Le Donnine delle grotte

Un giorno di questa estate, uno di quelli in cui la calura infuriava sulle coste e nelle valli, mi ritrovai nei pressi della radura di Nonna Desia, così decisi di andare a salutarla.

I fichi erano maturi e gonfi sui rami di un albero non distante dalla mia nonnina di roccia, inutile dirvi che ne presi uno per assaggiarlo, vero? Be’, che volete farci? Son fatta così, mi piace fare spuntini quando zampetto e, anche se i miei topo-amici mi guardano sempre sbalorditi (le mie merende sono famigerate in Valle, topi, perché sembrano pranzi da re!), per Nonna Desia non sono mai abbastanza sostanziose: «Oh, ratin! Che piaxè che ti sei chi! Pia in autra mesciia: cun tuti i gii che ti fai, ti devi mangià, eh! (Che piacere vederti! Prendi qualche altro fico: con tutti i giri che fai, devi mangiare, eh!)» mi salutò, vedendomi arrivare con la bocca piena e le zampe anteriori sporche.

«Ne prenderò ancora, non preoccuparti Nonna»

« Cu ti g’hai in scià teista? Ti duveesci fatte a mascagna, ti sei tuta spentenà… (Ma che hai, lì, sulla testa? Dovresti lisciarti un po’ quel ciuffetto di peli che hai in fronte, è tutto spettinato…)» mi rimbrottò bonariamente.

Mi lisciai la frangetta e mi giustificai: «Quando gironzolo dimentico di darmi una sistemata».

«Mmm… dovresti proprio usare uno di quegli arnesi che usano gli uomini… Cumme se ciamma? Miammu sa mu u regordu… ah, scì! A petenetta! (come si chiama? Vediamo se mi ricordo… ah, sì! Il pettine!)» Nonna Desia si illuminò, ma non mi lasciò risponderle, perché continuò con rinnovato fervore: « Aù ca ghe pensu… (Ora che ci penso…) Tempo fa ho sentito una storia a proposito di questo strumento, vuoi sentirla, ratin

pettine leggende

«Sicuro! Sai che sono sempre a caccia di storie da raccontare» dissi mettendomi comoda davanti a lei, mentre mi leccavo le zampe con gusto.

«Bada, stelin, non ricordo più chi me l’abbia raccontata, né se sia una storia di questi luoghi o di altri, ma di una cosa sono certa: è una storia ligure» disse,  poi si schiarì la voce antica e cominciò: «Una volta, tanto e tanto tempo fa, per le valli del nostro entroterra esistevano delle donnine minuscole.

fata

Non avevano un bell’aspetto. Anzi, a dire la verità… i l’ean susse! (erano proprio bruttine!) Vivevano nelle grotte ed erano malvagie e pericolose, per questo nessuno le disturbava mai. Spesso, anzi, facevano sparire gli uomini che, incautamente, andavano a cercarle per pura curiosità o per dare prova di coraggio. Queste Donnine, che in molti chiamavano Fate, qualche volta abbandonavano le loro dimore sotterranee per andare a bagnarsi nei numerosi fiumi e rigagnoli delle nostre vallate. Lì facevano lunghe immersioni, poi si rilassavano sulle rive dei corsi d’acqua e lì trascorrevano ore a pettinare i loro lunghi capelli con un pettine minuscolo.

SONY DSC

Un giorno, tuttavia, accadde che una di queste Fate si distrasse, udendo un rumore insolito tra le fronde degli alberi. Il pettine le cadde di mano e il torrente lo portò via prima che lei potesse acciuffarlo. La Donnina pianse, urlò e si disperò: senza il suo pettine non poteva ritrovare la grotta che era la sua casa. Rimase a vagare sulle montagne, cercando lo strumento per lei tanto prezioso. Intanto a valle, un giovanotto se ne stava coi piedi a bagno cercando di pescare qualche pesce, quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione.

torrente acqua

Il torrente era limpido, come sempre d’altronde, e lui aveva l’occhio di una poiana, per questo non gli fu difficile vedere il minuscolo pettine incastratosi tra due pietruzze. Lo prese tra le dita, guardandolo con occhi scintillanti. Sapeva che apparteneva alle Fate delle grotte e si decise a restituirlo subito alla sua legittima proprietaria. I familiari tentarono di persuaderlo, ma non ci fu modo di farlo ragionare: la decisione era presa. Non sarebbe stato difficile trovare la Fata, il giovane lo sapeva, perché se una Donnina perdeva il suo pettine, difficilmente avrebbe ritrovato la strada per la sua grotta madre.

pettine fate

Si inoltrò nel bosco e fu solo questione di tempo perché trovasse la Donnina. La vide su un masso, non distante dall’acqua, che piangeva e si disperava. Quando il ragazzo la chiamò e le mostrò il pettinino, il brutto volto della Fata si illuminò e divenne quasi bello. Ringraziò con amore sincero il giovanotto che le aveva riportato il pettine e lo ricompensò con ricchezze degne di un sovrano. Da quel momento in poi, la famiglia del giovane non soffrì più né la povertà né la malattia e si dice che ancora oggi i suoi discendenti godano di ottima salute e che non abbiano problemi di denaro.»

«Questa sì che è una bella storia, Nonna! Bella, davvero!»

«Hai visto, ratin? E me veje uregge i l’han udiu tante cose e, ascì sa sun in pocu sensa a mamoria, de tantu in tantu carcose a me regordu (Le mie vecchie orecchie hanno udito molte cose e, anche se sono un po’ smemorata, ogni tanto qualcosa lo ricordo ancora!)» disse ridendo.

Sono storie, queste, le cui origini si perdono davvero nelle sabbie del tempo, topi, ma ogni leggenda ha un suo fondamento e a me piace pensare che questi esseri che noi oggi chiamiamo Fate siano esistiti veramente.

grotte toirano

La Liguria di Ponente pullula di grotte, anfratti e cavità naturali. Alcune sono profonde, altre più superficiali. Alcune sono accessibili, altre non più o parzialmente nascoste dalla vegetazione, ma un tempo erano frequentate e usate soprattutto come sepoltura. Il culto della Madre Terra era strettamente legato a questi luoghi che ne rappresentavano il grembo, ed ecco spiegato il legame tra le Donnine della storia di Nonna Desia e le grotte. Forse erano donne autentiche che presiedevano i riti funebri e furono poi trasformate in esseri spaventosi, per via di ciò che rappresentavano, ma in ogni caso qualcosa diede origine a queste credenze che oggi noi ci tramandiamo come fiabe. Molta di questa antica magia è andata perduta, ma sono contenta che Nonna Desia e altri topi a me cari abbiano ancora la voglia e la memoria di raccontarli e tramandarli. Io li regalo a voi, così che il filo non si spezzi.

Ora vi saluto topi: vado a pettinare un nuovo articolo per voi!

Un bacio fatato e cavernoso a tutti.

Le vite antiche di Borniga

Pronti? Oggi si zampetterà parecchio. Andremo in Alta Valle Argentina, in terra brigasca e precisamente a Borniga… una metropoli! Scherzo. Un pugno di case, non di più, è pronto ad accoglierci, e dovete credermi: dire che è magnifico è riduttivo. Una borgata montana assai suggestiva che ricorda un presepe, che dona una pace incredibile dove la vita si svolge come un tempo, placida e lenta, e la natura attorno riesce ancora a mostrarsi vera e spettacolare come fosse piena di gioia.

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Vi avevo già fatto conoscere questo minuscolo villaggio in questo post: “Angoli di Tibet a Borniga, in Valle Argentina“, ma ho altre cose da dirvi, più antiche e più storiche, perciò serve ripartire.

Borniga (Bornighe o Burnighe nel dialetto del luogo) è rimasta a noi, alla Valle Argentina e alla Liguria, laddove terre smembrate dalla Seconda Guerra Mondiale vennero date alla Francia o al Piemonte.

alta via realdo borniga

Siamo sull’Alta Via dei Monti Liguri e Borniga è un bellissimo punto panoramico. Siamo in un luogo dalla bellezza indescrivibile, come per la vicina Realdo e le zona del Pin e Abenin che circondano Borniga, le quali fecero innamorare persino autori come Italo Calvino (che quassù fece anche il partigiano) e Francesco Biamonti, che scrissero di questi luoghi introducendone i paesaggi nei loro romanzi. Zone che furono, per questi scrittori, vere muse ispiratrici. Un altro scrittore assai più recente e nostro contemporaneo ha fatto di queste zone selvagge e a tratti impervie lo sfondo perfetto per il suo romanzo, Giacomo Revelli, di cui vi parlerò prossimamente.

borniga realdo

Borniga, che in Valle ora si può raggiungere anche a piedi da un vecchio sentiero che parte da Creppo, il quale è stato ripulito tempo fa da dei volontari, oltre a una natura selvaggia mostra panorami infiniti. E’ infatti definito La Finestra della Valle, essendo anche uno dei punti più alti.

paesaggio borniga

Da qui partivano molti muli a scendere, per vendere legna o carbone, ma anche frutti e vari doni della terra, o a salire trasportando pietre e materiale valido per la costruzione delle dimore che, da come potete vedere, sono state realizzate con materiali del tutto naturali.

case borniga

E’ una zona ricca di ardesia, questa, e si è trasportata per lungo tempo sulle strade sterrate che attraversano i territori intorno a Borniga. Di ardesia, come vi ho già detto altre volte, è costituita la copertura della maggior parte delle case della Valle Argentina, ma essa serviva anche per i tavoli da biliardo.

Particolari donne di Triora, le nostre amatissime bazue (streghe), durante la notte aiutate solo dalla luce fioca della luna, si mettevano in marcia di buona lena per giungere fin qui, dove una terra incredibilmente ricca di elementi naturali donava loro erbe e altri ingredienti, più rari altrove, utili ai loro incantesimi.

rosa canina

Donne che passeggiavano tra boschi e sentieri, in quegli anni, assai popolati da lupi. Il loro ululato riecheggiava nelle notti buie per tutta l’Alta Valle. Lupi che tendevano agguati a una pecora assai particolare… Mi riferisco alla pecora brigasca, una specie ovina autoctona, proprio di qui.

Pecora Brigasca

Siamo sul versante sinistro del torrente Argentina e lo scenario è incantevole. Sappiamo che laggiù in basso gli abitati di Loreto e Cetta ammirano i monti nei quali stiamo sostando.

Da questi luoghi partono diversi sentieri, tutti panoramici, che attraversano zone selvagge, impervie a dagli scenari mozzafiato. Il Gerbonte è a due passi, così come la vicinissima Francia.

Boriga dintorni

E proprio qui, sotto le nostre zampe, proprio dove oggi sorge questo stupendo paesino, sappiamo esistere una cavità importantissima per la Valle Argentina perché risalente al periodo Neolitico. Si tratta di un corridoio sotterraneo chiamato “Arma della Gastea” dove un tempo venivano seppelliti i defunti e nel quale nei nostri tempi moderni sono stati rinvenuti frammenti di oggetti dell’epoca, come pezzi di bronzo o conchiglie. Ci pensate? Appartenenti al mare, ovviamente!

dintorni borniga realdo

“Arma della Gastea” o anche “Arma Mamela” (vi ricordo che il termine Arma deriva da Barma, ossia Grotta, come vi raccontai per il primo paese sul mare della Valle e cioè Arma di Taggia) si trova a Borniga, nel Vallone Durcan, e nessuno ha mai potuto scoprire quanto sia profonda.

Ma non è finita qui. Sempre in questa zona, un’altra cavità chiamata “Buco del Diavolo” mostra decorazioni e utensili e ha permesso anch’essa di rinvenire ossa di uomini primitivi. I resti ritrovati qui si trovano oggi al Museo Civico di Sanremo, altri reperti si possono ammirare invece nel Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora.

naturna dintorni borniga

Insomma, siamo davvero in un fulcro archeologico, topi! E quelle che vi sto raccontando non sono le sole grotte conosciute, ce ne sono molte altre utilizzate soprattutto come sepolcri.

Vi immaginavate tanta storia in un posto come questo, che sembra solo natura? No. Migliaia e migliaia di anni fa era abitato, e lo è stato per tantissimo tempo, divenendo palcoscenico di diverse culture e civiltà.

Un bacio antico, topi miei.

Taggia di notte e la sua atmosfera

È un’atmosfera a tratti surreale quella che si vive e si percepisce nel paese storico di Taggia, quando il sole lascia il posto alla luna e alle stelle e il cielo si scurisce fino a diventare quasi nero.

I lampioni diffondono una luce soffusa, in alcuni luoghi più bianca e chiara, in altri ha le sfumature dell’oro e del giallo paglierino. Un giallo che permea le case, le vecchie costruzioni, i monumenti, rendendo il paesaggio ancora più misterioso e antico.

Anche se la Valle Argentina inizia già dal mare e dal paese di Arma, è subito dopo Taggia che spalanca visibilmente le sue porte e, in questo paese, se ne sente già l’aria e la magia.

La brezza rende nitida la visione e, grazie ai colori mono-tono che si stagliano contro l’oscurità, tutto assume il magico sentore di fiaba.

Camminiamo su ciottoli di fiume usati anni fa per realizzare le stradine che ci portano tra una casa e l’altra. Pavimentazioni tipiche dei miei luoghi.

Su alcuni portoni, in legno massiccio, le lastre di ardesia mostrano bassorilievi davvero ammirevoli. Per la maggior parte di essi il tema è a sfondo religioso o nobile appartenenti a vecchi casati.

Percorriamo Vico Gallione, attraversiamo Piazza della Santissima Trinità, osserviamo la Chiesa di Santa Lucia, saliamo da U Pantan e visitiamo vari Rioni.

Gli scorrimano, dove esistono, sono in ferro e sono anche ghiacciati. Si sale e si scende passando sotto a portici che sembrano delle grotte dove anche i soffitti sono stati costruiti con pietre tondeggianti.

Si possono immaginare più facilmente, senza il vivo viavai giornaliero della gente indaffarata, personaggi medievali che camminano, lavorano, si appostano o fanno la guardia davanti ai bastioni.

Si possono immaginare cavalli bardati scendere le gradinate in pietra, guidati da aitanti cavalieri, oppure intravedere donzelle che corrono via veloci, a rincasare, data l’ora ormai tarda.

C’è anche qualche gatto. Nero naturalmente! E di quale colore poteva essere, altrimenti?

Sì, Taggia di notte riporta a un tempo che fu. Un tempo che lei ha vissuto davvero e che oggi possiamo solo immaginare fantasticando. Ma l’ambiente ci aiuta molto.

Il torrente Argentina è meno silenzioso senza i rumori di auto e voci.

Qualche pipistrello volteggia veloce attorno ai bagliori e tiene compagnia alle falene.

Tutto muta. Tutto è diverso rispetto a qualche ora prima. C’è anche più freschezza e forse più malinconia passeggiando in quella tranquillità e osservando tutta quella storia e quelle stelle attorno a noi. Le persiane sono ormai chiuse da un pezzo; a ciondolare fuori rimangono piante e panni stesi.

Mancano i fuochi, sparsi per strada, una volta più presenti e, come molti di voi sapranno, grande salvezza per il paese. Ogni tanto però, in qualche via, si sente l’odore di legna bruciata, pronta a scaldare, o a cucinare succulenti pranzetti per l’indomani.

Qualche carruggio così stretto, buio e angusto mette quasi paura. Sale stretto nello scuro più assoluto e, anche questo dedalo di viuzze, aiutò spesso i tabiesi contro i saccheggiamenti dei Saraceni che, ovviamente, il luogo non lo conoscevano, mentre gli abitanti di Taggia ne sapevano ogni angolo a memoria.

In effetti, se guardate le immagini, a prima vista questi angoli sembrano tutti uguali ma, se osservate con attenzione, sono ognuno diverso da un altro. Belli vero?

Sono molto contenta di aver lasciato il bosco questa sera per recarmi qui. E’ tutto così suggestivo! Mi piace, c’è pace, mi sento a mio agio anche se, devo dire, a volte mi intimorisco a vedere certe ombre. A causa delle luci fioche, alcune figure, diventano enormi e sembrano orchi giganteschi.

Invece sono solo persone. Persone silenziose come il loro paese.

Direi che anche per me è giunto il momento di andare a fare silenzio, in tana, e di fare molti sogni nei quali i protagonisti saranno sicuramente damigelle, cavalieri, Re e cocchieri.

Un bacio in notturna topi, a presto!

La Parrocchia, le coppiette e Padre Pio

La ParrocchiaSONY DSC di San Pietro in Vincoli, a Castellaro, domina su un meraviglioso e ampio panorama che ci mostra il turchese del cielo e del mare, e il bellissimo paese di Pompeiana.

E’ una chiesa molto grande, maestosa, nella quale oggi nonSONY DSC posso farvi entrare in quanto è chiusa al pubblico, ma posso ugualmente portarvi con me a fare un bellissimo giro.

Eretta nel 1619 dove, un tempo, originariamente, sorgeva l’antico Castello, contiene tra i diversi oggetti sacri che l’abbelliscono, due crocifissi, di cui uno dello scultore Anton Maria Maragliano.

San Pietro in Vincoli, antichissimo titolo cardinalizio risalente al pontificato di Papa Simmaco. Dietro di lei, l’Oratorio dell’Assunta. E’ alta, con le pareti tinte di giallo e il portone che sembra di un verde acido. Attaccati a questo uscio tutti gli appuntamenti religiosi del mese ben elencati su un foglietto in bianco e nero. Una chiesa che padroneggia, senza mezzi termini, in uno dei punti più alti del paese.

Il suo cortile, con pavimentazione in ciottoli e Pini Marittimi a circondarlo, ci permette di compiere una passeggiata che ci porterà a scoprire un piccoloSONY DSC nascondiglio. A circondare lei e la roccia sulla quale è arroccata solo una ringhierina nera e poi, uno spazio che ti apre il cuore che, nell’articolo dedicato a Castellaro, vi avevo già mostrato.SONY DSC

Ebbene, da come forse avrete già capito, questa volta, la bellezza di questo edificio religioso non l’ammiriamo dalla facciata principale come spesso vi ho mostrato. Non l’ammiriamo dentro, data dalle opere d’arte austere e pregiate che l’arredano, bensì andiamo nella sua parte retrostante, dove, con grande sorpresa, troviamo tre grotte di pietra, tre nicchie, piccole, intime, particolari e bellissime. Nella prima, contornata da tante candele, fiori e lumini, c’è la candida statua rappresentante la Madonna di Lourdes. Nella seconda, bianca anch’essa, la statua di un Padre Pio che offre la sua benedizione con, appesi al braccio, i tanti rosari dei pellegrini che credono in lui. Colorato dalle piante e dai fiori, sembra quasi sorridere. Infine, il terzo posticino, è l’ultima piccola grotta, con al centro un’unica panchina e una pianta in vaso. Luogo di ritrovo e pettegolezzo per le vecchine del pomeriggio che sgrananoSONY DSC anch’esse rosari a tutto andare, luogo di amori alla sera quando il buio diventa complice, le luci della vallata riverberano e, d’estate, le Lucciole tengono compagnia assieme ai Grilli.

San Pietro in Vincoli, un luogo quasi in cima al paese dove davvero si può star tranquilli e, di notte, ancora di più. Di notte, SONY DSCnemmeno il suo alto campanile si permette di disturbare.

I sassolini bianchi del ciottolato tutto intorno, formano dei rombi e dei disegni a terra. Un muretto in pietra, ci permette di sedere e riposare. la panchina di legno, vien quasi da non sciuparla. E’ come se fosse prenotata dalle giovani coppiette in amore! San Pietro in Vincoli, dal latino vincula ossia in catene. Il nome è infatti riferito, e vuole commemorare, l’episodio dell’incarcerazione di San Pietro sotto il regno di Erode Agrippa I a Gerusalemme.

Tante le Chiese che portano questo nome: una a Londra e quattro in italia, compresa questa o forse anche di più, tra le quali, quella di Roma, dove è custodito il famoso Mosè di Michelangelo e le reliquie di San Pietro, ossia delle grosse e pesanti catene.

In questa basilica, esse sono contenute in una teca di vetro e ve le mostro prendendo l’immagine da Wikipedia. Questa chiesa è baciataRoma_san_pietro_in_vincoli_catene - Copia dal sole tutto il giorno se le nuvole lo permettono e, infatti, nella grande piazza, spesso si ritrovano i bambini a giocare. Qui non c’è pericolo, le auto non possono passare. Come la chiesa di Nostra Signora di Lampedusa, è adatta per celebrare i sacramenti dei bambini: battesimi, comunioni…

Al di qua, se mi giro verso Nord-Ovest, SONY DSCposso vedere i miei monti. Che belli, di un verde molto scuro e sembrano di velluto. Li seguo con lo sguardo, io so che mi portano fino in cima alla mia Valle anche se da qui, ne posso vedere solo un pezzo. Questa è la chiesa più grande di Castellaro e, sicuramente, è anche quella con all’interno più valore tra tutte.

Un luogo che volevo mostrarvi, una passeggiata che volevo fare assieme a voi sempre alla ricerca di quiete e, anche qui, ne possiamo trovare tanta. Ma ora topini, è bene che ce ne andiamo. Sta per arrivare la bella stagione e la panchina di cui vi parlavo è già sicuramente prenotata. Si inizia a stareSONY DSC bene qui e la primavera, fa sbocciare qualunque cosa, e perchè no? Anche nuovi amori. Non diamo fastidio. Venite con me, tanto ci sono altri tantissimi posti meravigliosi nella mia valle da andare a scoprire…

M.

Il simpatico Vlady

Pum! si sentì contro l’anta dell’armadietto. La luce della stanza lo aveva attirato un po’ troppo a sè.

Purtroppo, così inaspettatamente, si era senza macchina fotografica e il cellulare ha fatto del suo meglio. Accontentatevi.

Un po’ stordito e affaticato se ne stava lì. Le alette ungulate piantate a terra. Il muso immobile, anche quel suo naso arricciato era immobile. Solo l’occhio seguiva preoccupato i movimenti intorno a sè. Un topo con le ali. Un mio parente. In famiglia lo chiamiamo Icaro.

Topini e topine ecco a voi il Conte Vladimir. Un piccolo Dracula.

Povero! Che botta ha preso! Va bene, va bene, lo ammetto, non è il Brad Pitt del regno animale però, aspettate, non siate precipitosi, toglietevi dalla testa tutte le credenze popolari che si hanno su di lui e ascoltatemi. Lo sapete che stiamo parlando di un animale eccezionale? Ebbene sì.

Il Pipistrello, conosciuto come essere repellente, mordace e sanguinario, non è altro che una creatura spettacolare e performante in ogni parte del suo corpo.

Allora, innanzi tutto:

1) Non si attacca ai vostri capelli, nè dovrete tagliare la vostra chioma. Il loro infallibile radar naturale, che li guida, permette loro di evitare qualsiasi ostacolo, anche l’uomo.

2) Non vi verranno ad acciecare, non essendo gli uccelli delle streghe; non è loro interesse, nè tanto meno vi orineranno sulla testa lasciandovi calvi. La loro pipì, tra l’altro, non è acido muriatico, anche se puzzetta parecchio.

3) Non sono demoni volanti come hanno voluto farci credere con il romanzo di Bram T. Stoker “Dracula”, nè hanno il potere di scacciare gli spiriti maligni come tanti contadini hanno sempre creduto catturando, uccidendo, essiccando e appendendo alle porte i poveri Pipistrelli imbalsamati.

E chi più ne ha più ne metta. Insomma, all’incontrario, invece è proprio l’uomo, ad essere il nemico più temibile di questi Chirotteri e non viceversa. Un uomo che, a causa di superstizioni, credenze e scarsa conoscenza, li minaccia ed elimina. Inoltre, con l’uso smoderato di pesticidi, non solo lascia il nostro amico senza cibo, ma lo avvelena proprio. Oh già topi! Forse non lo sapevate ma con un Pipistrello che svolazza in giardino, nessun insetto potrà più disturbarvi. E’ un fantastico mangione.

Ma nonostante il suo cibarsi e il suo essere un mix tra topo e uccello, il Pipistrello appartiene alla famiglia dei Mammiferi. Sì! I suoi cuccioli, appena nati, appesi alla mamma, si nutrono di latte. Uno per volta ovviamente, nel senso che, non fanno più di un cucciolo a parto (di solito).

A causa delle ali chiare, nella zona interna, questo esserino non mi è sembrato una comune Nottola, il più tipico dei Pipistrelli della nostra zona, direi invece un Albolimbato ma, di specie, ce ne sono molte è solo che non le conosco tutte.

Il mio interesse comunque era più mirato a farvi conoscere meglio questo simpatico compagno estivo e notturno. In inverno va decisamente in letargo. Perbacco, non facciamoci abbindolare dalle favole! Avrei molta più paura di un Gufo arrabbiato che è sempre proposto nei racconti fantastici come un animale saggio e tranquillo, anzichè di un Pipistrello che, con una mano, eventualmente, posso scacciare.

E… udite, udite, tra non molto v’insegnerò anche a creare un habitat adatto a loro nel vostro giardino o nella vostra campagna accanto a casa! (Ma anche no! Direte voi…) Ma si! Vedrete che una volta che avrete simpatizzato andrete d’accordo, ne sono sicura.

Pensate che alcuni Pipistrelli possono arrivare a vivere anche quasi 40 anni! Passerete una vita insieme pensate! Ok, vi prendo un po’ in giro però, seriamente parlando, lo sapete qual’è il significato del Pipistrello? No, non in Europa dove è discriminato. Per esempio in Oriente, i Pipistrelli assumono un significato del tutto diverso da quanto espresso da altre culture. Fortuna, ricchezza, prosperità sono infatti termini che si collegano direttamente a loro anche sotto l’aspetto di immagini e dipinti.

Ma una cosa carina ce la racconta l'”Associazione della Tutela dei Pipistrelli”: la credenza secondo cui ai Pipistrelli è dato il dono dell’immortalità, ad esempio, è da collegarsi al fatto che questi animali vivono nelle grotte; le stesse grotte dei “Santi Eremiti”, gli 8 Immortali, i quali, secondo la Storia antica della Cina, vivevano sulle montagne, in caverne isolate cibandosi del “latte delle grotte” che altro non era che l’acqua che gocciolava dalle bianche stalattiti e che avrebbe avuto la prerogativa di concedere longevità. Analogamente, il Pipistrello che coabitava con loro, avrebbe posseduto la dote di allontanare la morte. I Cinesi consigliano ancora oggi che, se si vuole diventare “immortali”, occorre cibarsi di uno di questi animali…! Non solo, ma spesso, nei matrimoni, venivano regalati agli sposi oggetti con raffigurati due pipistrelli, come augurio di una doppia felicità che doveva durare tutta la vita.

Che ne pensate? Storcete ancora il naso al solo vedere queste creature? Ma su dai, in fondo, siete topini anche voi!

Ah, ci tengo a dire che il piccolo nella foto, si è poi ripreso e, fuori, ha ricominciato a volare.

Vabbè, vi dò un bacio…. sul collo (ih!ih!ih!) a tutti!

M.

La preghiera dell’Alpino

Gli Alpini cari topi, nella mia Valle, sono sempre stati una figura importante e, ancora oggi, organizzano raduni e feste per ritrovarsi e sentire ancora quell’ardore dentro nell’aver partecipato a lottare per la propria patria.

Tante sono le canzoni da loro inventate, tanti gli inni, e oggi ho addirittura trovato una preghiera in loro onore.

Una preghiera molto buffa che probabilmente serviva proprio a tirarli un po’ su, con un sorriso, nei momenti di tristezza e malinconia e mi faceva piacere farvela conoscere.

PREGHIERA DELL’ALPINO

Bacco nostro che sei in cantina, sia ricordato il tuo nome.

Venga il tuo vino, purchè genuino.

Sia fatta la tua volontà nello stabilire la quantità.

Dacci oggi la nostra sbornia quotidiana.

Riempi i nostri bicchieri come noi li riempiamo ai nostri bevitori.

Non ci indurre all’astenia ma liberaci dall’acqua e così sia”.

Io la trovo molto divertente e se penso a quante ne hanno passate su quelle montagne… Nonostante tutto riuscivano ad avere la fantasia, per non cadere nella sofferenza, per non lasciarsi andare, per potersi far forza e coraggio con quattro semplici parole.

Pensate, stiamo parlando del Corpo di Fanteria più antico del mondo! E da me, sui miei monti, come già tante volte vi ho spiegato, gli Alpini, hanno vissuto parecchi anni a combattere.

Hanno scavalcato queste montagne a piedi, sotto il sole, sotto la pioggia, al freddo e conoscono ogni piccolo rifugio, ogni falesia, ogni grotta. Non avevano nulla che potesse ristorarli se non un buon bicchiere di vino!

M.

Arma di notte e i suoi antichi segreti

Siamo ad Arma di Taggia, primo paese della Valle Argentina. Paese che si affaccia sul mare e deve a lui il turismo che lo occupa dalla fine del’800 grazie ad una cultura e una tradizione marinara che perdurano da anni.

E’ in Arma che si affacciarono, agli albori dell’umanità, i primi abitatori della costa.

Il nome Arma infatti, si dice derivi proprio dalla parola barma, o balma, o ancora alma e significa appunto “grotta”.

Grotte a picco su un mare che gode, da dieci anni, di essere insignito dalla bandiera Blu d’Europa.

Pensate che Arma, insieme ai Comuni di San Remo e Imperia, forma il terzo vertice del triangolo Costa Ligure-Costa Sarda-Costa Toscana nel quale trovano, un habitat ideale, delfini e balenottere.

Grotte che hanno subito invasioni barbariche e saracene e che offrono tutt’ora reperti antichi ma, questa volta, voglio farvi conoscere un paesaggio notturno, fuori dalle caverne, respirando aria salmastra.

Iniziamo la nostra passeggiata proprio dal mare. La passeggiata-mare, di Arma, costeggia tutta la cittadina dall’inizio alla fine e percorrendola si può arrivare ai paesi limitrofi, oggi anche in bicicletta grazie alla costruzione di una lunghissima pista ciclabile.

Percorrendo questa strada, impraticabile in estate da tanta gente che c’è, si passa davanti alle spiagge, ai locali, ai campi da Tennis, ai giochi per bambini, all’Istituto Alberghiero e alle palazzine dipinte con i tipici colori liguri.

Le spiagge sono per la maggior parte costituite da sabbia e si estendono per circa 45.000mq.

Tempo fa, l’acqua sovrastava questo luogo sul quale oggi camminiamo e, Genova, unica governatrice di un tempo, ordinò, stanca degli attacchi di corsari e pirati, che vennero costruite Torri di difesa e di avvistamento.

Fu nel 1565, quindi, che venne eretta la Fortezza di Arma che tutt’ora domina il promontorio.

Passeggiando verso Levante, ma continuando a stare sul lungomare, dove si svolge la maggior parte della vita armasca, arriviamo al porto.

Un piccolo porticciolo situato alla foce del Torrente Argentina, dove trovano ormeggio le imbarcazioni da diporto, barche a vela e i caratteristici “gussi”, barche riservate ai pescatori e adatte alla pesca. Ci sono anche diversi simpatici pescherecci che sembrano imitare la barchetta di Popeye.

In questo porto si possono veder nuotare anche anatre e cigni che costruiscono i loro nidi proprio alla fine del fiumiciattolo e, proprio qui, alle 6 del mattino, si può venire a comprare pesce freschissimo, direttamente dai pescatori che lo portano a riva.

Di fronte al porto, possiamo trovare anche il Circolo Nautico che ne coordina il movimento e gestisce una Scuola di Vela per ragazzi e principianti, e la sede della Compagnia della Vela Armasca che è un’Associazione nata perchè non muoiano le conoscenze della meteorologia, della marineria a vela e della tecnica nautica dell’andar per mare. Si occupa inoltre di non far scomparire le derive, piccole imbarcazioni leggere e maneggevoli che, come i beccaccini, hanno la deriva estraibile.

Vicino a questi Circoli, si trovano, inoltre, anche negozi di pesca ben forniti e la Scuola per Sub.

A simboleggiare l’aspetto marino, una grande pietra, più alta di me, con un’ancora in ferro appoggiata davanti. Un monumento del porto che la salsedine ha patinato di microscopica polvere bianca. Quest’ancora che divide le ultime due strade di Arma, si affaccia su quella che gli abitanti (chi dice armaschi, chi dice armesi) chiamano la Darsena. Un grande piazzale dal pavimento molto liscio usato in estate per balli e sagre e che offre, ai giovanissimi, la possibilità di pattinare, andare in bicicletta o sullo skate-board. Oggi, addirittura, hanno aggiunto due basket per permettere il gioco della pallacanestro.

E’ qui inoltre, in questo slargo, che si partecipa a manifestazioni particolari o raduni, come quelli di auto d’epoca, o di cavalli, o moto da cross che, in inverno, percorrono un circuito costruito sulla spiaggia. E’ proprio da questo piazzale che si possono ammirare le coste ad Est e, di giorno, un immenso mare.

Sopra agli scogli qui accanto, si radunano i pescatori che, con le loro canne, sfidando il vento, che ad Arma regna sovente, catturano saraghi, cefali, girelle e una varietà immensa di pesci.

“La Darsena” è anche il nome di un ristorante/pizzeria nel quale si possono assaggiare gustosissimi piatti di pesce.

Scusate se mi sono soffermata su questa zona ma, Arma, ha sempre avuto un’importanza marittima notevole, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo quando si trovò a possedere, sotto il regime di Genova, come dicevo prima, ben 64 unità! Pensate.

Ora però entriamo nel cuore di questa località, saliamo in su dalla Via Marina, la via del porto, e raggiungiamo un altro luogo, ma state tranquilli, torneremo sul mare percorrendo una specie di tour a ferro di cavallo.

Il posto che visitiamo è il cosiddetto Viale delle Palme, un lunghissimo viale che attraversa gran parte del paese da Nord a Sud, costeggiato da entrambe le parti, solamente da palme. Guardate in questa stagione com’è deserto. Non c’è nessuno. I 14.500 abitanti, che risiedono in questo Comune, comprendendo anche Taggia, durante le sere invernali preferiscono starsene in casa.

Arma cade nel totale silenzio, così come il suo Viale. Al suo interno si trova un parco giochi per bambini, ci sono tantissime panchine e giardinetti ben curati e all’inizio di questa via, che si può percorrere solo a piedi, ci sono le Scuole Elementari e Medie Francesco Pastonchi. Insomma, è un vero e proprio punto di ritrovo per anziani, mamme e piccini, ma non usato nelle ore notturne.

Questo Viale è anche la casetta dei piccioni. Tantissime famiglie di colombi e tortore dimorano nei cespugli e nelle siepi dei giardini rimpinzandosi delle briciole di pane che i vecchietti gli portano durante il giorno. Tutto questo è stranissimo se si pensa che appena prima di entrare in questa specie di parco, colonie e colonie intere di gatti, sono la gioia delle gattare di Arma di Taggia.

Probabilmente, qui tutti si vogliono bene. Io però, è bene che sto alla larga.

Continuiamo il nostro giro. Poteva secondo voi mancare un monumento ai caduti? Ebbene no. Eccolo ergersi in tutto il suo splendore, a dare il significato solito che troviamo in tutti i nostri paesi. La lapide scolpita, fa anch’essa riferimento al mare “Figli di Arma trassero ispirazione dal mare che idealizza dai monti, che temprano e morirono nella guerra della libertà per l’Italia valorosamente 1915-1918″. Al suo fianco, un altro elenco di nomi e date.

Alla sua destra, quando soffia il vento, una bandiera italiana, sventola i suoi tre colori. Il monumento è parecchio alto e al centro del paese. Gli abitanti lo indicano per suggerire strade o negozi. E’ come se tutto partisse da lì – …Allora dal monumento, giri a destra…-, oppure – Di fronte al monumento, non ti puoi sbagliare…-. Un’aiuola sempre ben curata gli fa da cornice e dietro lui, si aprono i cancelli di Villa Boselli, una grande villa che mette a disposizione il suo immenso giardino per i bimbi che possono giocare protetti dalle auto. Oggi questa dimora è l’Ufficio Informazioni e le sue sale vengono usate per conferenze o matrimoni. In estate si svolgono al suo interno e tutt’intorno anche mercati e fiere come la Fiera del Geraneo, la Fiera du Rebassu e quella du Desbaratu, dove tutti i commercianti che partecipano, possono sbarazzarsi della merce invenduta, che invecchia nei magazzini, a prezzi veramente bassi, per la gioia dei compratori.

Ogni penultimo sabato del mese inoltre, viene organizzato il mercatino delle pulci, giorno atteso dagli amanti del vintage, dell’antico e dell’originale.

Tutto questo avviene davanti alla maestosità del Duomo di Arma, la chiesa di Sant’Antonio e San Giuseppe, ricca di dipinti e statue in gesso o dorate. Una chiesa grandissima e anche la più usata, essendo che ad Arma ci sono anche la piccola chiesetta di San Giuseppe, sul mare, che conserva la statua di Sant’Erasmo e la chiesetta dell’Alma, della quale ho fatto un post tempo fa.

Questa, la più grande, circondata dall’oratorio e da un campo da calcio è il fulcro del paese. E’ qui infatti che si svolge, in febbraio, il Carnevale dei Ragazzi, la Santa Messa di Natale e quella di Pasqua. Cerimonie alle quali partecipa tutto il paese in festa. Fa da palco alle recite scolastiche dei bambini ed è nicchia di cori religiosi, e non, che emettono i loro canti malinconici e quasi ipnotici.

In questo momento, essendo che è sera, una qualsiasi sera dell’anno, i suoi portoni altissimi sono chiusi, quindi, come vi avevo promesso, ci dirigiamo nuovamente verso il mare.

Passiamo sotto ad un ponticello bassissimo, bisogna curvarsi per attraversarlo, sopra al quale, una volta, passava il treno. Oggi invece, solo bici o appassionati di footing.

Scendiamo ancora in giù e raggiungiamo una via pedonale, una delle vie più belle di Arma. E’ Via Queirolo, una via ricca di negozi dove fino a poco tempo fa esisteva anche l’ultimo Cinema superstite di Arma, il cinema Capitol.

Questa strada è bellissima da percorrere durante le festività natalizie perchè viene addobbata di luminarie e fiori e, ad ogni lampione, dei megafoni solenni offrono musiche e canzoncine tipiche come: Tu scendi dalle stelle, Bianco Natale e Jingle bells che donano tanta allegria.

La strada è completamente ricoperta di mattoncini rossi e posso assicurarvi che quando i turisti l’affollano, di mattoncini, non se ne vede nemmeno l’ombra; mamma mia che impressione vederla così deserta!

Laggiù in fondo, alla fine, una piccola piazzetta di sassi, rende l’immagine della Rosa dei Venti. Le pietre sono disposte in modo da formare la rosa e, insieme ai quattro punti cardinali, sono scritti i nomi dei venti. Su di lei, d’estate, parecchi ragazzi e band musicali regalano piacevoli concerti.

Siamo di nuovo sul mare. Ci affacciamo dal muretto che costeggia le spiagge e possiamo ammirare Bussana, il paese che troviamo subito dopo Arma, andando verso la Francia.

Il faro, sulla punta della costa, si nota anche da qui.

Questa è Arma di notte, in autunno, affascinante, gialla di luce, poco fredda ma parecchio ventilata. Un’aria salata che fa rabbrividire. Un perpetuo rumore di onde che s’infrangono contro gli scogli. Uno stridere di gabbiani costante dall’alba al tramonto. Un cadere di aghi di Pini Marittimi che ne riempiono tutti i marciapiedi. Un altro tour che ho voluto regalarvi con piacere. Un abbraccio, Pigmy.

M.