L’appuntamento del 2 giugno

Si cammina ancora topi, e questa volta voglio segnalarvelo con un bel po’ di anticipo. E’ un appuntamento importante, quello del 2 giugno 2012, una delle più belle e lunghe passeggiate che si effettuano nella mia Valle. A organizzare il tutto e a preparare leccornie, sono sempre loro, i simpatici proprietari dell’agriturismo “Gli Ausenda”, e questa volta, ci porteranno da Glori fino a Carpasio. Quattro chilometri e mezzo da fare a piedi in mezzo a monti, piante, animali e panorami mozzafiato. Non dimentichiamoci, inoltre, della visita ai due santuari più conosciuti di questo tragitto, quello di Ciazzime e quello di Nostra Signora di Lourdes. Si attraverseranno le borgate di Roggeri e Fontanili, fino ad arrivare in cima alla vetta e godersi il mondo visto da lassù. Rocca Castè, la rocca di Carpasio, 1.000 metri di quota. Qui, addirittura si potrà mangiare al sacco in uno spazio che si pensa venne preparato dagli uomini preistorici per il sacrificio di animali. Per finire, si chiuderà in bellezza con la famosa “merenda longa”, uno spuntino in cui si assaggiano tantissime squisitezze, dopo la quale è davvero inutile fare cena! Il comune di Molini di Triora vi aspetta numerosi e ricordate: potrete conoscere tante persone semplici che come voi amano la montagna e la natura! Non mancate.

La vostra Pigmy.

M.

La vipera: il terrore della Valle Argentina

Non sono mai riuscita a fotografarne una, quindi posterò questa foto di qualcuno più bravo di me (comune.challand-st-victor.ao.it).

Oggi gli ovidiofobici mi odieranno, ma è anche lei un animale e vive nella mia Valle. State tranquilli, non può uscire da questo schermo.

In questo periodo, quando il sole inizia a scaldare, lei comincia a far paura. I cercatori di funghi si procurano lunghi bastoni, i cacciatori appendono campane ai collari dei cani e le nonne impediscono categoricamente ai nipotini di sedersi su massi o rocce dove spesso la vipera si apposta a riscaldarsi. Queste sono tutte utilissime precauzioni, fatele, ma non siate fobici.

Ebbene, credetemi, non è così pericolosa. E’ velenosa, questo sì, al contrario della sua cugina biscia per nulla mordace. Ma ciò che la fa scattare è la paura. Solo la paura. La vipera non attacca mai per uccidere, solo per difendersi. Sarà lei per prima a scappare (non posso dire a gambe levate), quando vi vede. Solitamente, infatti, gli attacchi da parte di questi rettili avvengono quando si alza il sasso dove loro erano sotto rintanati (cosa da non fare mai), o quando gli si pesta la coda. Possiamo, forse, dargli torto? Gli rompiamo la casa o gli buttiamo addosso 60 chili di roba, quando va bene, vorrei un po’ vedere. Cos’altro potrebbe fare lei, a quel punto? Lo so, vi posso sembrare fuori di testa, ma credetemi, alcuni esagerano davvero.

Da maggio a settembre in montagna non si va più, categoricamente. Suvvia, mi sembra davvero troppo! Cosa dovrei dire, io, che sono il suo cibo preferito? Voglio però darvi alcuni consigli che, a loro volta, mi sono stati regalati da Guido Lombardi e Francesco Bianco, due grandi studiosi della natura e soprattutto di rettili. Allora, innanzi tutto non è sempre una vipera quello che vedete strisciare. La vipera ha, per prima cosa, una testa dalla forma triangolare che alla base è molto più larga del “collo” (e voi ora direte, “eh sì, perchè mò io guardo se ha la testa triangolare o quadrata prima e poi…scappo!”), ma insomma, non potete mica star lì ad aver paura di tutto ciò che striscia? Fatemi finire. In secondo luogo, la vipera ha delle squame, più o meno frammentate, rispetto agli altri serpentelli, che sono più lisci diciamo. Rispetto ai nostri comuni rettili, ha una pupilla allungata, ma se siamo in un bosco, cosa possiamo notare istantaneamente? La coda. La vipera ha una coda troncata. Più tozza degli altri. E poi, la vipera, è un animale piuttosto pigro, vile e se vogliamo stupido. Stupido nel senso che, con la potente arma che ha, potrebbe far razzia di esseri umani, ma come vi ho già detto il veleno è usato solo per la difesa o per cibarsi. E, credetemi, è talmente paurosa, da riuscire a stare giorni senza mangiare, se non si sente tranquilla di poter uscire dalla sua tana. Sappiate, inoltre, che una vipera non scapperà mai velocemente, in un batter d’occhio, provocando un rumore secco e di breve durata. La vipera è più lenta, il suo strisciare è continuo, ma quando sentirete questo rumore, vuol dire che essa è già in fuga.

Ma veniamo al caso in cui, sfortunatamente, dovessimo subire un suo morso. Allora, parliamo della Liguria e delle sue vipere (la vipera dal corno, la più pericolosa, vive ai confini nord-orientali dell’Italia e quindi, non nella mia Valle). Comunque, intorno agli anni ’80, in Liguria si sono registrati 249 morsi di vipera e 1 solo decesso. Oggi, i morsicati sono un numero maggiore, ma i decessi sempre meno rispetto a un tempo e questo vale per tutto il territorio nazionale. Ebbene, per uccidere un uomo di circa 60kg, in ottimo stato di salute, sembrerebbe occorrano 15mg di veleno. La vipera più comune, quella dell’Orsini, in un morso ne inietta 5mg (pensate che per uccidere un topolino ne bastano 2 mg!). Può comunque procurare seri danni e non è da sottovalutare. Una vipera, dopo il soffio avvertitore, attacca per mordere, ma arriva fino a 25-30 cm si slancio e non oltre. E non salta! Solo in discesa, in “corsa”, può compiere dei balzi per la forza di gravità.

E ora, dopo il morso, cercate di mantenere la calma più che potete. Colpisce sul sistema nervoso, se in più voi vi agitate, i vostri neuroni impazziscono di sicuro. State tranquilli e se è possibile, sdraiatevi supini con la testa leggermente sollevata. Guardate il morso. Se ha due punti ben distinti, distanti tra loro circa un cm e con altri due microscopici puntiti di fianco, è una vipera. Se avete una serie di puntini messi a semicerchio invece, è un semplice e innocuo colubride, quindi non dovete nemmeno preoccuparvi. Legate senza stringere esageratamente, con qualunque cosa, la parte colpita, a monte della ferita. Tagliate, con quello che potete trovare di tagliente tutte e due le incisioni dei denti con una specie di X. Tagliate abbastanza in profondità e fate uscire più sangue che potete. Lavatevi, se è possibile, sotto acqua corrente. Il veleno è solubile in acqua, se invece usate altri componenti potrebbe formare sostanze tossiche, quindi niente disinfettanti. A questo punto legate con un altro laccio ancora più a monte del primo e sciogliete il primo fatto. Quest’ultimo procedimento va fatto ogni venti minuti circa per non causare la morte dell’arto. E’ ovvio che a questo punto, dovete già correre verso il primo Pronto Soccorso e, se potete, non andate mai in montagna da soli. Sarà inoltre tutto molto più semplice se portate con voi il siero anti-veleno. Lo potete comprare. Comunque, topi miei, se proprio lo volete sapere, la vipera è un po’ orba, non è vero che ipnotizza i malcapitati, non è vero che è più veloce di voi, non è vero che vi aspetta in agguato sugli alberi per lanciarsi sulle vostre teste. E’ sorda e soprattutto non è cattiva.

Detto questo, l’ultimo consiglio che vi do è: godetevi la montagna. Abbiate solo rispetto nel non andare a curiosare dove non dovete e guardate bene dove mettete le zampe.

Vi abbraccio! Anzi…. vi mordo!

M.

I Canestrelli di Taggia

Poi mi dicono che se continuo così va a finire che ingrasso e non riesco più a girare nella ruota…. ma come si fa a dire basta ai Canestrelli?! Non ce la faccio, non ci riesco. Sono una delizia, buonissimi!

Non potete, se passate da Taggia, andarvene senza aver fatto scorta di questi buonissimi cerchietti di pane. Potete comprarne quanti ne volete. Durano tantissimo nella dispensa della cucina e non li troverete da nessun’altra parte se non qua, nella mia Valle! Eh sì, perchè vedete, in tanti altri posti li fanno ma non sono così delicati. L’olio che viene prodotto dalle famose olive taggiasche è un fantastico alleato. Tanto semplici, ma quanto squisiti. Pensate che i loro ingredienti sono soltanto farina di tipo “00”, olio di oliva, acqua, sale e lievito di birra. Nient’altro, ma credetemi: se iniziate a mangiarne uno non finite più.

Sono croccanti, fraganti, buoni nel latte, accompagnati da salumi, sporcati di Nutella… insomma, la vostra fantasia può sbizzarrirsi. Io ne mangio così tanti da anestetizzarmi le fauci a furia di rosicchiare.

Questo tipico prodotto, dal diametro di circa dieci centimetri, non può mancare nelle feste e nelle sagre dei paesi della mia Valle. Durante i festeggiamenti di San Benedetto, ad esempio, si finisce degustando questi canestrelli e bevendo buon vino. E c’è chi nel vino li puccia! I mega taralli hanno origini antichissime e il loro nome, Canestrello, deriva presumibilmente dal cesto o canestro, nel quale venivano deposti e conservati dopo la cottura (nel forno, per mezz’ora, a 250°). E sono tutti rigorosamente fatti a mano! Be’, penso di avervi detto tutto, ora scusatemi ma mi è venuto un certo languorino…

M.

Signor Timo, ben arrivato!

Serpillo, Volgare, Erba peverella, Piperella, Timuriddu, Sarapodda… insomma, qualunque sia il nome attribuitogli, il Timo è conosciuto ovunque e, dal Nord al Sud, è conosciuto in mille modi diversi.

I crociati ne portavano un rametto con loro come simbolo di forza e coraggio. Il Petrarca lo immaginava ai piedi della donna amata, ricca di virtù. Per Plinio e Cesare era favoloso contro le puntture d’insetto e il mal di testa, mentre i Romani ne bruciavano le foglie odorose per profumare gli ambienti e tenere lontane bestiole come ragni e scorpioni.

Timo, con Miss Lavanda, Miss Salvia e Mister Rosmarino, formava l’aceto della panacea contro tutti i mali e, in antichità, contro le pestilenze soprattutto. Di lui si possono usare foglie e fiori e a lui non basta insaporire i nostri piatti, arrosti e soffritti.

Topi, il Timo è il disinfettante per eccellenza. Infezioni? Infiammazioni?  Timo! E’ dermopurificante, deodorante, stimolante, rinfrescante, rubefacente e revulsivo. Pensate quante doti! Ma non sono finite! Il suo oleolito, il timolo, è anche cicatrizzante ed espettorante, fluidificante e tonico. Da non credere! Ricco di vitamina B e C, acido rosmarinico e tannini, stimola il nostro sistema immunitario e rinvigorisce nei casi di stress e stanchezza fisica o psichica. Non ha controindicazioni, se non sotto forma di olio essenziale, (quello vero – che a causa di una molecola molto piccola, penetra troppo in profondità, irritando anche le mucose, e può creare problemi a chi soffre di malattie cardiovascolari o è in stato di gravidanza).

E’ una pianta prevalentemente mediterranea e sempreverde appartenente alla famiglia delle Labiatae, che nasce anche nei luoghi più impervi formando un piccolo arbusto. E’ simpaticissimo con quella sua forma a spruzzo che riveste massi interi di verde sbiadito. Ricordo con amore il terrazzo di topozia o il porticato di topononno, pieni di mazzi di timo appesi a essicare assieme a pannocchie di mais. (Che delizia le pannocchie!). I ciuffi raccolti, venivano utilizzati tutto l’anno per un’infinità di cose.

A me mette allegria. Mi allieta le giornate. Probabilmente tutte le cose che vi ho detto le conoscete già e allora, cercherò di stupirvi un po’. Ad esempio, lo sapevate che il giorno in cui il Timo profuma di più ed è più adatto alla raccolta è il mercoledì? Misteri della natura! E che purifica? Respirare il suo profumo fa bene, pensate che addirittura aiuta contro il mobbing, quando ci sentiamo accerchiati, in trappola, come soffocati da qualcosa, o meglio, da qualcuno. Ha la stessa funzione del Pino Silvestre all’interno del bosco, solo che il Pino Silvestre è al centro della vegetazione e molto alto, sovrasta su tutto, lui invece, sta tutt’intorno ed è bassissimo. Sta lì, in guardia, come a dire “Qui entra solo aria pulita!”.

Se volete imparare a raccogliere bene i fiori, senza rovinarli e senza rovinare il rimanente al suolo, allenatevi con il Timo. Vi spiego: tagliate qualche rametto di Timo e mettetelo dentro un cesto in mezzo a un prato. Se le api andranno anche nel vostro Timo raccolto, allora vuol dire che avrete permesso alla pianta di mantenere il suo DNA, il suo odore, la sua energia, la sua vita. Se le api lo ignoreranno allora avrete sbagliato qualcosa, avrete come “ucciso” ciò che avete preso. Questo vale per tutte le piante, ma il Timo è molto profumato, gli insetti lo adorano e saranno di grande aiuto per voi. A proposito di questo, leggete cosa scriveva già ai suoi tempi Virgilio, proprio a proposito delle api e del Timo (il loro rapporto è famoso):

Così all’inizio dell’estate il lavoro
per i campi fioriti affatica le api al sole,
quando guidano fuori i figli adulti della specie
o stipano il liquido miele e ricolmano di dolce nettare
le celle o ricevono il peso dalle venienti, o fatta una schiera
scacciano dalle arnie i fuchi, neghittoso sciame,
ferve l’opera, olezza il fragrante miele di timo
.

Il Timo, istancabile, simbolo della forza e dell’amore duraturo.

Allora, che dite, vi è piaciuto quello che vi ho raccontato?

Un abbraccio e usate tanto questa spezia, vi farà un gran bene!

M.

Santa Brigida

Che ridere, topi, quando guardo queste foto che ho fatto o quando vado in questo posto! Ci vado spesso perchè c’è un bellissimo sentiero che ci porta in un bosco che sembra incantato e pieno di farfalle, c’è un bellissimo panorama di monti verdi e una quiete indescrivibile.

Rido perchè quando ero piccolina dicevo sempre che mi sarei sposata qui e con tanto di Topo Azzurro! Non l’ho fatto, ma c’è sempre tempo, chissà!

Siamo davanti alla piccola chiesetta di Santa Brigida, sopra Andagna, per la strada che porta a Drego. Un tempo qui finiva l’asfalto e iniziava una strada bianca, ora invece il cemento ha ricoperto tutto, permettendo a qualsiasi macchina di proseguire verso un territorio magnifico. Siamo a 900 metri d’altezza.

La piccola chiesetta di Santa Brigida è situata vicino a quei lavatoi che vi avevo fatto conoscere qualche post fa e, vicino a essa, tante rocce e muretti di pietra sono comode sdraio per lucertoline che prendono il sole. E’ una chiesa circondata da Pungitopo (ahi! Ma tu pensa…), Timo, Piantaggine, Roverella, Biancospino e Nocciolo. Solo questo elenco di nomi fa sembrare di vivere una favola. Ma guardiamo più da vicino questo intimo santuario.

Innanzi tutto, davanti al suo ingresso troviamo una frase incorniciata ormai famosa: O passegger che passi in questa via, non ti scordar di salutar Maria. E’ scolpita sulla pietra e con un mini chiostro sul davanti chiuso da un cancelletto di ferro. Le due finestrelle ai lati della facciata principale hanno un davanzale in ardesia con una fessura, con incisa la parola “grazie” nella quale si possono mettere le offerte. Un’idea originale.

E dentro? Com’è dentro questo monumento religioso? Bellissimo per me. Davvero molto carino. Innanzi tutto ci colpiscono gli ex voto. Sono tanti e sono tutti fiocchi rosa o azzurri che onorano le nascite protette dalla Santa nata nel 1303 e morta a Roma settant’anni dopo. La leggenda vuole che Brigida volesse conoscere il numero esatto di colpi di frusta ricevuti da Gesù durante la sua Passione. In un’apparizione, egli le rivela di aver ricevuto 5.480 colpi e che, se si voleva onorarli, si dovevano recitare diverse preghiere. Recitando per un anno queste preghiere, si onoravano tutte le sue piaghe. Inoltre, secondo la Santa, Gesù avrebbe fatto diverse promesse per chiunque avesse recitato queste orazioni per un anno. E’ per questo che su quel libriccino, nella foto, potete leggere “Le quindici orazioni per un anno e per dodici anni”.

Sull’altare di gesso bianco c’è anche un bellissimo affresco che la ritrae in compagnia di un angelo che la osserva mentre lei trascrive le preghiere dettate dal Signore. Intorno al dipinto sono posti dei magnifici Gigli bianchi e dei Semprevivi viola e gialli che sono fiorellini che sembrano finti, di cartapesta e non muoiono mai! Non hanno nemmeno bisogno di acqua, pensate.

Questo è uno dei motivi del perchè posto spesso chiese. Sono importanti nella mia Valle. Intorno a loro c’è sempre molta storia, storia di braccia, di popoli, di gente che si è costruita il suo sacro monumento vicino per poter pregare e infatti, di chiesette, ne troviamo sparse qua e là per tutta la Valle. E poi, come avrete visto, sono sempre circondate da tanta natura e abbellite da splendidi fiori. Sono preziose, costruite con quello che offriva il luogo: rocce, ardesia, legno, pietre. E questa è una delle mie preferite. Spero sia piaciuta anche a voi.

Un abbraccio!

M.

Le caprette della mia amica Niky

Oggi voglio dedicare un post a loro, alle caprette, quelle della mia cara amica Niky (per chi non la conoscesse, è la salvatrice di Miele nel post “Per fortuna… un po’ di Miele”). Sono le caprette più belle che ci siano.

Sono animali simpatici, testardi, intrepidi, curiosi… probabilmente, a modo loro, assomigliano a noi topi. Spesso scappano o fanno danni e in quei momenti si misura davvero chi ha una testardaggine maggiore, se loro o voi nello sgridarle.

Che buono il loro latte e il formaggio e lo yogurt che se ne ricavano! Hanno quel gusto forte, deciso che molti identificano come “puzza di capra”. Ma è un odore buono! Tutta natura, almeno. Preferisco mille volte loro allo smog delle auto.

Devo ammettere che il maschio della capra, il caprone o il becco, come si chiama da noi, ha un odore terribile, soprattutto quando va in calore, ma loro, le femminuccie, sono davvero graziose e accarezzarle è simpaticissimo. Nei parchi della nostra vicina Francia ci sono tantissime caprette, molto socievoli, con i quali i bimbi possono giocare in tutta tranquillità. Io sono fortunata, mi basta andare dalla mia amica! Queste, topi, ve le presento. Ecco a voi Mowgli, quello grande, bianco e nero, padre di tutte le cucciolate; Nuvola, quella tutta bianca; Stella, quella marrone e bianca insieme ai cuccioli. I due capretti, a proposito, sono proprio tenerissimi. Quello bianco e nero non ha ancora un nome, in quanto sarà adottato da una famiglia che sceglierà come chiamarlo, e quello tutto nero è già stato adottato e chiamato Totò, ora vive in una villa a cinque stelle.

Be’, a questo punto io farei nuovamente tanti complimenti a questa mia cara amica amante degli animali, perchè vedete, voi non la conosciete bene, ma se solo sapeste come li tratta! Anche alle capre, se solo potesse, stenderebbe il tappeto rosso per farle camminare meglio. Guardate come son tenute. Il loro pelo e la pulizia che le circonda. E’ incredibile davvero. E quanto sono belle loro? Meravigliose con quel musetto e quel naso che sembra una freccia.

E voi avete delle capre che vi tengono compagnia?

Tante carezze caprette simpatiche, devo venire presto a trovarvi.

La vostra Pigmy.

M.

Il mare della Valle Argentina

Tra poco arriveranno i turisti e le spiagge della mia Valle si affolleranno di gente. No, non sto dicendo che non amo i turisti, ma il mare, a me, piace guardarlo in solitudine. Amo molto la montagna e il bosco, ma anche il mare sa affascinarmi. E’ natura, non potrei  non adorarlo. Spesso mi siedo sulla sabbia e in beata solitudine, in compagnia del mio  cagnolone, rimiro e ammiro l’immensa distesa blu. E lui mi parla, mi spiega. Mi dice che oggi è arrabbiato, oggi è calmo, oggi è grigio, allegro, verde chiaro, ricco, malinconico, triste, dispettoso. Ogni giorno esibisce un lato diverso della sua personalità e a me piace sempre, indifferentemente. Diciamo, però,  che quando è calmo e paziente ha più voglia di starmi ad ascoltare. Sì, perchè è quasi come se anch’io gli parlassi.

Il mare mi piace tantissimo al tramonto. I colori che assume sono indescrivibili e in quel momento il suo più grande alleato diventa il cielo. Il mare che sostiene le barche e culla i pesci. Che s’infrange sugli scogli e che perpetuo bagna la spiaggia dorata. E allora a lui vorrei dedicare una poesia di Eugenio Montale, un poeta nato a Genova e che, con i suoi occhi, ha visto lo stesso mare che guardo io e che ogni giorno m’incanta.

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e svuotarsi cosi d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

Buon mare anche a voi topini!

M.

Un inchino al Biancospino

Eccomi qui, topi! Mentre topoamico si disintossica dal veleno per topi ingerito, sabotandomi così la vacanza, eccovi un nuovo post che spero vi piaccia. Già il nome del protagonista è tutto un programma: Biancospino. Sentite la poesia, la leggerezza. Il Biancospino, topi, non è una pianta: è un re, Sua Maestà dei boschi. Appartiene, infatti, alla famiglia delle Rosaceae come le Rose, regine del giardino. Anch’esso è dotato di piccole spine e fiorellini bianchi. Con i suoi frutti si possono preparare squisite marmellate e deliziose tisane che aiutano contro l’ansia e dilatano i vasi sanguigni. Il suo vero nome è Crataegus Monogyna, un nome difficile!

La mia Valle è piena di questo arbusto. Esso, infatti, predilige la boscaglia e il terreno calcareo. Ma chi è veramente il Biancospino? E’ la pianta della longevità. quella che compie ogni giorno un piccolo miracolo: riesce a crescere anche nel cuore del bosco senza un briciolo di sole. Egli prende luce ed energia dalla sua amica Edera che, sostenendo chi ha bisogno, dona vigore e vita. Egli sarà la nostra bussola: i suoi fiori, solitamente, vanno sempre verso ovest, guardano verso sinistra. Il Biancospino è l’Io del bosco, la coscienza, colui che media e mette in comunicazione la radura, il confine e il centro della vegetazione.

Meno debole e instabile del nostro Io, il Biancospino è in realtà molto saggio e sa cosa vuole. Conosce il bene e il male. E’ bello, profumato, la sua presenza non può passare inosservata. La sua incredibile forza quasi stona con la delicatezza dei suoi fiori e delle sue foglie. Il suo fiore simboleggia la buona speranza, la buona fortuna ed è portatore di messaggi positivi; venivausato fin dai Romani nelle messe, nelle battaglie e nei matrimoni. Il suo potente messaggio è arrivato fin quasi ai giorni nostri. La mia topobisnonna ne adornava le culle dei pargoli per proteggerli dalla negatività, e stendere il bucato su arbusti di Biancospino permetteva agli indumenti di profumarli per giorni interi.

Una leggenda dedicata al Biancospino vuole che esso sia nato su un terreno brullo, proprio dove la Madonna stese i panni al sole. Dove c’è Biancospino c’è vita, pace, serenità e, se saprete ascoltare, sentirete tutt’intorno aleggiare un messaggio positivo.

Un abbraccio topi, dalla vostra Pigmy.

M.

Da Glori al Santuario “di Lourdes”

Facciamo ancora una passeggiata, topini.

Una passeggiata splendida, breve, di solo un quarto d’ora, ma molto suggestiva. Cammineremo in mezzo agli ulivi e ai castagni, la natura ci circonderà con il suo verde abbraccio. Venite con me, voglio farvela vedere per bene.

Siamo di nuovo a Glori. All’inizio del paese, la fontana abbellita da questo splendido rubinetto ci riempie le borracce e possiamo metterci in marcia. Subito dopo le ultime case, giungiamo su un sentiero che passa attraverso le campagne e gli orti curati del paese. Gli insetti che svolazzano sono molti, qui vicino c’è anche un signore che tiene le api e loro volano allegre sui mille fiori che costeggiano la stradina, l’unica che c’è e che ci porterà fino al santuario della Madonna di Lourdes, molto famoso nella mia Valle. Si tratta di una rappresentazione quasi uguale alla statua del più famoso santuario francese. Guardate, da qui possiamo già vederlo, scorgerlo tra il verde delle piante. Solitario e bellissimo. Tra poco lo raggiungeremo.

Continuando a camminare, possiamo notare sorgenti d’acqua fresca e un torrente che riusciamo ad attraversar grazie a un ponticello. Questa è la strada che porta anche a Carpasio, su per i monti, per quattro chilometri. I profumi di timo, rosmarino e maggiorana si mischiano e un buonissimo odore ci avvolge. Tantissima è la menta a bordo strada e strofinandola con una mano, il naso si riempie di freschezza. Ma eccoci giunti al piccolo ponte di legno. Possiamo attraversare Rio Fontanili passando sulle pietre incastonate che danno forma alla pavimentazione. Qui c’è una piccola cappelletta e una lastra di ardesia riporta una dedica a un giovane morto a causa dell’alluvione del 2000 che aveva disastrato parecchio la mia Valle. La lapide dice così : “Dedicato alla memoria di Ozenda Lorenzo, deceduto all’età di 34 anni il 6 novembre 2000 in località Ugello, a causa dell’alluvione che distrusse altresì il ponte preesistente. La popolazione pose. Glori 5 luglio 2003“. Mi sembra doveroso ricordarlo.

Qui c’è anche un piccolo praticello e un tavolo di legno per soffermarsi e ascoltare il rumore dell’acqua che scorre. E guardate quanti fiorellini di campo ci circondano! In questo punto la vista è bellissima perchè come dal paese vedevamo la chiesa, ora possiamo invece ammirare Glori da lontano in tutta la sua bellezza. Un paesino fantastico, per non parlare del panorama. Abbiamo da percorrere ancora un piccolo tratto. Questo sentiero a forma di ferro di cavallo finisce in una radura dove è stato eretto il santuario, ma passa per qualche metro anche in mezzo al bosco di castagni. Per terra c’è ancora qualche vecchio riccio che la pioggia non ha portato via. E’ dopo questo passaggio sotto agli alti alberi e le fronde che ci fanno ombra che, a preannunciarci il luogo religioso, c’è una bella croce di ferro con il volto di Cristo scolpito che domina su tutta la valle. Intorno a lei, in latino, sono incise scritte di speranza.

Siamo arrivati. Il cielo è terso e alcuni uccellini ci tengono compagnia. Ecco il santuario chiamato proprio di Nostra Signora di Lourdes, meta ambita non solo da tanti fedeli della Valle Argentina, ma anche da pellegrini che arrivano fin qui da ogni dove. Persino il Vescovo viene spesso a benedire questo luogo ricordando le apparizioni mariane. Devo dire che è veramente bello. Siamo a 600 metri sopra il livello del mare e il posto è stupendo anche solo per il verde che ci circonda. Ora possiamo rilassarci, sederci sulle panchine e goderci il panorama. Possiamo mangiare un panino, saltare sull’erbetta tenera, giocare sul prato…. (cadere dai muri!). Questa passeggiata è stata bellissima. Zampettate tranquilli ora, io sgattaiolo a preparare un altro post e se un giorno riuscirò a entrare dentro, ve lo presenterò ancora più minuziosamente.

Buon proseguimento,

la vostra Pigmy!

M.

“Molini di Triora nel cuore”

Cari topi, con questo post vorrei segnalarvi semplicemente una nuova pagina Facebook chiamata appunto “Molini di Triora nel cuore”, nata per onorare la mia valle. L’ideatrice è Maura Roselli e ne approfitto per ringraziarla delle citazioni che fa su di me definendomi “una preziosa alleata”. Grazie Maura! Se vi capita e avete voglia, andate a visitarla: merita. Troverete immagini inerenti a tutta la Valle, non solo su Molini di Triora. Questa è la pagina che vi condurrà direttamente nel mio mondo: http://it-it.facebook.com/moliniditrioranelcuore, spero vi piaccia, Maura la cura con tanto amore. Sono contenta che anche altre persone vogliano dedicarsi alla Valle Argentina. Spero che quest’interesse continui, Viva la Valle Argentina!

Un abbraccio a tutti e alla prossima!

M.