I passi degli altri

Passi, passi e poi…?

Cari topiSONY DSC, le calzature che vedete in queste immagini sono scarpe che ho trovato abbandonate in giro in vari luoghi e ho fotografato. Mi son sempre detta, “prima o poi ne farò un post”, e quSONY DSCel giorno è arrivato.

Sì, perchè non capita a tutti, penso, di trovare scarpe lasciate qua e là, soprattutto se ci si ferma ad immaginare come abbiano potuto fare, i vecchi proprietari, a tornare a casa scalzi. Da non credere vero? Non le ho messe io, ve lo posso assicurare. A voi è mai capitato di trovarne così tante? ChissàSONY DSC cosa vorrà dire. Oddio, non dev’esserci per forza una spiegazione, ma forse sì.

Ed è anche bello poter pensare che forse… devo prendere e andare a scoprire nuovi luoghi? O devo soffermarmi un po’ di più con le zampe a terra? OSONY DSCppure ancora, la Caritas, così facendo, può aiutare di più i bisognosi?!

Ma dove mi soffermo maggiormente è sul pensiero che mi porta a chi, queste calzature, volente o nolente, le ha abbandonate.

Un elegante paio, color mogano, su una panchina di Parigi in Rue d’Alésia, uno più sportivo, per passeggiare in campagna in compagnia della natura, uno per tutti i giorni, fuori da un Supermercato, dove probabilmente tutti i sacchetti erano già troppo pesanti da portarsi appresSONY DSCso. Un grosso paio di stivali verdi, in gomma; tipici del pescatore, messi a colare via tutta l’acqua entrata. Ciabatte da bambino. E che dire di chi delle scarpe ne ha fatto due comodi vasetti?

Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Lasciate lì, forse dopo una serata passata con Bacco, inebriati dall’alcool, o una fuga improvvisa, per la quale non c’era tempo da perdere, o ancSONY DSCora, una semplice dimenticanza. Ma com’è possibile? Ognuno di essi… In quanti mai potrebbero dimenticare scarpe in giro? E quanti passi, queste scarpe hanno fatto prima di rimanere ferme lì? Appoggiate a terra o sospese per aria? Una Valle piena di calzature la mia. E non è Valleverde!

Un bacione topini e non zampettate troppo voi!

M.

Charles Baudelaire, protagonista di diversi incontri

L’aurora tremante in veste rosea e verdeSONY DSC

avanzava lentamente sulla Senna deserta

e la fosca Parigi, stropicciandosi gli occhi,

impugnava i suoi attrezzi, vegliarda laboriosa.

Parigi 2012,SONY DSC

Cimitero di Montparnasse, 14° arrondissement.

Mi soffermo davanti alla sua tomba. Lo hanno stranamente messo insieme al detestato patrigno, il Generale Aupick e la madre, amata e odiata, Caroline Archimbaut-Dufays. Lo hanno messo qui, nel 1867, dopo una breve vita da incompreso, secondo il suo pensiero, genio e sregolatezza, masochismo e dannazione. E’ nello stesso Camposanto che accoglie i filosofi e scrittori Jean Paul Sartre e la compagna di vita Simone De Beauvoir dei quali potete vedere la lapideSONY DSC nell’immagine qui a fianco; una lapide piena di gingilli e bigliettini, ricordi e preghiere. Ed è insieme a tantissimi altri personaggi ricordati e conosciuti, come lo scrittore Guy de Maupassant, l’attore Philippe Noiret, il politico Porfirio Diaz e tanti altri.

Charles Baudelaire scrittore, critico e aforista francese è stato un personaggio che mi ha sempre incuriosito. Quel suo essere così bohèmien, SONY DSCquel suo credere a ciò che voleva credere, quel suo bene e quel suo male a lottare instancabilmente l’uno contro l’altro come lotte intestine. E il bene nel male e il male nel bene. E ora questa lapide, mezza vuota, mal tenuta, con una spolverata di muschio sopra e un mucchio di foglie secche intornoSONY DSC. Qualche biglietto della Metrò, fermato da un sassolino che i turisti hanno pagato per arrivare sin qui e qualche cartina di sigaretta come a significare “A te Charles, amico mio… tu sì che saresti stato in grado di capirmi”.

Pare di scorgere questo dagli sguardi degli adolescenti che osservano la tomba senza forse sapere nemmeno veramente chi sia sepolto lì sotto, chi era il loro amico Charles. Questo cenotafio, che sembra un parallelepipedo, è lì, in mezzo agli altri, senza spiccareSONY DSC, senza farsi vedere. Parlo di Baudelaire in quanto è stato protagonista più di una volta dei discorsi tra me e Topoamico. Manco lo amassimo così particolarmente, poi. Ricordo anche nel primo incontro. Quella sera ordinai un Gin Tonic e me lo servirono con una apprezzata fetta di limone. Era estate e faceva caldo. – Chi beve solo acqua ha qualcosa da nascondere -, mi disse pronto lui pavoneggiando simpaticamente la sua cultura citando una celebre frase del poeta. Fu anche un modo carino per darmi della persona aperta e sincera. – Il peggior inganno del diavolo è quello di persuaderci che egli non esiste – gli dissSONY DSCi io, qualche tempo dopo, cercando di fargli aprire gli occhi su alcune persone e facendolo ridere. E quando venni qui, in questo boulevard, volli vedere dove stava colui che a noi ha fatto anche sorridere. Può sembrare strano, lo so, ma è così. E oggi vi ci ho portato, anche se immagino cheSONY DSC sicuramente avrete già visto dal vero la lapide di Charles Baudelaire, voi che siete più gironzoloni di me. E che impressione vi ha fatto? Un bacetto, topini.

M.

Pigmy – Topolina francese I° parte

Topi cari, in questi giorni ho trascorso la mia vita a…… Parigi! Oui, esatto!

Sono stata invitata da mio cugino Ratatouille a trascorrere qualche giorno nella splendida Ville Lumière: che spazi ampi, che sfarzo (anche troppo, a volte), che maginificenza! E poi monumenti, storia, verde, luci… e ancora divertimento, sfiga, fortuna! Insomma, lasciatemi raccontare.

Siamo arrivate a Orly alla sera alle 22 e 30 circa. Il volo è stato abbastanza tranquillo, ma voi non sapete che io ho il terrore di volare. Ebbene sì, non ho niente a che vedere con Bianca, Bernie o Fievel: io, sto con le zampe ben piantate a terra! Come ciliegina sulla torta, tra l’altro, due topi seduti davanti a noi, iniziano a litigare e a fare quasi a botte. Le hostess hanno cercato di placare gli animi, e il più rissoso dei due è stato apostrofato da tutti i viaggiatori. La sua ferocia non piaceva proprio a nessuno. Insomma, quando il panico si era ormai impossessato di me e ho iniziato a far ridere chiunque, ecco che Topoamica, per distrarmi, mi ha fatto giocare a tris e all’impiccato su un pezzo di carta. Ho sempre vinto io, si vede che la paura mi rende fortunata.

Alla fine siamo atterrate e abbiamo preso il primo taxi. Ovviamente, essendo il primo, se n’è approfittato spudoratamente e ha fatto il giro, a parer mio, da Strasburgo. Lo sapevo già, ma ero troppo impegnata con il mio cellulare.

Bloccato.

Pin bloccato, serve il puk.

Belin! Da quando mi hanno ridato il numero, quando mi era stato rubato il telefono, non l’avevo mai spento e non sapevo che il codice fosse un altro! Insomma, abbiamo avvisato parenti e amici con il telefono di Topoamica.  Mio padre, colta l’occasione della chiamata, mi ha comunicato che la mia macchina, che gli avevo affidato in custodia vista la mia assenza, non si sa come mai, non si accendeva più. Abbiamo iniziato proprio bene!

Siamo arrivate in albergo alle 23:30 e alla reception non c’era nessuno. Dopo qualche minuto è arrivato il portiere notturno, un topo cinese con la testa completamente rasata e una cicatrice ancora fresca e bella rossa che gli percorreva tutto il cranio. Non ha voluto i documenti e non ci ha chiesto neanche chi fossimo. Ci ha dato la chiave della camera e buonanotte al secchio. Topoamica ha preteso di essere registrate, subito dopo siamo salite. Ci siamo inerpicate per due piani, senza ascensore, con mega-valigione al seguito, su per una scala a chiocciola dai gradini davvero molto stretti e finalmente siamo entrate in camera. Nulla era come le foto viste su internet. Ci sta che le immagini siano sempre un po’ diverse dalla realtà, ma quello sembrava quasi un altro albergo! Solo dopo abbiamo scoperto che quell’hotel carino che avevamo scelto, economico ma ricco di tutti i comfort, aveva cambiato gestione tre mesi prima.

Siamo entrate nella stanza, anzi, nel bagno. Sì, sì, nel bagno! Pensavamo di aver sbagliato locale, poi però ho visto una porticina, l’ho aperta e abbiamo scoperto il letto. Va beh, era pure senza lenzuola, la trapunta era a diretto contatto con il pelo, ma non fa nulla: io sono spartana. La cosa più buffa, però, era l’avviso sulla porta del bagno: “Si pregano i signori ospiti, qualora volessero fare la doccia e usare l’acqua calda, di aprire anche la finestra per non far scattare l’allarme antincendio”. Eeeeh! Mi sa che parecchi parigini avranno goduto delle mie virtù! Amen. Mica potevo trovarmi con cinque sapeurs pompiers nella vasca da bagno!

Per finire, si vedeva un solo programma alla televisione: il Tennis.

Siamo uscite e siamo andate a mangiare. Nelle grandi città, fortunatamente, servono cibo a tutte le ore. Rinfrancate dalla mangiata, siamo andate a dormire.

L’indomani è stata la giornata più faticosa, tutte le altre le abbiamo organizzate così bene da riuscire anche a riposarci tranquillamente ed essere belle pimpanti per la serata.

Ecco il programma del primo giorno: Notre Dame. Bellissima, meravigliosa, maestosa. Ci tenevo tanto a vederla! Che opera d’arte fantastica… Così imponente da incutere persino timore, se vista di notte illuminata dai lampioni giallognoli. Al suo interno rosoni, tombe, statue e mille, mille altre cose. Uscite da Notre Dame, alla quale abbiamo dedicato due ore e mezza guardandola dentro e fuori e scattando foto alla galleria dei re, ci siamo fatte una bella passeggiata lungo Senna nell’ile de la citè, passando sul ponte di Louis Philippe che ci ha condotte al museo Carnavalet, il museo della storia di Parigi e la vita di Luigi XIV, XVI e Maria Antonietta. Ecco i loro mobili, i loro utensili e addirittura ritratti, testamenti e ciocche di capelli. E la camera di Marcel Proust e ceramiche pregiate e tesori. Ci trovavamo nel quartiere di Marais, molto carino. Passata da poco l’ora di pranzo, abbiamo mangiato qualcosa e poi, con la metro ci siamo dirette velocemente al museo d’Orsay. Abbiamo  ammirato solo gli impressionisti e qualche altro pittore: Manet, Monet, Renoir, Degas e poi, Van Gogh, Gauguin, Signac e Valkenborgh. Il resto lo abbiamo tralasciato, eravamo davvero stanche. Erano le sette ormai, e siamo andate a prendere un aperitivo per riposarci un po’. Per concludere la giornata in bellezza, tour sul bateaux mouches.

Si è messo a piovere. Io e Toposmica eravamo le uniche impavide all’aperto, nella parte soprastante il barcone e sotto un ombrellino rosa. Finita la traversata, c’era un taxi che stava aspettando proprio noi. No, in realtà era parcheggiato fuori servizio, ma è stato molto carino, molto comprensivo e molto economico. Abbiamo cenato in un tipico bistrot tutto rosso con tavolini e sedie in legno. E’ stata una giornata stancante, ma meravigliosa. I miei occhi hanno visto luoghi stupendi  un sonno ristoratore mi ha preparata per l’indomani.

La metropolitana era ormai nostra amica. Come tutti sanno, a Parigi, viaggiare con lei è semplice, comodo e costa poco. Dopo una buona colazione ci siamo dirette verso il quartiere di Montmartre, ma ci siamo fermate prima per una tappa nel fantastico museo delle cere di Grévin e lì ho iniziato a ridere alle 9 e 30 del mattino per finire dopo ben due ore. Le foto che abbiamo fatto con i personaggi famosi sono divertentissime, buffissime. Topoamica ha riso con Elton John e ha abbracciato la Bellucci. Io ho agguantato Clint Eastwood, buono come pane e Nutella anche se finto, e Morricone ha iniziato a suonarmi nelle orecchie. Topoamica cantava con Pavarotti e bevuto insieme a Hemingway, io, invece, ho sfilato con Naomi Campbell e mi sono seduta sulle ginocchia di Victor Hugo. Uno spasso!

La sala degli specchi è stata un gioco di miraggi, poi siamo andate via, verso Place Pigalle. Abbiamo prenotato al Moulin Rouge per lo spettacolo della sera alle ore 23 e ci siamo fatte un giro nella via del sesso più famosa della Francia. Spogliarelliste sfacciate cercavano di invitare gli uomini per una serata di lap-dance e, nelle vetrine, c’erano i vestitini più bizzarri per la gioia di ogni uomo. Ma che fame avevamo!  Siamo salite a Place du Tertre, la piazza degli artisti e abbiamo mangiato come lupi famelici. Ovviamente ci siamo fatte fare una buffissima caricatura in carboncino e abbiamo ammirato i ritratti e i paesaggi dipinti da tutti questi pittori. Era giunta l’ora di visitare il Sacre Coeur e qui, Topoamica avrebbe voluto scomparire: prima l’ho portata nella cripta fredda e umida della chiesa e lei è mezza claustrofobica, e poi l’ho fatta salire in cima al duomo, arrampicandosi su 300 scalini a salire e 300 a scendere… Se devo essere sincera, quegli stretti e consumati scalini di marmo, racchiusi in anguste pareti, hanno fatto faticare un po’ anche me. Da lì, però, si vedeva tutta Parigi e il panorama era splendido. Abbiamo affrontato ancora scale giù per i giardini della piazza del Sacre Coeur e poi, finalmente, abbiamo potuto godere di riposo. Ci siamo riposate tanto e abbiamo cenato. Avevamo tempo fino alle 22 e 30,  perché alle 23 sarebbe iniziato il magico spettacolo Feerie del Moulin Rouge. Un po’ di bourlesque per nulla volgare, mi è piaciuto proprio tanto.

Siamo andate a dormire alle 2 di notte e l’indomani…. beh, ve lo racconto la prossima volta. Per ora vi lascio due foto.

Vi abbraccio forte.

M.

La Ruota Panoramica

E ditemi… ci siete mai saliti sopra? Io si, quand’ero ancora una topina. Oggi mi tremerebbero i baffi così tanto da non riuscire nemmeno ad aprire gli occhi. E, sicuramente, lei si fermerebbe proprio mentre io sono nel guscio più in alto, lassù in cima.

Vedere il mondo da lassù è però fantastico. Lo ricordo. Forse ancora meglio che essere su un aereo. Si possono vedere distintamente tutti gli angoli della città nella quale si è: Roma, Parigi, Londra, ovunque.

Ricordo l’aria fresca che tagliava il viso, ancora più fredda di quella che sfiora i musi mentre si cammina con i piedi per terra. O forse è solo emozione.

E ricordo le luci. Ancora più luci, più che da qualsiasi altra parte. E le città sembravano immense. Quei puntini luminosi non finivano mai, si allontanavano sempre di più, diventando ancora più piccoli, come a segnare l’infinito.

E ricordo la sensazione di quando il giostraio ci faceva accomodare, e piano piano si saliva, sempre di più, ed era come non arrivare mai.

La testa la sentivo più leggera, il cuore iniziava a scalpitare sempre più veloce e avrei voluto guardare proprio sotto di me ma niente. Anche se ero una cucciola e non avrei dovuto aver così tanto timore, data l’incoscienza che spesso arricchisce i più piccoli, riuscivo a malapena ad osservare l’orizzonte nero a pois dorati.

Sì, le volte che sono salita sull’enorme ruota era sempre sera.

Guarda Pigmy, guarda la gente giù con tutti i nasi in aria! – mi dicevano, ma io ero quasi bloccata. La miriade di narici, al di sotto di me, non era di mio interesse.

E mi tenevo forte alle ghiacciate sbarre intorno.

La cosa che più mi spaventava era il dondolio delle cabine colorate. Bellissime, parevano i giocattoli di una fiaba, le casette dei Puffi o le tane di qualche Bianconiglio ma, quel loro volteggiare leggero, di qua e di là…. Santa Topa che paura! Brrrr.

Però, se cammino sotto di lei, non posso fare a meno di ammirarla. Di perdermi nella sua maestosità fino a sentire male al collo. Mi piacerebbe cavalcarla, tornare ad avere un contatto con lei. Sedermici dentro e lasciarmi cullare sempre più in alto, fino a toccare il cielo. Chissà… un giorno forse.

Per ora ci passo sotto e basta e vorrei non curarmi di lei ma, il mio sguardo, anche se mi allontano, finisce sempre lì, perchè quando c’è, domina su tutto.

Ah! Quanti ricordi. Vabbè, ogni cosa a suo tempo, non fa niente, per ora mi accontento di girare nella ruota di mio cugino il criceto.

Un bacio vertiginoso, vostra Pigmy.

M.