Una bella promenade……in Nizza Vecchia

Oggi ce ne andiamo a zonzo in un posticino davvero particolare e direi “fuori dal mondo”. Se avete piacere di venire con me, vi porto a Nizza, in un particolare quartiere di Nizza. E’ la parte di Nizza Vecchia, un borgo che si dipana tra vicoli e corridoi dal fascino antico e Provenzale. WP_20150328_006Pare essere in un racconto di Biamonti. Antichi palazzi, pescatori, caratteristici locali, botteghine di souvenirs, quadri antichi e borse di pelle. Tanti gli italiani, persino i nomi delle viuzze sono scritte sia in francese che in nizzardo, lingua che assomiglia molto al dialetto ligure. WP_20150328_009Si arriva in questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato, andando giù, fin sul mare, fino al Porto, se si arriva dall’Autostrada. Un grande monumento ai caduti, imponente, bianco ed elegante, si troverà alla nostra destra ricordando ai suoi cari uomini, che hanno dato la vita per la Francia, che il loro nome e la loro gloria, non verranno mai dimenticati. WP_20150328_003Cactus, mammillarie ma anche aromi come lavanda e timo, nascono spontanei sulle rocce sopra di lui e intorno, degli splendidi giardini ben tenuti. Alla nostra sinistra invece, l’infinito mare che, alla sera, colorandosi di nero, IMG-20150329-WA0007fa risaltare le luci di Nizza su tutta la sua riva in quella che è una delle passeggiate più lunghe della Cote d’Azur. Sabbia e piccoli sassi, permettono alle onde d’infrangersi dolcemente. WP_20150328_026Gli aerei che si vedono partire e innalzarsi in volo dall’aeroporto laggiù, sono impressionanti. Numerosi, e sfiorano l’acqua. Su questa Promenade, la gente corre, va in bicicletta, sui pattini e c’è anche chi si ferma e intona qualche canzone. Giocolieri e maghi, sono a vostra disposizione. WP_20150328_028Se non volete salire fin sulla rocca del Castello, arrampicandovi tra una flora tipica del luogo e un ambiente rustico che vi farà apprezzare l’atmosfera mediterranea, non dovete preoccuparvi, troverete tanto divertimento anche qui. E che fascino la meridiana dipinta a terra regolata dalla luce del sole. Enorme, una meraviglia. Le nostre ombre, unite, si disegnano sopra di lei.WP_20150328_030 Due grandi archi invece, ci permettono di abbandonare questa zona più moderna e inoltrarci nel fascino più totale e tipico di questi luoghi. Immediatamente ci troviamo in Cours Saleya. Il Corso.WP_20150328_022Qui la gente è diversa, si preoccupa meno dello sport e di tenersi in forma, qui si gira con i sacchettini in mano pronti ad acquistare qualche carineria. Qui è tutto un vociare, da colui che vende fiori nel mercato giornaliero, al cameriere che cerca di invitarti a mangiare nel suo locale. E come locali, credetemi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Tutti magnifici, divertenti coi loro dehors ma anche eleganti. WP_20150328_016Ognuno di loro ha del pesce fresco sui bancali ricoperti di ghiaccio e anche ostriche, giovani e turgide, saporite e molluschi e tutto quello che occorre per soddisfare i palati dei più esigenti. WP_20150328_017Pesce fresco, ottimo. Profumato, cucinato in tutti i modi.WP_20150328_018Ma anche buona carne. Filetti alla griglia senza neanche un filo di grasso, spessi e cotti alla perfezione come il cliente desidera.WP_20150328_020 Le tavole vengono apparecchiate in modo perfetto con tanto di glacière per gustare ottimi vini bianchi. E mangiando, si ammirano gli acquisti fatti nei carrugi al pomeriggio. WP_20150328_024Spezie introvabili come il pepe di Sichuan o quello nero della Jamaique dal profumo meno giovane. Il Tandoori per un tocco indiano sulle nostre tavole e il sale pregiato della Camargue, non lavorato e quindi naturale. Ma ancora bon-bon coloratissime alla Verbena, al Mandarino, all’Eucalipto per la tosse. E che dire degli orecchini dei quali mi sono innamorata che rappresentano il bellissimo Frangipani? Stupendi, per 5 Euro, ne è valsa la pena non trovate? Presi in un bellissimo bazar, strapieno di cose, da incanto. E qui, qui c’è davvero di tutto, in alcuni locali si può addirittura prendere il tè e fumare il narghilè. Ma infatti, che sbadata, mi sono dimenticata di raccontarvi che prima della cena c’è stato ovviamente l’aperitivo, WP_20150328_014un cocktail analcolico e un immancabile Kir Royal, si possono gustare dei tanti e tipici Cafè, della zona. I tavoli minuti, i posacenere a pubblicizzare il Cynar, si, si, proprio come ai vecchi tempi. Locali dai quali è impossibile vedere il sole. E no, qui non può entrare.WP_20150328_010 Le chiese e i grandi palazzi d’epoca non glielo permettono. E che simpatici i posters vintage e i disegni sulle pareti dei Bistrot. WP_20150328_007Questo si, questo è proprio un altro mondo. Numerosissimi in questo via vai di gioia e ilarità. A passeggiare nella completa beatitudine. Oh si! Potete stare sereni. Soldati dell’esercito camminano per le vie assicurando la tranquillità più totale. Bhè, si sa, è proprio nelle zone vecchie dei paesi che gli spacci, le risse e diversi tafferugli, possono avere vita. Ma l’esercito garantisce e ci si può divertire. WP_20150328_008Ah! Nice! La bella Nizza. Affascinante. Che alla sera si colora e i giovani danno vita a piazze e piazzette. La Nizza un pò retrò. IMG-20150329-WA0004Misteriosa, orgogliosa, a disposizione. E allora cin cin Nizza! Salut! A te. Grazie per questa splendida giornata. E dopo l’ultimo drink, si torna a casa. WP_20150328_023Vi saluto, ma preparatevi per il prossimo tour! Smack!

Pigmy e il gioco delle Bocce

Ebbene topi ve lo svelo. Sono la figlia di un giocatore di bocce. Un gran giocatore di bocce. Un vero campione. Campione della Lunga. Vedete, il gioco delle bocce, molto sentito nella mia valle e anche in tutta la nostra vicina Provenza, si divide in tue tipologie: 53alla Lunga, con bocce più grosse, più regole e se vogliamo anche con più difficoltà e la Petanque con bocce invece più piccole e meno rigori nonostante vanti anch’essa diversi campioni. La differenza più grande tra le due sta nel campo da gioco. Se nella Lunga si utilizzano campi regolamentari e ben delineati da linee che servono alle regole della disciplina, la Petanque può invece svolgersi su qualsiasi tipo di terreno e senza righe a circoscrivere tranne il segno della postazione di tiro. SONY DSCPer cui, un prato, un terreno sabbioso, una strada non asfaltata, andranno tutti bene, con più o meno difficoltà, per divertirsi in compagnia. E’ un gioco infatti che possono svolgere i più grandi e i più piccini ma, i veri professionisti, si dividono in due categorie ossia il Puntatore e il Bocciatore. Colui che avvicina la propria boccia il più possibile vicino al pallino e quello che invece, con una bocciata, deve cercare di spazzar via la boccia dell’avversario. Esiste anche la figura del “Jolly”, mi si passi il termine, che è la persona in grado di puntare ma anche di bocciare all’occorrenza, quando i suoi compagni di squadra rimangono senza bocce o quando gioca singolarmente.altAmd9tgndmqIx1hKk0h6_n3huskAFUDd0UQR1PE88EaPc Mio padre è prettamente un puntatore. Il migliore ovviamente per me. Una precisione da maestro, un tocco pulito, un lasciare la boccia fluido e morbido. Pare governarla anche da lontano. Conosce le minime pendenze di ogni campo. Ha giocato ovunque nella sua lunga carriera iniziando da bambino. Divertentissimi sono i tornei estivi. Nella mia valle non c’è paesino che non abbia un campo da bocce e, alla sera, mentre gli uomini giocano, le mogli, con il golfino sulle spalle, li stanno a guardare. Si possono vincere anche ricchi premi a seconda dell’organizzazione o ci si può semplicemente prendere un pò in giro tra amici. Le bocce sono belle pesanti, di certo non rimbalzano e anch’io mi diverto molto con queste sfere lucenti. altAv5f33by4vA1mTgmKnwdIRBIjA9Bp46p6GGZUR4C7WUDMio padre, un gran giocatore, mio nonno un gran giocatore. Tutta la famiglia insomma. Ricordo di aver vinto una medaglietta anch’io in passato, durante una gara con il mio papà. Per il resto, la mia attività “boccistica” si limita al puro divertimento. Sono affezionata a questo sport. Ci sono nata dentro. Ho passato intere giornate e serate a guardare mio padre e non mi pesava. Quando un bocciatore stà per effettuare il suo lancio dopo aver preso una minima rincorsa, a differenza ancora della Petanque nella quale si boccia da fermi, bisogna stare tutti in silenzio e completamente immobili altrimenti il bocciatore oltre a sbagliare il tiro, potrebbe causare un danno serio sulla testa di qualcuno. Immaginatevi quindi le ammonizioni a noi piccoli quando, tutti insieme, ce ne stavamo lì, ai bordi del campo, a vedere i nostri genitori intenti a vincere. Ricordo l’aria fresca sulla pelle quando il giocatore mi passava davanti e, dopo aver tirato, mi sorrideva. altAveWiNa3rEM2DVKBg4_2X0HsH78VoFVfPZxtwFiOOOqSMi conosceva, ero la figlia del suo grande amico. Ricordo le scarpe impolverate di papà. Il suo sorriso quando mi diceva – Tieni – e mi regalava la medaglia vinta. Sempre. Ricordo i moscerini impazziti vicino ai lampioni. Ricordo gli stock! delle bocce che picchiavano tra di loro, le urla allegre di chi faceva punto e gli insulti scherzosi di chi perdeva. Ricordo le strette di mano a fine partita e poi tutti al bar del paese dove, il perdente, doveva pagare da bere a tutti. Che bello! Era arrivato il momento del gelato o del ghiacciolo all’anice! Alcune partite erano interminabili ma noi si stava lì e se proprio capitava che la noia s’impadroniva di noi, con la notte complice, si andava a giocare a nascondino per le vie del borgo. Molto spesso eravamo impazienti perchè i grandi ci dicevano che a fine gara, avremmo potuto giocare noi con quelle palle dure protagoniste della serata. Era come avere in mano un tesoro e, imitando i veri giocatori, lanciavamo il pallino, pulivamo le bocce con lo straccetto e marcavamo la grossa biglia a terra con l’apposito ferretto. E poi la si misurava anche. Ovvio. Vuoi mica che ti regalo un punto così, senza accertarmene? Con il piccolo metro, che era più divertente da maneggiare che altro, si contavano pazientemente tutti i cm che dividevano la mia boccia dal pallino e quella dell’avversario e…. via a litigare. Non è solo uno sport per me. E’ un ricordo, un incontro, un’emozione, un lieto pensiero. Sarò sincera, non invidio le mogli dei giocatori che ogni domenica e, in estate, quasi tutti i giorni, sono nelle bocciofile a perdere o a vincere. Ma per come ho vissuto io quest’attività, l’ho rinchiusa nel cuore. E voi topi, avete mai giocato a bocce? E’ anche da voi sentito questo passatempo? Un bacione, a presto!

Finocchio toujours!

U Fenuggiu, così lo chiamiamo noi. In realtà il suo nome scientifico è Foeniculum Vulgare ma, avete capito, di Finocchio si tratta. Una verdura, un ortaggio, una pianta erbacea prettamente mediterranea. Sana, leggera, ma dalle infinite proprietà terapeutiche e aromatiche. WP_20150225_014Si, anche aromatiche. Infatti, di Finocchio, ne esistono di due qualità, quello coltivato e quello selvatico che presenta una radice più piccola e più infiorescenze fuori terra. Come dicevo, quello selvatico ha un aroma e un profumo molto più intenso rispetto all’altro che invece ha un gusto più dolce. Quello che possiamo trovare nei prati e nei boschi riesce ad avere invece un profumo che, a chi non piace, può addirittura risultare fastidioso. Per me ovviamente fastidioso non è. Lo adoro. Mi piacciono le tisane che creo con lui, mi piace metterlo in insalata, nelle minestre e con i suoi semi, nella vicina Taggia, fanno dei biscotti eccezionali di cui vi posto un’immagine non mia. amicidiponenteFragranti e gustosi, di prima o di seconda cottura ossia, più morbidi o più secchi. Ma torniamo alle proprietà fantastiche di cui vi accennavo prima. Non vi parlerò delle solite, capaci a disinfiammare o disinfettare; queste qualità, fortunatamente, appartengono alla maggior parte degli elementi del mondo vegetale. Voglio parlarvene di una in particolare utile soprattutto al sesso femminile. Il Finocchio infatti ha la capacità di regolare il flusso mestruale e di renderlo più voluminoso in caso di assenza, amenorrea. Inoltre, pulisce a fondo l’intestino, lavando e risanando le sue pareti per farle lavorare al meglio. WP_20150225_017Il Finocchio è buono in qualsiasi modo: cotto, crudo e anche sotto forma di decotti che nominavo prima, utili da dare anche ai neonati in caso di coliche. Non esagerate però con il Finocchio, ossia, non prendete proprio alla lettera il titolo di questo post ecco. Sostituitelo con altri ortaggi, in quanto ha davvero questi alti poteri e potrebbe andare oltre il suo compito. Questo però, sappiatelo, vale per qualsiasi alimento anche perchè abbiamo bisogno di tutte le vitamine e di tutte le sostanze nutritive, per cui, variare è sempre meglio. WP_20150225_018Ciò che vi consiglio è di utilizzarlo nel vostro regime alimentare. E poi topi, volete mettervi a dieta? State sicuri che il Finocchio non v’ingrassa per nulla anzi, dovrete accompagnarlo sempre a un po’ di proteine, anche vegetali, altrimenti dopo vi verrà una gran fame. E’ così leggero che è quasi come bere acqua. Un’acqua benefica. Favorisce la digestione, è un valido fluidificante contro le secrezioni di muco e riesce bene contro l’alito cattivo. Un’altra cosa molto importante, riguardo questo speciale ortaggio, è il suo utilizzo in cucina. No, non più nel senso del gusto o della qualità. Nel senso che, del Finocchio, non si butta via niente. Potrete tranquillamente usare anche i teneri ciuffetti verdi che lo decorano, non buttateli assolutamente. WP_20150225_016Contengono anch’essi diverse proprietà e sono profumati e gustosi. E simpatici. Ottimi per le decorazioni oltre che salutari. Con i suoi semi, inoltre, che ricordano un po’ il gusto dell’anice, antiossidanti e dalla ricca quantità di fibre, potrete condire e insaporire diverse pietanze. Usateli come spezia nei piatti a base di verdura o di pesce. Che altro aggiungere? Nulla. Dire che è un vero toccasana è il minimo. Mettete in azione la vostra fantasia e alimentatevi in modo sano e corretto. Io vi lascio che vado a sgranocchiarne una fetta.WP_20150225_015 Ecco, a proposito, potrete darne dei tocchetti crudi anche ai vostri topini mentre guardano la TV anzichè le solite patatine. Fortunatamente, il Finocchio, piace molto anche ai più piccoli. Squit!

immagine biscotti amicidiponente

M.

Una ricerca un po’….. osé

Scusate se vi parlo nuovamente di lui in così poco tempo ma questa ve la devo proprio raccontare. Fa parte delle mie topoavventure, per cui, dev’essere assolutamente detta. Ditemi, avete mai sentito di un topo che cerca un gatto? No? Bene, leggete leggete pure.

E’ accaduto tutto due sere fa. Gino, che ormai conoscete tutti, del quale parlai qui https://latopinadellavalleargentina.wordpress.com/2015/02/20/gino/  non si trovava più. Oh già. Erano le 11 di sera e si stava per andare a dormire. Eh beh… si sa, gli ultimi controlli prima della notte e uno in particolare va ai nostri amici pelosi. Dovete sapere inoltre che, Gino, abituato a fare uno spuntino prima della nanna e abituato a dormire con me, appena capisce che si va nel letto, è sempre il primo a partire. Ma quella sera, nulla. Gino non c’era. I gatti hanno il dono di sparire per ore e non si trovano, pur essendo tranquillamente raggomitolati da qualche parte. All’inizio, infatti, non ero per nulla preoccupata. Inizio però la ricerca perchè qualcosa mi dice che non era negli armadi, o nel cesto della roba sporca ma ci guardo lo stesso. Per farvela breve, smonto la tana. Mi viene poi in mente che avevo portato in strada il mastello della spazzatura organica. – Non si sarà mica ficcato lì dentro? -. Conoscendo il tipo, che ha sempre fame, scendo giù speranzosa ma…. niente. Dovete sapere che i miei mici possono scorrazzare dal terrazzo al giardino e andare in giro per il quartiere. Un quartiere dove fortunatamente non passano molte macchine e pieno di tane intorno. Loro si divertono. Rincorrono le foglioline che svolazzano, fanno gli agguati tra le piante alle lucertole, scavano buche per poi rotolarsi nella terra. Ma vuoi vedere che ha deciso proprio stasera di andare a scoprire il mondo? Scendo di nuovo giù. Era intanto arrivata la mezzanotte e per strada c’era il silenzio assoluto. Cerco in giardino, niente. Cerco per la via, niente. Mi avvicino alle case, niente. Guardo sotto tutte le macchine parcheggiate, niente, niente e ancora niente. Inizia a subentrare il panico e anche un po’ di rabbia. “Me l’hanno rapito, affettuoso com’è….”, “E’ scappato…”, “E’ andato e ora non sa più come tornare…”, “L’ha investito una macchina….. no! no! no!”. Insomma che mentre topino pregava sul terrazzo, fermo come la Madonna di Fatima, io come una ladra perquisivo mezzo paese. – Gino! – chiamavo. Non m’interessava svegliare qualcuno, dovevo ritrovare il mio micio ma nessuno mi rispondeva. Il suo nome si perdeva nel silenzio e nell’aria vuota. – Gino! – continuavo, ma a rispondermi era solo il vento. Passai così una mezz’ora buona. Ritornai indietro. Dalla parte sinistra di casa ero già andata ma decisi di rifare un altro tentativo. M’incamminai dietro un palazzo. Buio pesto. La torcia del cellulare mi aiutava ben poco. In quel luogo il silenzio sembrava ancora più grande. Non poteva non sentirmi. – Gino! – riprovai. Finalmente sentii come risposta, un gracchio rauco tipo sgneeeck al posto di un – Miao! -. Era lui. Ne ero certa. Me lo sentivo. – Gino! – ripetei entusiasta e fremendo. Il mio urlo fu più deciso a quel punto e qualcuno, dal palazzo, si decise a dirmi le cose come stavano – No! Sono Mario! – rispose una voce maschile nel cuore della notte. – E io Andrea! Va bene lo stesso? – fece un’altra. “Macchissenefrega!” mi dissi! Io avevo ritrovato il mio piccolo. – Gino! -, – E dimmi! – rispondeva uno dei due signori in notturna. – Gino! – feci ancora e un altro suono roco mi fece capire, più o meno, da dove proveniva quel gnaulio che si stava trasformando in preghiera. Fu a quel punto che mi scappò la frase che il sig. Mario e il sig. Andrea mai avrebbero dovuto sentire: – Gino! Amore! Stai fermo che… vengo io! -. Tananana….! Ebbene sì, vi lascio immaginare, non posso davvero scrivere nulla. Ma in quel momento ben poco m’importava delle loro audaci risposte. Dico io, ma la moglie questi non l’avevano? Forse era già a dormire santa donna. Insomma, faccio il giro del palazzo e arrivo davanti al cancello di un residence. – Gino! – feci per l’ennesima volta. A quel punto, due occhi rossi, si accesero nell’oscurità. Dall’altra parte del cancello, sotto alla siepe di bordo, vidi il mio gatto che, terrorizzato, mi guardava aprendo la bocca e facendo tremare la mandibola. Non aveva più voce. – Vieni Gino, vieni… – lo incitavo accucciandomi a terra e, questa volta, badando bene di dirlo sottovoce per non farmi sentire dai due uomini del palazzo. Lui faceva di tutto per venire da me ma era così spaventato che si feriva e si faceva male da solo. In quello stato non ce la faceva. Tra l’altro, dalle sbarre del cancello, non riusciva a passare. Ma benedetto gatto, ma da dov’è che sei entrato? Come sei entrato esci no? No. Non c’era verso. Dovetti aiutarlo. Provai a scavalcare il cancello ma gli spunzoni in alto non me la resero facile e poi è difficile da descrivere ma è un cancello strano, posto su dei gradini, con sbarre sottili perpendicolari. Credetemi, niente di facile per me che mi arrampico ovunque. Dovetti così cercare di fare scaletta al gatto con le mani, mettendone una dopo l’altra sotto la sua pancia per oltrepassare i filamenti ferrosi posti di traverso. Arrivato in cima, dovevo fargli sorpassare gli spunzoni senza che si facesse male anche perchè lui non era per niente calmo nonostante fosse felice di vedermi. In bilico, su una gamba sola, e protratta all’inverosimile stile Nureyev, lo tirai fuori di lì. Con il rischio anche di vedermi arrivare dietro una pattuglia visto che ovviamente il mio gatto era andato in una proprietà privata. Morale della favola: a lui ho quasi storto un’ascella che fortunatamente è guarita nel giro di qualche ora e io, attaccata a quel cancello, ho lasciato la manica della giacca. Gino ha dormito per una notte intera e non ha mangiato nemmeno il giorno dopo. Da quella sera vive appiccicato al mio fondoschiena senza muoversi di lì, ma sta bene. Come si dice, tutto è bene quel che finisce bene ma una cosa vorrei aggiungere per il sig. Mario e il sig. Andrea – Non è che la prossima volta potreste scendere a darmi una zampa???!!! -. Grazie. Buon proseguimento topini e ricordate che, a volte, anche un topo potrebbe mettersi alla ricerca di un gatto!

M.

Le golosissime Ostie ripiene

Oggi topi vorrei presentarvi una vera ghiottoneria. Non mi crederete ma non sono riuscita a trovare la patria di queste squisitezze. Piemonte? Sardegna? Liguria? Molise? Non lo so, aiutatemi voi, da parte mia dovrete accontentarvi di quello che scrivo e di quello che descrivo per le “nostre” Ostie ripiene. WP_20150227_002Questo è quello che ho trovato riguardante le Ostie del Ponente Ligure ossia, la Cubàita di Isolabona: http://www.startam.eu/Articoli/Gabrielli%20Cubaita.pdf  nientepopòdimenoche un buon miscuglio di miele, nocciole tritate, granella di mandorle, aroma di arancia e un pizzico di cannella racchiuso tra due ostie sottili del diametro di circa 10 cm. Ma che golosità! Leggo però che in tanti mettono le mandorle o le noci al posto delle nocciole e alcuni usano addirittura la polvere di cacao amaro. WP_20150227_003Un dolce prevalentemente natalizio ma che nella mia Valle si può trovare tutto l’anno nelle tipiche botteghe di un tempo, ancora esistenti (poche purtroppo) o dai panettieri. Per certe persone è simile al torrone ma secondo me sono due cose ben diverse.

Dolci, croccanti ma anche morbide allo stesso tempo. Una vera ghiottoneria che piace a grandi e piccini. Gustarle riporta indietro nel tempo. Mi ricorda quand’ero una piccola topina.WP_20150227_006 In loro c’è tutto il sapore di una volta. Non penso siano difficili da preparare in tana ma sinceramente non mi ci sono mai cimentata. Se decidete di provare voi, fatemi sapere. Una ricetta semplice che ho trovato è questa:

INGREDIENTI PER CIRCA 15 OSTIE (diametro 8 cm)

30 ostie

100 gr di miele

50 gr di cioccolato fondente

10 gr di cacao amaro

100 gr di noci

100 gr di granella di mandorla

qualche goccia di aroma di arancia

un pizzico di cannella

ESECUZIONE:

Tritare grossolanamente le noci. In un pentolino sciogliere il miele e aggiungere il cioccolato fondente insieme con il cacao setacciato. Mescolare e aggiungere qualche goccia di aroma all’arancia e un pizzico di cannella. Dopo avere amalgamato per bene, aggiungere le noci e le mandorle tritate e mescolare il tutto. Ora si possono comporre le ostie tenendo il composto a bagnomaria, per evitare che si solidifichi: mettere un po’ del composto su ciascuna ostia e coprire con l’altra; schiacciare bene ma delicatamente. Procedere allo stesso modo anche con le altre ostie e fino al completamento del ripieno. Mettere le ostie a raffreddare sotto un peso affinchè mantengano la posizione piatta. Ed ecco le ostie ripiene, una vera specialità!

Per la realizzazione delle ostie è necessario l’utilizzo dell’apposito ferro, ma, nel caso non si riuscisse a reperire, si può optare per l’acquisto di ostie circolari già pronte, oppure di fogli di ostie di dimensioni rettangolari da cui ricavare i cerchi. WP_20150227_007Questa ricetta appartiene all’Alto Molise e l’ho trovata su ilpagnottone.it

Da come potete leggere contiene il cioccolato e il cacao che da noi non si usa però, forse, rimane più golosa per i vostri topini.

Un abbraccio e alla prossima ghiottoneria!

M.

Piazza Tiziano Chierotti

Piazza T. Chierotti si trova ad Arma, sul lungo mare.

Un piazzale illuminato costantemente dal sole e accarezzato dalla brezza marina ogni giorno.

Si affaccia sulla spiaggia ed è contornata da panchine e palme che offrono, entrambe, un’oasi di riposo e serenità ai passanti. Ma questa piazza, fino a poco tempo fa, non esisteva. E non esisteva non solo perchè la Passeggiata a Mare non era stata rinnovata e abbellita, non esisteva anche perché la persona alla quale è stata dedicata era ancora tra noi. Parlo del giovane Caporalmaggiore Tiziano Chierotti. Un solare ragazzo di Arma di Taggia che è stato ucciso nel distretto di Bakwa, in Afghanistan, da fuoco nemico, nell’ottobre del 2012. Aveva 24 anni.tiziano-Chierotti_436.jpg_415368877 E’ stato colpito all’addome e, per lui, non c’è stato purtroppo nulla da fare.

Apparteneva alla Brigata Alpina Taurinense. Alcune immagini, di giornali e social, lo mostrano sorridente e fiero vestito da militare. Sembra contento nella sua divisa. Un uomo ormai.

Mentre io lo ricordo quando, nel suo passeggino, accompagnato dalla mamma, veniva a prendere il fratello maggiore che era a scuola con me. Eravamo tutti bambini. Più grandi, più piccoli… nessuno avrebbe mai pensato che un giorno, nel paese che ci ha visto crescere, si sarebbe intitolata una Piazza in onore a “uno di noi”. “Uno di Tutti”. Invece oggi, per lui, è stata posta una lapide appoggiata ad un grosso masso e, sulla lastra, il suo ricordo. WP_20150226_002In basso, davanti alla pietra innalzata dalle sfumature scintillanti, sono stati messi dei Ciclamini bianchi, rossi e rosa. Abbelliscono quel luogo di memoria.

Questa è sicuramente la zona più frequentata del paese. Tanti bar con i loro dehors circondano questa piccola piazza e, sul lato opposto a questa testimonianza, a vegliare  c’è Santa Barbara dei “Caduti in Mare” e le barchette che sostano pigre. Il mare è il suo panorama. Da qui possiamo vedere anche Bussana Nuova e verso sinistra Santo Stefano al Mare e gli Aregai, il tutto, in un pezzo di arco di Riviera.

Il sole che sorge e tramonta e che attraversa il cielo. L’acqua brillante che si schianta contro i moli e trasporta gocce di salmastro fin sulle mattonelle color avorio.

Qui non passano le auto. I bambini possono giocare, i gabbiani riposare e le persone osservare questo piccolo angolo di paradiso, godendosi la serenità prima della bolgia estiva. Il cielo sopra a questa piazza si apre con il suo azzurro splendente. Il vociare della gente riecheggia. E si sente il sale sulla pelle. WP_20150226_010Piazza T. Chierotti è diventata presto, per i più giovani, il punto di riferimento estivo, quello delle loro prime uscite nella vita, con la compagnia. Senza genitori. Una zona in cui, durante la bella stagione, si organizzano eventi, concerti, discoteche all’aperto.

E gli adulti, mai abituati a chiamarla così, si son dovuti adeguare presto quando i loro figli gridavano: – Ci vediamo in Piazza Chierotti! –, senza sapere nulla di quel nome che sentivano pronunciare. Soprattutto per chi, ad Arma, veniva solo a passare le vacanze. Chissà per quanti Tiziano è un poeta, un attore, un politico. E invece no. Tiziano era un soldato ed era uno di noi. Il giovane soldato di Arma di Taggia. E oggi, questa piazza, è dedicata a lui.

prima immagine ospedaletti.ponenteoggi.it

M.

Un pò di Giardinaggio

La bella stagione stà arrivando e come ogni anno mi dedico alle mie piantine che hanno bisogno di un po’ di lifting e restauro dopo il lungo riposo invernale. WP_20150225_001Alcune le pulisco, alcune le travaso ed ad alcune parlo anche. No, no topini non crediate che mi metto a raccontargli le favole però insomma bhè, qualche complimento…. Ci tengono particolarmente. Certe sono anche permalose pensate un pò!WP_20150225_008 Lo trovo un hobby rilassante, che ogni tanto eseguo con piacere sotto il tepore del primo sole primaverile. C’è un po’ di tutto, lo sapete anche voi, Orchidee, Ortensie, Innominate, nel senso che non hanno un nome perché non lo conosco, e poi le Crassule che potete ben vedere in queste foto ossia una famiglia delle piante grasse, succulente e, per la precisione, una parte di quelle piante cicciotte ma senza le spine.WP_20150225_009 Ne ho qualcuna spinosa ma la tengo in alto per evitare che i miei amici pelosi, e pure io sinceramente, ci pungiamo ogni momento. Un giorno vi presenterò anche loro. WP_20150225_006Queste che vedete nelle foto, e che sembrano tutte uguali ma non è affatto così, mi sono state regalate in gran parte dalla mia amica Nicoletta, immagino vi ricordiate di lei: la mia socia in “reportage fotografici”. WP_20150225_012Per cui permettetemi anche qui di dirle un ulteriore “grazissimo” per il bellissimo dono. WP_20150225_011Come vi dicevo potete vedere una Kalanchoe Thyrsiflora, una Crassula Perforata, una Capitella, un’Euphorbia Obesa, una Cotyledon e molte altre. Hanno bisogno di un po’ di terriccio nuovo e di qualche coccola. E perché no? Anche di una casetta un po’ più grande. WP_20150225_002E allora scavo, riempio, sistemo e una volta finito annaffio, aggiusto, posiziono e si, intanto c’è chi guarda senza fare nulla, al fresco, beatamente. Ovvio, nel mio vaso, dopo essersi scavato il posticino per il paniere. IMG-20150222-WA0002Controlla ch’io faccia tutto per il meglio. Molte di queste piantine sono ancora parecchio piccole ma alcune, sono invece già cresciutelle e tra poco butteranno fuori i primi fiori che, credetemi sono stupendi in questo tipo di piante. Santa topa! Guardandole mi rendo conto davvero di quanto siano cresciute e quanto in fretta. La pianta ad esempio che fa da pergolato al mio gatto Gino (ormai famoso) ad esempio, ce l’aveva regalata 4 anni fa un amico di famiglia. Era alta non più di 5/6 cm. In soli 4 anni, avete visto com’è cresciuta? E mi stà cacciando fuori anche un fiorellino. Piccolo, bianco come il latte. Eccolo qui.WP_20150225_003 Eh si! Questo è proprio un bel periodo! Per me. Per Topomarito un po’ meno invece. Quando vede che mi infilo i guanti del mestiere gli vien male.WP_20150225_004 Sa già che: dovrà aiutarmi a spostare i vasi grossi, andarmi a recuperare della terra che immancabilmente non basta, comprarmi dei vasi della misura esatta senza sgarrare (poverino, va in giro col metro e corrompe i commessi nel fargli dire che non c’erano vasi di altro tipo) e si dichiara completamente inesperto nel bricolage che mi piace affiancare all’arte del giardinaggio. WP_20150225_010Via le erbacce e le foglie secche, i sottovasi rotti e tutti quei depositi inutili invernali. Ma lui, con la scusa del cambio stagione, ogni anno dice di sentirsi senza forze. WP_20150225_005Io però non demordo e continuo imperterrita. E voi? Anche voi vi occupate di giardinaggio? Anche a voi piacciono le cicce? WP_20150225_007Un bacione topi, ora abbiate pazienza ma devo proprio continuare. Alla prossima!

Un semino duro dal cuore tenero: la Nocciola

Buone eh? Le conoscete tutti lo so. Alcuni di voi ne vanno matti, altri invece magari ne sono allergici. Con loro o si va d’accordo o no. Non ci sono mezze misure. SONY DSCSono semini duri. Quello che noi mangiamo, che sta dentro al guscio, o meglio pericarpo, è proprio il seme. Gustoso, croccante. Ma è anche tenero perchè ha delle dolci proprietà. La Nocciola infatti è sebonormalizzante, idratante, addolcente e ideale per le pelli giovani. Dona energia e salute al nostro organismo essendo un grasso vegetale e, come lo fa con lui, lo fa anche con la nostra pelle rendendola turgida e morbida. Molto ricercato anche il suo olio, che viene utilizzato appunto dall’industria cosmetica, perchè è un insieme di grassi buoni e utili, proteine e acqua. Mangiando Nocciole, infatti, si assumono molte calorie. SONY DSCAl tempo dei Romani, la Nocciola, veniva usata anche per il suo aspetto simpatico, come augurio di felicità, in ricche e divertenti composizioni e si leggono tracce di lei, addirittura su manoscritti cinesi risalenti a 5.000 anni fa. Ancora oggi, in terre come la Francia, si continua con queste antiche usanze soprattutto durante la celebrazione dei matrimoni. Avete mai pensato di sposarvi con in mano un mazzolino di Nocciole? Carino e sicuramente originale! Vi sembrerà ridicolo ma in realtà state semplicemente sprigionando tanta energia positiva per festeggiare il lieto evento.

Il vero nome di questa pianta è Corylus Avellana e appartiene alla famiglia delle Betullacee, quasi tutte addolcenti per il nostro fisico e lenitive. La mia Valle ne è piena, sono fortunata. Molto spesso mi avrete sentito nominarle. Le uso tanto e non solo le mangio sgranocchiandole davanti a un film, ma le trovo ottime in insalata oppure nei dolci. Per non parlare del gelato a questo gusto! Lo adoro! SONY DSCNella lingua anglosassone è chiamata Hazel con diverse sfaccettature che ne indicano la grandezza e la qualità ma, in questa lingua, pensate, Hazel è anche il nome di una città del Kentucky, negli Stati Uniti d’America. Devo andare nel Kentucky uno di questi giorni…. se sparisco di nuovo sappiate che sono lì. Scherzo! Nel mio dialetto invece si chiama Ninsoa con la O molto stretta. Eh… ma noi topini… non siamo gli unici ad amarle sapete? Devo dividerle sempre con: Scoiattoli, Ghiri e persino Cinghiali! Sarà per via della sua enorme quantità di Vitamina E. Quei maiali selvatici vogliono sempre avere il pelo il più liscio possibile. E’ per questo che mi sto preparando in anticipo.SONY DSC Ebbene sì, vedete, anche se oggi in commercio questi frutti sono reperibili tutto l’anno, in realtà la loro maturazione avviene verso fine estate, giusto, giusto in tempo per prepararci meglio al letargo. Quindi è tutto un gira gira e magna magna. Dovreste sentire che bailamme nel bosco in quei giorni! Per fortuna però i nostri alberi sono molto generosi. Incredibilmente generosi. Spesso si formano veri e propri grappoli di Nocciole che, con il loro peso, piegano persino i rami più fragili. Uno spettacolo. Per cui topini, preparatevi. Ancora qualche mese di pazienza ma poi potrete farvi la giusta scorpacciata.

Io vado, inizio a fare posto nel Mulino. Un bacio!

M.

 

La Preghiera del Marinaio

Ad Arma di Taggia esiste un luogo dove non si dimentica. Un luogo che permette di ammirare, oltre che tornare indietro con la mente. E’ il posto dell’infinito, dove uomini determinati partivano per compiere lunghi viaggi.

Il luogo che non ha fine ai nostri occhi è il mare, gli uomini determinati e coraggiosi i Marinai, i nostri Marinai, liguri e di tutta Italia. Oggi vi porto in un angolo che li ricorda simboleggiato da quella che sembra una Madonnina ma è in realtà Santa Barbara, all’interno di una teca di vetro, posizionata su una colonna nella nuova Piazza – Caporale Tiziano Chierotti -, esattamente di fronte alla piccola chiesetta di San Giuseppe e di fronte all’ampia distesa blu.WP_20150226_004“AI CADUTI IN MARE” si legge chiaramente su una lastra di marmo del 1988. A tutti quegli uomini che, per scoperte ma soprattutto per la guerra, hanno lasciato la loro vita in balia di quelle onde che non le hanno più permesso di tornare a riva. La loro esistenza è rimasta là ma anche nei nostri ricordi.WP_20150226_003Marinai, e ancor prima naviganti. A battersi sull’acqua per proteggere la terra e ciò che essa custodiva.

Il mare splendente, in tutta la sua bellezza, è ciò che in sé trattiene: i corpi dei nostri cari. Uomini giovani, valorosi, che partivano per non fare più ritorno. Grazie a loro abbiamo immagini di tempi non conosciuti. Grazie a loro abbiamo individuato nuovi regni. Grazie a loro possediamo oggi ciò che ci circonda.

Qui, dove sorge questo monumento, uno spicchio di spiaggia è utilizzato come parcheggio per piccole imbarcazioni a vela. Minuscole barchette e catamarani assopiti ad aspettare l’arrivo della bella stagione, ad aspettare anch’essi, di potersi tuffare in quell’acqua cristallina.

I gabbiani e il vociar della gente contornano quel punto di silenzio.

E che bella la statua della Santa, pare in bronzo, e la sua espressione è dolce. Le sue braccia aperte.WP_20150226_009 Una lucetta la illumina anche di notte. E’ su, in alto. E dall’alto guarda tutti i passanti benedicendoli come ha benedetto i nostri Marinai prima dei loro lunghi viaggi. Una preghiera in loro onore è stata posizionata ai suoi piedi, una preghiera toccante, dedicata alla protezione di Dio sui Marinai e su tutti gli Ufficiali della Marina Militare Italiana. WP_20150226_006Incastonata invece tra mattoncini color vermiglio, risalta nel suo blu cobalto, la scritta riportante la testimonianza della Medaglia d’Oro al Valore Militare. Un glorioso sacrificio, a quanto si legge, di queste vittime di sistemi più grandi di noi. WP_20150226_005Le quattro stellette agli angoli e la cornice intorno sono dorate.

Ma in basso, contro questa colonna, non ci sono solo scritte. Un simpatico timone e una pesantissima ancora, verniciati di nero, sono la rappresentazione tipica della navigazione. Se ne stanno appoggiati lì, dietro ad una catena che li protegge. A farsi guardare. Ad aspettare chissà cosa. WP_20150226_007Sotto al sole e sotto la pioggia di fronte alla piccola e antica chiesetta di San Giuseppe anch’essa affacciata sul mare. WP_20150226_008Persino le persone amano starsene sedute sulle panchine in questo luogo pacifico. Rilassandosi, mentre i bambini giocano e i piccioni sono costantemente alla ricerca di qualche bricioletta di pane.

Non sanno mica, spensierati, cosa è successo in quel mondo azzurro che hanno davanti. Ma chi può saperlo? Solo i naviganti potrebbero raccontare ma, quelli ai quali tutto ciò è dedicato, non ci sono più.

Non fa niente, non importa, rimaniamo ugualmente qui a non dimenticare. Rimaniamo a rivolgere uno sguardo e un sorriso a questo luogo dedicato a loro, costruito nel nostro paese.

Un saluto topi, alla prossima!

M.