; quella è una trattoria.

Basta. Non c’è altro, ma è proprio lì che oggi andremo, perchè anche loro, meritano una visita. Perchè sono da sole, si tengono compagnia assieme a qualche minuta casetta qua e là ma sanno offrire tanto. Fanno ovviamente parte del comune di Triora.

Il Santuario, nominato anche Santuario di Nostra Signora delle Saline, sta a significare e ricordare, lo smercio che si effettuava attraverso la Via del Sale che collegava la Valle Argentina con il Piemonte. Una delle tante Vie del Sale in quanto, sì, sono parecchie.

A questo Santuario, ogni prima domenica di settembre, i fedeli dedicano una festa e, nel corso degli anni, lo hanno riempito di voti e testimonianze di fede in onore alle grazie ricevute dalla Madonna.

Costruito interamente in pietra e appoggiato su una grande roccia, ci offre un artistico campanile che sembra un puzzle di sassi e, accanto a lui, possiamo godere di una vista spettacolare.

Al suo interno troviamo anche numerosi dipinti di Lorenzo Gastaldi, pittore del ‘600 e notiamo che, questo nome, non si accomuna solo ai quadri che lo abbelliscono ma anche ad una lapide, sulla parete esterna della chiesa a testimoniare che, quel luogo di preghiera, fu proprio fatto costruire dalla famiglia Gastaldi di Triora, nella prima metà del XVI secolo, come descrive anche nei suoi scritti, Padre Francesco Ferraironi nel 1913.

Questo Padre, sacerdote e grande conoscitore della Valle Argentina, ha fatto incidere e collocare tantissime targhe in Triora e nelle vicinanze e, il Santuario di Loreto, ne è la dimostrazione. Una bellissima insegna, in marmo bianco, del 1953, ad esempio, riporta una frase, in dialetto, nella quale si richiede protezione costante alla Nostra Signora : Madonna di Loreto, Madre Santa, prendetevi di noi tanta compassione, fate da intercezione presso Dio, essendo la nostra vera protettrice. Noi vogliamo la vostra benedizione, che ci guidi tutti finchè viviamo.

Leggendola nel nostro dialetto, potete notare le simpatiche rime.

Davanti al Santuario, sopra al portone sovrastato totalmente da un portico  in ardesia, c’è un bellissimo dipinto raffigurante gli Angeli che trasportano Maria, con Gesù neonato, contornata da nuvole.

La scritta in latino sta a significare un messaggio per ogni pellegrino: – Sotto questo tetto nessun voto va perduto. Da questa fortezza nessun uomo torna rattristato -.

E’ proprio di fronte a questa entrata che si erge il monumento in onore ai martiri della libertà della Valle Argentina e, in principal modo, a Gian Vittorio Guglielmo Vitto, Comandante della II divisione Garibaldi, mancato nel 2002.

Un grande masso, ornato di fiori, ne riporta il viso scolpito con massima precisione.

E’ dall’altra parte della strada invece che troviamo il piccolo ristorante di Loreto, il bar-trattoria, rappresentato da una semplice insegna, dove sopra sta scritto “Cucina Tipica Ligure” e niente di più.

A parte il mio rapporto di – odio/amore – con la proprietaria, dato che mi detesta perchè le fotografo le bacche degli arbusti fuori dal suo ristorante (potete capire di cosa sto parlando nel mio post “Sfatiamo un mito”), io adoro questo posticino, perchè è veramente tranquillo e la sua particolarità è che, a qualsiasi ora tu arrivi, puoi ordinare panini al salame a volontà. Si ok… ehm… con il salame, la signora è un pò tirchia ma… diciamo che le voglio bene lo stesso. Oh! Siamo liguri o no?

Ecco quindi giungere sul nostro tavolo fette di morbido pane di Triora, un tipico pane delle nostre parti, con del buon salume, accompagnato da una bottiglia di acqua fresca della sorgente e ottimo Dolcetto. Mi è d’obbligo, a questo punto, perdonare la tenutaria dai suoi sguardi malefici nei miei confronti e verso la mia fida macchina fotografica.

All’interno, questo modesto locale, arredato come un tempo erano le osterie montane, è colmo di fiori secchi, teiere di ogni tipo, pentole di rame appese, animali imbalsamati: una volpe, una testa di cinghiale, un tasso, degli uccelli e i pochi tavolacci di legno, che arredano la sala da pranzo, sono ricoperti da tovaglie a quadretti bianchi e rossi, colorando così in modo alpino e “alla buona”.

Ora, è inutile che sto a raccontarvi cosa non ho dovuto fare per fotografarvi la volpe che vedete nelle immagini. Non solo le capriole e i tripli salti carpiati, ma ho dovuto anche distrarre la ristoratrice. Se si arrabbia per le bacche selvatiche, figuriamoci per la volpe di sua proprietà!

Questa macabra immagine (lo so), può non essere piacevole e lo riconosco, ma così è abbellito questo luogo e come tanti altri d’altronde. Purtroppo è l’usanza. Io comunque me ne vado prima di venire impagliata anch’io. Il lato positivo è un delizioso e gustosissimo menù in un posticino alla buona, economico e isolato da traffico e rumori.

Vi saluto e scappo, alla prossima, vostra Pigmy.

M.